La famiglia TESTONE dalla seconda metà del Settecento

Copertina

Copertina – L’oratorio della Beata Vergine della Neve a Bannio Anzino (VCO) in una vecchia cartolina (da paesi.altervista.org).
Intorno al 1722 il Capitano Bartolomeo TESTONE, impresario Banniese delle Miniere d’oro della Valle Anzasca, fece costruire la Cappella detta della Samaritana, con la caratteristica fontanella. In seguito, il Capitano lasciò un Fondo di 400 lire destinato alla manutenzione ed alla continua efficienza della cappella.
Ma non solo. Come ringraziamento della fortuna fatta con l’attività mineraria, fece costruire l’Altare marmoreo della Chiesa dell’Annunciazione di Bannio, nonché donò il quadro e la pavimentazione della Cappella dedicata a San Giovanni Nepomuceno, ottenendone il giuspatronato per se è per la propria discendenza maschile.

Immagine dell’Ossola nella seconda metà del Settecento

Nel 1768 il generale Vincenzo FERRERO D’ORMEA, governatore di Novara (Figura 1), riceve l’incarico da Carlo Emanuele III (Figura 2) di redigere un approfondito resoconto segreto sulla situazione dei territori annessi.
La relazione del generale D’ORMEA è stata ampiamente discussa da E. BIANCHETTI (1878) che ne aveva potuto prendere visione grazie alla disponibilità dell’Ing. Giandomenico PROTASI che conservava il manoscritto. Le stesse informazioni si trovano anche in RIZZI (1987).

L’immagine dell’Ossola settecentesca che emerge dalle pagine del rapporto, e più in generale dai documenti dell’epoca, è quella di un cupo e desolato ambiente di confine, investito dalle guerre di successione di Spagna, Polonia e Austria, corroso dalle frequenti piene della Toce e nelle cui sterili, aspre e strette valli tributarie le povere colture (segale e patate) erano bruciate dal gelo d’inverno e dal sole d’estate. All’epoca l’ortaggio più diffuso era la rapa, poiché la patata è stata introdotta molto tardi nell’agricoltura ossolana (MORTAROTTI, 1985). Ne viene datata la diffusione alla fine del Settecento e addirittura per certe aree ai primi del secolo successivo. Le colture più diffuse erano la vite e la segale: quest’ultima addirittura con due semine annue delle quali una consociata al grano saraceno.
L’Ossola era popolata da …gente legata alla terra, rozzamente vestita, poverissima; abita catapecchie sferzate dal vento (Figura 3 e Figura 4); si ciba di radici, farina di vinacce, rottami di castagne. I giovani hanno volti sparuti, capelli scomposti sul capo. Conoscono solo gli animali del bosco, il passare del tempo, l’oggi uguale al domani… (RIZZI, 1979).

A rincrudire ulteriormente la situazione erano poi i continui balzelli, dazi e privilegi feudali imposti su tutto e sui quali si intrecciavano le frequenti liti fra poveri, sobillate da schiere di avvocati (Figura 5) e notai intriganti e senza scrupoli. I dazi più diffusi erano quello del pane e del vino, quelli della mercanzia, compreso quello della stadera, quello vecchio del vino detto della spina, quello delle pelli verdi, etc.. Erano tutti appannaggio della famiglia BORROMEO in grazia di differenti investiture o acquisti. Per la Valle Anzasca il beneficio di questi dazi era passato ai BORROMEO, ed in seguito agli amministratori locali con il sindaco GORINI in testa, in forza di una concessione di R. esclusione.

