I D’ADDA nelle miniere della Valle Anzasca seicentesca

Copertina

Copertina – Lo Stemma della famiglia D’ADDA e D’ADDA-SALVATERRA (da commons.wikimedia.org). 
D’argento a tre fasce ondulate intramezzate di nero. In testa le parole CON LIMPIDEZZA. In alto un’aquila imperiale, coronata e rampante in campo d’oro. Il motto viene completato dalle parole NE DERELINQUAS NOS DOMINE.

I D’ADDA dalla Valsesia alla Valle Anzasca

La morte di Giovanni BORROMEO (1536) comportò grossi problemi di successione dell’immenso feudo fra gli eredi (ARCANGELI, 2012). E contemporaneamente complicò la gestione amministrativa del patrimonio con una possibile disattenzione ai territori e l’incremento delle attività clandestine. Queste ultime furono, a loro volta, favorite dalla crescente richiesta di minerali preziosi, connessa alla loro diminuita disponibilità sui mercati italiani a partire dalla fine del XVI secolo, contrariamente a quanto avveniva su quelli mondiali (Figura 1).
Bisogna lasciar decorrere almeno un secolo, fino cioè al 1642, per trovare nuovi riscontri storici sulle attività minerarie anzaschine.
Quell’anno giunse in Valle il Cavaliere fra Giorgio D’Adda, dell’Ordine di Malta (Figura 2), personaggio legato da lunga tradizione familiare all’industria mineraria della vicina Valsesia (Figura 3).
La fortuna dei D’ADDA ebbe inizio verso la metà del XVI secolo, quando Giacomo sposò una SCAROGNINI, discendente ed ereditiera di una ricca famiglia valsesiana e proprietaria di un prestigioso palazzo a Varallo.
Nel 1634 i D’ADDA ricevettero una prima concessione per lo sfruttamento delle miniere di Alagna e della Valsesia (Figura 4) realizzando notevoli profitti. Restarono però molto legati a Varallo dove finanziarono diverse opere pubbliche e sociali (Figura 5).
Nel 1682 furrono creati marchesi, conti liberi baroni e cavalieri con un diploma dell’impertaore Leopoldo I (Figura 6). Nel 1742 poi aggiunsero al loro cognome quello di Salvaterra (CAGNA, 1986).
Il 23 maggio 1639, in piena Guerra dei Trent’anni, la società che il D’ADDA aveva costituito con Luis CID e Giulio CALCINO aveva ricevuto (da Diego Felipez de Guzman marchese di Leganes, Governatore e Capitano dello Stato di Milano (Figura 7), la concessione per eseguire ricerche minerarie in tutto il territorio milanese. Il provvedimento rinnovava ed ampliava la precedente investitura rilasciata loro dal cardinale infante Ferdinando (Figura 8) il 6 maggio 1634 (TIZZONI, 1986). In base a tale diritto, i soci eseguirono alcuni assaggi anche in Valle Anzasca, ottenendo risultati incoraggianti ma che non si materializzarono nell’apertura immediata di alcuna miniera.

Un conflitto sul diritto delle miniere

Pochi anni più tardi, e forse all’insaputa dei BORROMEO (…1647  Frontespizio), la scoperta del D’ADDA fu sfruttata dai fratelli Antonio, Giovanni e Bartolomeo RABAGLIETTI di Vanzone, detti Bragaloni.
Sono questi i primi esponenti noti di una delle famiglie che resteranno legate alle miniere della Valle Anzasca per diversi secoli, come gli ALBASINI, i TESTONI, gli JACCHINI ed altre.
In origine, i RABAGLIETTI, erano raccoglitori di resina dalle panacee per ricavarne trementina (da non confondersi con la pece ottenuta solo dalla resina dell’Abete rosso, la Picea excelsa). Alla produzione di trementina restarono tuttavia legati alcuni membri della famiglia RABAGLIETTI. Così, nel 1765, lo zio  di quelli allora impegnati nella Compagnia delle Miniere era intento a raccogliere resina in Valle Antigorio e fare trementina in Val Formazza. Fu interessato a questa specifica partita anche un ALBASINI, mentre un altro ALBASINI lo troviamo impegnato nella medesima attività nel 1794, in società con un tale Gio Batta PRELINI. I due si recarono, a fare trementina, addirittura in Tirolo (Archivio Privato Saverio ALLABASINI, Losanna).
Alcuni Bragaloni avevano quindi abbandonato l’attività di famiglia per dedicarsi alla metallurgia dell’oro, cominciando con lo scavare e trattare il minerale scoperto dal D’ADDA. 
Il conte BORROMEO, tuttavia, aveva ratificato a Milano la scoperta di un giacimento (…1647  Frontespizio) e, forse  venuto a conoscenza delle ricerche minerarie fatte dal D’ADDA e compagni, aveva chiesto al Tribunale meneghino un chiarimento sulla validità o meno del diritto goduto dalla sua famiglia in base alla concessione del 1481.
Si può supporre che il Cavaliere D’ADDA non si fosse curato dei riscontri positivi della sua scoperta e tantomeno del diritto Borromeo. Anzi, è possibile che fosse solo in attesa del momento propizio per sfruttare quel giacimento e col suo maggior vantaggio possibile.

