Le miniere in Valle Anzasca nel primo Settecento

Copertina

Copertina – La Carta in Misura di Parte del Territorio di Macugnaga… di Gian Battista SCOTTI (1755). Il documento è stato fotografato alla fine degli anni Settanta del secolo scorso presso il Distretto Minerario di Torino dov’era conservato.

Informativa

I documenti illustrati di seguito sono conservati presso l’Archivio di Stato di Milano, Commercio p.a., Cart. 220 fc. Valle Anzasca.
L’Istituto conservatore della documentazione, riprodotta in modo parziale o totale, è l’Archivio di Stato di Milano come da richiesta autorizzazione via mail a as-mi@cultura.gov.it. del 26 aprile 2023 08:51, protocollata con numero 2063/28.28.12 del 27 aprile 2023
La pubblicazione dei documenti riportati di seguito è stata possibile su autorizzazione del Ministero dei Beni e le Attività Culturali.

È fatto espresso divieto di ulteriore utilizzo delle riproduzioni.

Il barone D’ENGELHARDT in Valle Anzasca, intorno al 1725

Nel primo Settecento, l’attività estrattiva ha preso impulso in gran parte della Valle Anzasca e, soprattutto, nel distretto estrattivo di Pestarena. Ma questo non ha modificato quel suo carattere fra il clandestino e l’alchemico.
Il Settecento si apre con la guerra di successione spagnola (1701-1715), con diversi smembramenti del territorio ed annessioni alla Casa Sabauda e con l’inizio dei 150 anni di dominazione austriaca in Lombardia.
Nella prima metà del secolo l’amministrazione centrale era ancora legata ai principi della sovranità spagnola o, più facilmente, era forzata ad altre priorità. I governanti erano comunque molto attenti a fiscalizzare ogni risorsa, ma senza interferire con gli interessi del feudatario BORROMEO. Era la politica di non ingerenza nei privilegi di nobiltà e clero sui cui consensi si reggeva la presenza straniera in Italia.
In questo contesto si vengono a collocare le notizie raccolte, per altro in assoluta segretezza, dal barone D’ENGELHARDT (Figura 1) e da questi inoltrate al Governatore di Milano il 2 agosto 1725 (A.S.M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca; doc. 2 agosto 1725, p.1; doc 2 agosto 1725, p.2; doc 2 agosto 1725, p.3 e doc 2 agosto 1725, p.4).
Il D’ENGELHARDT era il rappresentante di Vienna nella commissione incaricata di definire i confini fra il Piemonte e Milano in seguito ai trattati di Utrecht (1713; Figura 2) e dell’Aia (1720). Ma nonostante il suo prestigio le informazioni furono accolte con attendibile freddezza dalle autorità.

Le osservazioni del barone D’ENGELHARDT in Valle Anzasca

La nota del D’ENGELHARDT denunciava sei miniere attive, o comunque note, in Valle  Anzasca (A.S.M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca; doc. 2 agosto 1725, p.1; doc 2 agosto 1725, p.2)., nonché alcuni opifici per il trattamento metallurgico del minerale aurifero.
La prima citazione è della miniera di Ciola sopra S. Carlo. Faceva parte del famoso ed anticamente noto gruppo di miniere dei Cani. Qui avevano lavorato, a partire dal 1722, anche i RABAGLIETTI.
La gestione delle miniere dei Cani da parte dei RABAGLIETTI è ricordata dal GORINO. L’Autore attestava, nella sua opera, che …poco prima del 1722, alcune persone avevano cessato di cavare e spurgare le vecchie cave dei Cani; e che certi Carlo Antonio Rosa e fratelli e Antonio e Giuseppe Rabbaglietti essendovi dopo molto lavoro riusciti, trovarono gli scheletri di quei meschini stati chiusi dentro nella rivolta contro i Cani… (BIANCHETTI, 1878).
Nella relazione del D’ENGELHARDT compariva anche la ricca miniera di Prequartera, frazione posta fra Ceppo Morelli e Campioli nella media Valle. Le notizie ed i riscontri più copiosi in letteratura sull’attività di questa miniera sono successivi alla citazione del D’ENGELHARDT. Infatti corrisponde alla ben più nota miniera dei Velleri o Valleri o, ancora, miniera di Lavanchetto, in regione Pestarena. Questa miniera vantava, nel 1844, un rendimento giornaliero di oltre …tre doppie al giorno dei quali il feudat.rio ne tira un terzo netto e li altri 2/3 restino al impresario un tal Giac.mo Rabaietti Sindico della Valle per il suo utile e le spese… (A.S.M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca; doc. 2 agosto 1725, p.2).
La doppia (Figura 3) corrispondeva a due scudi e questi valevano, al tempo di Filippo II (duca di Milano dal 1540, Figura 4 e Figura 5), circa 6 lire. In seguito il valore dello scudo, nei confronti della lira, è andato progressivamente aumentando fino al 1683 quando ha raggiunto la quotazione di 12 lire (FRIGERIO E PISONI, 1982). Nel 1720 la doppia di Spagna era composta da 24 lire e nel 1765 era quotata in Valle 36 lire e 5 soldi. L’utile giornaliero ottenuto dal RABAGLIETTI era quindi di circa 72 lire, al lordo delle spese e dei diritti feudali. Un’impresa florida seppure il gestore sia ricordato come poco esperto.