Immagine della Valle Anzasca nella seconda metà del Settecento

Del tutto analogo era l’ambiente della Valle Anzasca, seppure godesse dell’esenzione di alcuni dazi in grazia del decreto di Re Filippo IV di Spagna (Figura 6), concesso ad Aranjuez il 5 maggio 1655 (Figura 11 qui). L’atto confermava la Valle nel possesso delle sue antiche immunità. E’ pur vero che l’ambiente era talmente povero che gli uomini validi erano costretti ad emigrare durante i mesi invernali come scriveva nel 1652 il CESATI inviato particolare del Magistrato in Valle con lo scopo di …doverla da capo a fondo ispezionare per ben chiarirsi delle sue presenti condizioni, d’informarsi a dovere se vi si pagassero o non vi si pagassero imposte (…) e di presentar poscia un accurato ragguaglio di ogni cosa… (BIANCHETTI, 1878). Tale povertà era …talmente notoria a quei Paesi circonvicini che non haveva bisogno di prova, e se fossero stati astretti sostener carichi, al sicuro sarebbe detta Valle restata del tutto inhabitata, come seguirebbe quando gli uomini di quella non andassero per il Mondo chi in una parte chi in un altra, guadagnando il vitto per se et loro famiglie… (BINACHETTI, 1878).
Già l’accesso era sconfortante attraverso una stretta e ripidissima mulattiera, lungo la quale non sarebbero mai transitati neppure gli eserciti. Questa preludeva ad una scena dominata dai fianchi nudi dei versanti scoscesi (Figura 7), da alberi infruttiferi punteggiati da qualche raro castagno e, solo lungo i versanti meglio esposti, pochi terrazzi a fasce coltivati a biada e meliga. Il castagno era presente intorno al 1789, epoca del viaggio di H.B. DE SAUSSURE che forniva della Valle un’immagine più tranquilla. …Ovunque i fianchi delle montagne, solcati dai torrenti, possono essere irrigati, vi sono prati ombreggiati da castagni mirabili per grandezza e rigogliosità anche la vite era molto frequente, almeno nella bassa Valle… (DE SAUSSURE, 1796).

Bannio Anzino, capitale della Valle

Capoluogo della valle era Bannio (Figura 10), divisa in due borgate. Qui …si riunisce il Consiglio Generale, da secoli il reggimento democratico che decide i principali affari della Valle Anzasca. Ogni comunità vi manda i suoi deputati a discutere ed a votare. Ciò almeno recitano gli antichi statuti (…) Il marchese d’Ormea non ne trova che un corpo marcio e corrotto. I deputati sono per lo più persone “rozze e idiote”, che il Sindaco Generale e i suoi partigiani riescono regolarmente a turlupinare. Un branco di capi-popolo, faccendoni e disonesti, ha condotto la valle alla rovina, trascinata in liti dispendiose ed assurde per poter mangiare liberamente e con tutta franchezza alle spalle dei poveri…. (BIANCHETTI, 1878).
Bannio era, tra l’altro, il …paese di origine (…) della famiglia Testone. Le comunità devono solo essere testimoni dei capricci altrui, e pagare le mangerie e rubberie dei capi-popolo. In Bannio sono il Cancelliere dottor Ferroni e Felice Berta, cui contribuiscono li buoni uffici del sig.r Vicario e Curato Zanni per fomentare le liti e coprire con nere politiche i loro indegni raggiri… (dalla relazione del d’Ormea in RIZZI, 1979).
Sindaco Generale era Franco Antonio GORINO CHITOLA, un notaio di Vanzone dipinto come un despota losco e intrigante. Non teneva registri regolari ma semplici noterelle informi; spendeva a capriccio …tra mille raggiri, a privato vantaggio. (…) In Vanzone sono il Sindaco Generale Francesco Antonio Gorino, Giuseppe e Stefano Albasini, Franco Gorino, Giacomo Governore e Giambattista Prucia (…) che muniti di mandato per intervenire ai Consigli Generali, regolano a loro talento gli imteressi di quei miseri abitanti… (dalla relazione del d’Ormea in RIZZI, 1979).
Un piccolo esempio dell’attività economica improntata sugli affari svolta da questi personaggi sono alcune voci delle noterelle contabili l’appunto del 25 luglio 1752 (Figura 8) e la lettera scritta a Piedimulera il 18 (manca il mese per strappo) 1765 (Figura 9) tratte dall’Archivio Privato Saverio ALBASINI di Losanna.

Immagine citata nel testo

Figura 13 – Lettera del 13 marzo 1788 Novara. Archivio Privato Saverio ALBASINI, Losanna