L’annotazione del 22 gennaio 1647 sul fascicolo che contiene gli atti del contenzioso  sembrerebbe avvalorata tale ipotesi poiché lascia intuire che il D’ADDA avrebbe avuto come suo unico interlocutore lo Stato, o chi per esso. A questo avrebbe riferito delle sue ricerche e da questo avrebbe atteso un’autorizzazione o, quantomeno, un cenno d’assenso prima di intraprendere i lavori veri e propri.
In conclusione, sulle miniere concesse ai RABAGLIETTI avevano avanzato diritti sia il D’ADDA quale scopritore, che i BORROMEO riscopritori ma soprattutto proprietari di diritto. Il Tribunale, non sapendo bene cosa decidere, richiese il parere del Regio Fiscale Pernigotti, lasciando, però, …che fratanto il Sup.te si servi delle sue ragioni con riserva alla Regia Camera delle sue ragioni per consequir la sua parte se così sarà dichiarato… (…1647. 22. Genaro ).

Immagine citata nel testo

Figura – Lo schizzo con la localizzazione della miniera e dei molini dei RABAGLIETTI, dallo Relazione Notaio BRUSATI (1651.01.27). Archivio di Stato di Milano, Commercio p.a., cart. 210, Lago Maggiore. Richiesta di autorizzazione alla pubblicazione è stata protocollata con numero 1301 del 16/03/2023.

I BORROMEO dalla parte dei RABAGLIETTI

Evidentemente l’Amministrazione aveva preso tempo lasciando momentaneamente le cose come stavano, forse temendo più l’influenza del potente feudatario che non quella del D’ADDA. Tuttavia, ne boicottava l’attività nella ricerca di un maggior utile per le sue casse. E’ abbastanza ingenuo infatti credere che i provvedimenti che saranno assunti in seguito nei confronti dei RABAGLETTI fossero mirati solo ad inibire un’iniziativa clandestina e non, in realtà, ad interferire sul vecchio e redditizio Diritto Borromeo.
Infatti, non è l’unico caso noto di ingerenza del Governo Milanese nei possedimenti feudali anche se si può immaginare che, nello specifico caso, fosse suggerito dalla necessità di reintegrare parte dei capitali investiti nella guerra del Monferrato combattuta a fianco degli Spagnoli.
Ma torniamo ai fatti. A Vanzone, i RABAGLIETTI erano in piena attività ed i BORROMEO continuavano a godere del loro privilegio in attesa di più precise determinazioni. Nel frattempo e in tutta segretezza, il Tribunale di Milano incaricò il notaio Antonio BRUSATI di recarsi a Vanzone per assumere precise informazioni sull’attività dei Bragaloni, sequestrare tutte le attrezzature di miniera e quelle necessarie negli opifici, oltre che indurre gli esercenti (ed il proprietario) a costituirsi pagando una oblazione di 500 scudi a testa (…1650. 24. Dicembre; prima pagina e seconda pagina).
L’incarico doveva essere talmente segreto che solo il Podestà di Vogogna avrebbe dovuto esserne a conoscenza per attivarsi, ma solo, nel caso in cui il BRUSATI ne avesse riscontrata effettiva ed impellente necessità (…24. Xbre 1650).
A seguito del sopralluogo e dei sequestri eseguiti dal notaio, ma prima che questi presentasse al Tribunale la sua relazione, il Conte BORROMEO aveva già inoltrato due suppliche affinché non venisse abrogato il privilegio sulle miniere che godeva la sua famiglia da due secoli e mezzo (…1651: 3. Jan.ri) e fosse sospeso il sequestro delle attrezzature metallurgiche che inibiva il prosieguo dell’attività (…1651. X. Genn.o). Quest’ultimo provvedimento fu immediatamente posto in essere, per un mese, ingiungendo allo stesso BRUSATI di disporre di conseguenza (annotazione in calce a …1651. X. Genn.o).