Da oltre cento anni i Rabaglietti in Valle Anzasca

Dall’indagine del barone D’ENGELHARDT emerge l’impegno della famiglia RABAGLIETTI alla conduzione dell’attività mineraria anzaschina da ormai quasi un secolo. Era divenuta una tradizione familiare che proseguirà per almeno tutto il Settecento. In quel momento storico era appannaggio di Giacomo.
Da questo si può azzardare l’ipotesi, o almeno il sospetto, che le famiglia RABAGLIETTI abbia influito più incisivamente sulla tradizione storico-estrattiva della Valle Anzasca di quanto appaia dalla storiografia.
All’origine dell’attività dei RABAGLLIETTI non c’era un’esperienza mineraria, ma furono fra i pochi anzaschini ad impegnarsi ed a continuare ad impegnarsi direttamente nei cantieri.
Altri impresari locali preferivano limitarsi alla sola conduzione e direzione dell’impresa, eccezion fatta per casi e momenti particolari. Un secolo e mezzo di attività ha certo posto le basi di ampie conoscenze, frutto anche della semplice esperienza di lavoro. E non è casuale anche l’impiego e l’apporto di personale di origine tirolese, tradizionalmente i minatori più esperti ed apprezzati.
Alla luce di quanto ad oggi documentato è verosimile che immigrati tirolesi si siano stanziati esclusivamente nella parte medio-inferiore, ossolana, della Valle Anzasca. E soprattutto nell’area di Vanzone-S. Carlo dov’erano le miniere dei Cani (Figura 6). 
La presenza dei tirolesi nella parte superiore della valle, Walser, seppure vi fosse nota la maggior presenza di filoni e miniere, sembra sporadica se non del tutto occasionale. E questo nonostante la maggiore affinità linguistica con i residenti.
È un argomento che merita una trattazione piu approfondita e, per questo, sarà oggetto di un successivo articolo.

Il ruolo dei Rabaglietti e di Vanzone in Valle Anzasca

Nonostante la lunga attività nel tempo della famiglia RABAGLIETTI nessun membro ha mai avuto un ruolo di leader nel settore minerario.
Un altro particolare interessante è che tutti, o quasi, i personaggi più eminenti dell’arte mineraria anzaschina erano originari di Vanzone, territorio nel quale sono note solo minime e sporadiche tracce di mineralizzazioni aurifere (Figura 6). Forse questa coincidenza si può spiegare con il ruolo di agiatezza e preminenza culturale che svolgeva Vanzone, residenza abituale e privilegiata della locale elite faccendiera, affarista e intrigante. Una società spesso legata da vincoli parentali diretti o acquisiti, che deteneva il reale potere nella Valle. Era alternativa al ruolo di capitale amministrativa, con esclusione del territorio Walser e cioè dal Morghen (Figura 19 e Figura 20) fino a Pecetto (Figura 21 e Figura 22), svolto dalla defilata Bannio.
Secondo le affermazioni del D’ENGELHARDT il Giacomo RABAGLIETTI ricordato precedentemente gestiva altre due miniere del gruppo di Pestarena, mentre di una terza era titolare un Antonio RABAGLLIETTI ed in una quarta era impegnato un certo LANTI (che ritroveremo a lavorare anche in Val Quarazza).
Nel documento originale viene citata Macugnaga (A.S.M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca; doc 2 agosto 1725, p.2), ma è verosimile che si tratti invece proprio della zona di Pestarena dove in prossimità dell’Anza erano posti i mulinetti per l’amalgamazione col mercurio (Figura 12). Le miniere si trovavano più in alto sui versanti, a circa due miglia, cioè poco più di tre chilometri e mezzo. Questo particolare consente di identificare tale miniera con quella dei Velleri, più tardi ribattezzata Lavanchetto.

immagine nel testo

Figura 12 – Ricostruzione dei giacimenti auriferi dell’area di Pestarena e della presenza storica di impianti metallurgici (M. Del Soldato).