La gestione monopolistica dell’attività mineraria anzaschina

Al cambiamento politico non seguirono immediate ripercussioni sui lavori e, più in generale, sull’attività mineraria della valle.
Le miniere continuarono a suscitare un grosso interesse sia da parte dei personaggi più eminenti, che della famiglia BORROMEO. Ad esempio, Giacomo RABAGLIETTI e Giacomo GOVERNORE affittarono, nel 1761, le miniere Camino, Fornale, Gurve e quella sopra la Cappella de’ Morghi (Figura 11; nella frazione Case Morghen, Figura 12) per 9 anni a 400 lire piemontesi annue. Ma circa tre anni dopo il contratto fu rescisso dai BORROMEO perché certo don Bartolomeo VANZINA offrì un affitto di 500 franchi annui.
In una realtà sociale come quella descritta, dove tutto era gestito e regolato da un gruppo ristretto di personaggi (intriganti) è facile comprendere come fossero quanto mai interessanti ed appetibili i giacimenti locali. E vi erano compresi anche quei casi in cui il tenore non era remunerativo. Ma che egualmente potevano costituire speranza di fortunati ritrovamenti, come quello famoso del capitano TESTONE. Un miraggio per molti disperati, residenti o immigrati, ma soprattutto fonte di lucro per i concessionari.
L’intuizione fu quella di far leva sulle cognizioni tecniche e la tradizione mineraria sia degli immigrati tirolesi che di qualche anzaschino. I burattinai furono le figure più in vista della Valle che si interessarono vivamente alla gestione diretta dell’attività. Un gruppo coeso che organizzò un fitto intreccio di reciproci accordi, legami di parentela e subaffitti connessi alla presenza fisica costante ed attenta sui cantieri. Così, ad esempio, Giuseppe RABAGLIETTI era nipote di Francesco Antonio GORINI CHITOLA, come attesta la lettera che ha scritto il 13 marzo 1788 (Figura 13).
Ma soprattutto la compagnia, creò un indotto che i feudatari non seppero o non poterono praticare e realizzare. Il risultato fu lo sviluppo strettamente monopolistico dell’attività che caratterizzò quegli anni.

Un intrico di convenzioni

Ulteriore conferma della situazione viene dai documenti relativi all’esordio in campo minerario della famiglia TESTONE. Il primo ad interessarsi dell’oro anzaschino fu Bartolomeo (di Bannio), padre del più noto e fortunato omonimo capitano.
Il 26 novembre 1757, si riunirono in casa di Giacomo GOVERNORE a Valleggio (frazione di Vanzone) Giacomo RABAGLIETTI, Felice BERTA e lo stesso Capitano Bartolomeo TESTONE, alla presenza del notaio A. FERRONUS. I primi tre erano già titolari di un’investitura borromea dal 31 maggio dello stesso anno per alcune miniere, al canone di undicimila lire di Milano all’anno (Figura 14). In quella sede il capitano TESTONE stipulò, anche a nome del socio Domenico CADORNA, una nuova convenzione. In base a questa Bartolomeo, che era anche affittuario del CADORNA dal 2 novembre precedente, poteva …liberamente lavorare, et far lavorare l’inf.e Cave, e porzioni d’esse per due anni incomincianti il primo del corrente mese di Novembre, e che terminano e saranno terminati li 31 8bre dell’anno 1759. con macinare la miniera a Molino, come si dirà solamente, esclusivamente pero da far lavorare, o rittenere per compagne nel ricavo delle mede.me. Oggetto della scrittura furono ...la Cava Vecchia della Piana dell’Oro (della quale 1/3 di TESTONE-CADORNA e 2/3 di GOVERNORE-RABAGLIETTI), la Cava del Crotto del Fornale dentro nel Crotto (già di TESTONE-CADORNA), la cava del Pozzone, o sij Rottone (per la parte del TESTONE-CADORNA, escluse cioè quelle del fu Capitano RESPINI ed i cantieri vicini all’Anza per i quali sussistevano seri problemi di infiltrazioni idriche e, quindi di stabilità generale), la Cava della Caccia (metà di TESTONE-CADORNA e metà del BERTA), la miniera di Quarazzola (metà di TESTONE-CADORNA e metà del BERTA), la cava del Cavetto con tutti li Cavetti annessi, e loro scolatorij (…) nella Val Rossa nel Giavinone sotto e sopra (tutta di TESTONE-CADORNA), la miniera della Scarpia (divisa 1/3 TTESTONE-CADORNA 1/3 GOVERNORE e 1/3 BERTA) con la clausola che alle spese avrebbero dovuto partecipare tutti e quattro i titolari, e la Cava del Minerone o Ponte di Morgano (tutta di TESTONE-CADORNA).
L’uso di molini in pietra per operare l’amalgamazione del minerale aurifero appare non solo circoscritta alla regione ossolana: il Jervis (1874) ricorda che il sig. Primard, già direttore delle miniere aurifere della Val Gorzente, trovò …precisamente nel letto del torrente di quel nome, degli avanzi di apparecchi in pietra per la lavatura dell’oro, come pure degli stromenti antichi, che dimostrano che da tempi remotissimi si è ottenuto il metallo prezioso da questa valle… (PIPINO, Op. cit. 1976).