Accertamento tributario e conferma del Diritto Borromeo

Tutta la corrispondenza fin qui succedutisi è precedente al 12 gennaio 1651, data di stesura della segretissima Relazione del BRUSATI (pagina 9a, pagina 9b, pagina 9c, pagina 9d e pagina 9e). Nel frattempo veniva chiesto al Fiscale Pernigotti un parere ed un orientamento per la decisione del Tribunale.
Il Rregio Fiscale confermò la validità del diritto feudale dei BORROMEO sulle attività minerarie il 20 marzo successivo poiché la regalia era molto precedente alle leggi in vigore e queste non avevano valore retroattivo. I funzionario intravide, però, la necessità di un provvedimento di conferma da parte della Regia Camera e di una verifica dei versamenti di imposta che i feudatari avrebbero dovuto corrispondere dal 1593. L’inottemperanza avrebbe prodotto la confisca della miniera.
La notifica di queste decisioni provocò la sollecita (4 maggio 1651) e motivata risposta del Conte Borromeo (Memoriale. pagina a, pagina b, pagina c, pagina d e pagina e). Ma nel frattempo era provveduto, d’ufficio ad un accertamento tributario sulle annate versate e sull’ammontare di quelle evase.
Nonostante l‘accertamento dell’evasione la sentenza del Tribunale fu favorevole al feudatario, confermando la piena validità del suo diritto sulle miniere. …Et a lui competere le ragioni di cavare, e far cavare d.e miniere nelle sue giurisditt.ni, conforme al tenore del soprascritto Privilegio dis.a inserto. Però esser egli tenuto al pagamento dell’annata per i tempi, che rispettivam.te è stata imposta: et che a questi effetti si debba citare a vedere liquidare la quantità che deve pagare... (pagina a, pagina b e pagina c).  Altra copia della ..Sentenza del Magistrato Ordinario a favore delli Conti Borromei con quale dichiara che essi conti possano far cavare qualsivoglia sorte di Metalli nelle Miniere delli Territori de’ loro Feudi… in data 18 luglio 1651 è conservata nell’Archivio Borromeo dell’Isola Bella (FRIGERIO P. e PISONI P.G., 1982).

Il governo spagnolo, le tasse, i nobili e il clero

Gli avvenimenti legati alla coltivazione della miniera dei RABAGIETTI  palesano la mite regolamentazione amministrativa cui era soggetta la materia mineraria nel XVII secolo, nello Stato di Milano. Il governo legato alla Spagna, seppure attento a fiscalizzare ogni tipo di risorsa, era molto rispettoso dei diritti goduti dalla nobiltà. E da qui le motivazioni della sentenza.
Al di fuori delle aree di pertinenza feudale o allodiale, gli indirizzi ed il controllo delle attività minerarie erano affidati ad un’autorizzazione e regolati dagli antichi capitoli minerari. Il tutto era rievocato dalle varie autorità locali, ma senza particolari direttive centrali. Tracce di queste regole sono disperse nelle varie documentazioni d’archivio. Ne sono un esempio i limiti della concessione rilasciata ai fratelli BERTOLINI o quelle praticate nel contratto del 3 febbraio 1765 con un gruppo di minatori tirolesi (Archivio Privato Saverio ALBASINI, Losanna).
I capitoli riguardavano sia la coltivazione vera e propria che la ricerca mineraria, argomento, quest’ultimo, che assume particolare rilevanza ed interesse poiché l’istituto del permesso di ricerca verrà introdotto nella legislazione solo un paio di secoli più tardi, con il Regio Editto del 30 giugno 1840.

INFORMATIVA
I documenti illustrati in questo articolo sono conservati presso l’Archivio di Stato di Milano, Commercio p.a., Cart. 210, Lago Maggiore 
L’Istituto conservatore della documentazione, riprodotta in modo parziale o totale, è l’Archivio di Stato di Milano come da richiesta autorizzazione via mail a as-mi@cultura.gov.it. del 15 marzo 2023 10:50, protocollata con numero 1301 del 16/03/2023.
La pubblicazione dei documenti riportati di seguito è stata possibile su concessione del Ministero dei Beni e le Attività Culturali.

È fatto espresso divieto di ulteriore utilizzo delle riproduzioni.

Vanzone con San Carlo, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Alagna Valsesia, provincia di Vercelli, Italia

sacro monte di Varallo, Piazza Giovanni Calderini, Varallo, provincia di Vercelli 13019, Italia

 

Varallo, provincia di Vercelli, Italia

Bibliografia

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Questo articolo fa parte di una serie di scritti presenti sul sito relativi all’oro, alla sua natura e presenza in Italia Settentrionale, con particolare riferimento ai giacimenti ed alle miniere della Valle Anzasca (VCO).

…In Macugnaga Valle Anzasca vi sono delle Bocche … d’oro e li loro Molini … lavorano quotidiana.te col Mercurio…

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