Il trasporto affidato alle donne raccontato dal DE SAUSSURE (1796)

La descrizione del D’ENGELHARD offre diversi spunti di riflessione, anche socio-economica. Fra questi è la conferma che il trasporto del minerale da bocca di miniera agli stabilimenti di amalgamazione era eseguito dalle donne. E come in uso, si caricavano i pesanti gerli sul capo. Era una metodica estremamente antica e diffusa. Ad esempio l’ha ricordata anche dal DE SAUSSURE (1796) quando ha dovuto far trasportare alcune sue casse contenenti campioni di roccia raccolti durante i viaggi in Ossola e nelle Alpi.
…Le donne restano pressoché sole a sobbarcarsi tutti i lavori della campagna, ma essendo molto più numerose del necessario, sono occupate anche a trasportare a spalla pesanti carichi attraverso valichi pericolosi inaccessibili alle bestie da soma; itinerari che talvolta accorciano il viaggio di qualche giorno. Eseguono questi trasporti con vigore, una diligenza ed una fedeltà veramente rare. Un episodio vale a mostrare la loro forza eccezionale. A Macugnaga avevo preparato una cassa di minerali molto pesante e chiesi all’albergatore se potesse trovarmi un uomo che la trasportasse a Varzo, da dove era possibile spedirla a Ginevra. Mi rispose con grande serietà, che non esisteva in tutto il paese un uomo in grado di trasportare un tale carico a così grande distanza; se per me era uguale avrebbe potuto però trovarmi facilmente una donna che se ne sarebbe fatta carico volentieri: due donne erano sufficienti a trasportare l’intera soma di un mulo… (DE SAUSSURE, 1796).

Donne ed equini per il trasporto di minerale

Il trasporto affidato alle donne era un’attività antica e diffusa anche fuori della Valle Anzasca (Figura 7, Figura 8, Figura 9 e Figura 10).
Si ricordi, ad esempio, l’area ardesiaca della LIguria Orientale, ma anche dal Friuli alla Sardegna L’uso di portare in equilibrio sul capo secchi, secchielli, cesti, lastre di pietra, etc., con interposta una pezza di stoffa ripiegata in maniera particolare, è molto antico e pare sia stato introdotto e diffuso nell’area alpina dai Romani (JORIO P. e BURZIO G., 1986). Statuette lignee o ceramiche di trasportatrici impiegate nella medesima attività sono diffuse anche nelle tombe dell’Antico Egitto (Figura 11).

In altre regioni minerarie, come nella vicina Val Sesia, era diffuso anche l’impiego a soma animale, con mulattine e cavalline, come attesta un atto notarile (MICHELETTI, 1973). Durante la seconda metà del XVIII secolo la tariffa per portare a soma il minerale da Alagna a Scopello (circa 20 Km, ossia poco più di 11 miglia di discesa) ed il carbone nel percorso contrario fu stabilita, rispettivamente, in 1 soldo al rubbo (circa 6 lire, 2 soldi e 5 denari alla tonnellata) e due soldi e mezzo al rubbo (circa 15 lire e 6 soldi alla tonnellata). Apparentemente meno caro del trasporto a dorso d’uomo (o meglio di donna). Tale documento farebbe ritenere che fosse la libbra piccola quella citata anche dal D’ENGELHARDT e che le donne anzaschine percepissero circa 13 lire/t per il loro lavoro.
Nella storia mineraria sono diffusi gli esempi di impiego di equini nel trasporto del minerale. L’iconografia (Figura 13) e la fotografia (Figura 14, Figura 15, Figura 16 e Figura 17) ne sono testimoni importanti.
Per quanto riguarda il costo della manodopera, lo stesso A. ricorda che nelle miniere di Andorno, intorno al 1680, il salario dei minatori era compreso fra 15 e 22 soldi per giorno di lavoro, analogo quindi a quello corrisposto dai RABAGLIETTI ai BURCHAI ed a quello pagato ancora 45 anni dopo in Valle Anzasca.