La prima attività del Capitano Bartolomeo TESTONE

L’attività del TESTONE fu limitata alle porzioni di miniere delle quali era contitolare insieme al CADORNA. La condizione principale era di non subaffittarle o coltivarle in società con Bartolomeo VANZINA, i fratelli Giuseppe e Domenico RABAGLIETTI, Gio. FRAGLIA, Gio.Batta STROLOGO e Gio.Batta CASTELLANO poichè tutti, escluso il primo, erano già legati da contratti di ricerca e/o sfruttamento al gruppo  GOVERNORE-RABAGLIETTI-BERTA.
In base alla convenzione del 26 novembre 1757 il TESTONE avrebbe avuto la piena disponibilità sia degli utili che del minerale prodotti durante il biennio, pagando, a titolo di affitto, la somma di 333 Zecchini Gigliati Imperiali e 5 lire, in sei rate con decorrenza ogni primo gennaio (33 zecchini e 5 lire), primo maggio (66 zecchinie 10 lire) e primo settembre (66 zecchini e 10 lire). Il mancato pagamento di una qualunque rata (per cui godeva però della tolleranza di un mese) avrebbe prodotto la revoca della convenzione e del precedente accordo stipulato col CADORNA. L’intesa raggiunta non inficiava, tuttavia, al TESTONE la facoltà di coltivare le altre sue miniere. In definitiva la nuova convenzione, ed il precedente accordo col CADORNA, consentivano al TESTONE di coltivare per un biennio solo le miniere di proprietà del socio.
Lo zecchino Gigliato Imperiale equivaleva a 15 lire, per un totale di 5000 lire (2500 lire l’anno). Pochi anni dopo i cambi praticati in Valle con le Divise più correnti erano quelli riportati in tabella (Figura 15).

Valleggio, Vanzone con San Carlo, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Morghen, Ceppo Morelli, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Piedimulera, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Vanzone con San Carlo, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Bannio Anzino, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Pontegrande, Bannio Anzino, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Bannio Anzino, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Bibliografia

BIANCHETTI, E. (1878). L’Ossola Inferiore. Notizie storiche e documenti. Torino: Ed. Bocca.
DE SAUSSURE, H. (1796). Voyage dans les Alpes (Ristampa a cura della Fondazione Arch. E. Monti di Anzola d’Ossola ed.). Neuchâtel, Svizzera.
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DI ROBILANT, S. B. (1790). De l’utilité et de l’importance des voyages et des curses. Sull’utilità e l’importanza dei viaggi e delle spedizioni. Esperienze di esplorazioni e ricerche di Spirito Benedetto Nicolis DI ROBILANT. L’Artistica Editrice ed.. (V. MARCHIS e M. GATTULLO, A cura di, 2012) Savigliano (CN): Consiglio Regionale del Piemonte.

FRIGERIO, P., & PISONI, P. (1982). Masnadori di grano e di oro. Li molini & edifici d’acque d’Ossola. Mergozzo, VCO, Gruppo Archeologico Antiquarium.
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MICHELETTI, T. (1985, giugno). Lo scavo in morena con «scudo» di pietroni ha tremila anni. Riv. Gallerie e grandi opere sotterranee (21).
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PIPINO, G. (1989). Ricerca mineraria e ricerca storico-bibliografica. Boll. Ass. Min. Subalpina, XXVI (1), 77-91.
RIZZI, E. (1985 e 1986). I Conti di Biandrate e la Valle Anzasca. Oscellana, XV e XVI (4 e 2).
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Questo articolo fa parte di una serie di scritti presenti sul sito relativi all’oro, alla sua natura e presenza in Italia Settentrionale, con particolare riferimento ai giacimenti ed alle miniere della Valle Anzasca (VCO).

…In Macugnaga Valle Anzasca vi sono delle Bocche … d’oro e li loro Molini … lavorano quotidiana.te col Mercurio…

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