L’incertezza dei dati

L’interpretazione dei dati forniti dal D’ENGELHARDT è densa di incertezze. In particolare questo riguarda le unità di peso, non distinte se in libbre piccole o massime, ed i valori di cambi fra e monete.
Facendo due conti si arriva alla ipotizzare il compenso di 1 lira per 78-80 Kg trasportati dalle donne (corrispondente a circa 12,5 lire alla tonnellata). Probabilmente è il compenso più realistico se raffrontato al coevo costo della manodopera.
Ciò troverebbe anche un’implicita conferma nella relazione del Notaio BRUSATI  secondo cui le portatrici percepivano 3 parpagliole (Figura 18) ogni carico. La parpagliola equivaleva a 2 soldi e 9 denari di lira ed era, a sua volta, divisa in 20 soldi da 12 denari ciascuno. Quindi il compenso sarebbe stato pari a 8 soldi e 3 denari per una cinquantina di chili, compatibile con la valutazione di 1 lira ogni 120 Kg trasportati.
A  poco è servito cercare una verifica risalendo al carico trasportato partendo dal volume del gerlo. Valutando in circa 100 dmc la sua capienza si può facilmente calcolare che colmo di erba fresca avrebbe pesato una cinquantina di chili, carico nella media dei pesi trasportati. Diverso se fosse stato colmo di carbone di legna poiché sarebbe pesato circa 25 chili, fornendo un carico troppo modesto ed antieconomico. Se invece fosse stato pieno di minerale cernito avrebbe raggiunto anche circa 260 chili. Per quest’ultima valutazione è stato considerato un minerale composto da un 50% di calcopirite aurifera, un 25% di quarzo ed altrettanto di gneiss. La massa volumica media del minerale è risultata pertanto pari a 3.46 Kg/dmc. Di conseguenza, nel caso del minerale, il trasporto avrebbe avuto un peso eccessivo. Pertanto è ragionevole supporre l’impiego di gerli a differenze capienza per i diversi carichi e trasporti.

Il rimpallo della segnalazione del D’ENGELHARDT nel disinteresse delle autorità.

La lettera del barone d’Engelhard contenente le rivelazioni sulle miniere giunse nelle mani del marchese di Rialj che la trasmise, con stretto riserbo, alle superiori Autorità il 16 agosto 1725 (A. S. M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca, doc. 16 Ag.to 1725). Nell’attesa di …suoi Ces.ij Aug.mi ordini, di quanto io debba operare… aggiunse ulteriori precisazioni due giorni dopo (A. S. M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca, doc. 18 Ag.to 1725). Infatti aveva avuto sentore dell’esistenza di altre imprese clandestine e, quindi, di altri redditi evasi.
Le risposte furono disarmanti e, soprattutto, disinteressate (A. S. M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca, doc. 22 Ag.to 1725). Infatti, due giorni dopo aggiungeva che i …gravi negotij che in tutti questi giorni mi son occorsi, e tuttavia mi occupano, non mi permettono di rispondere cosa positiva… (A. S. M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca, doc 29 Ag.to 1725). Quindi non restò al Rialj che rimettersi agli eventuali successivi ordini, qualora e quando gli fossero notificati.
L’argomento fu accantonato fino al 1729 quando il biglietto del d’Engelhard giunse, per il tramite del marchese de Villasor (A. S. M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca, doc. 13 luglio 1729), nelle mani del Principe Conte Governatore. Seguì, ma circa un anno dopo, la richiesta al Magistrato Ordinario di tutte le informazioni in suo possesso ed alcuni campioni di minerale (A. S. M. Commercio p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca, doc. 23 marzo 1730a; doc. 23 marzo 1730b; doc. 27 marzo 1730a; doc. 27 marzo 1730b; doc. 27 marzo 1730c e doc. … marzo 1730). Gli ordini, tuttavia, non poterono essere eseguiti per mancanza delle documentazioni presso gli archivi degli uffici periferici (A.S.M. Commercio, p.a. Cart. 220 fc. Valle Anzasca, doc.. 3 aprile 1730). Ad essi risultava una sola istanza, quella avanzata da un tale DE DOMINICI per ottenere il permesso di ricerca per minerali vari nei territori dell’Ossola, Vogogna, Omegna, etc.. E tale richiesta sarebbe stata assoggettata ad un regolamento (Capitoli) da convenirsi unitamente al Regio Fisco.

La conclusione della segnalazione del D’ENGELHARDT nel disinteresse delle autorità.

Il rinato interesse si limitò, per quanto è dato conoscere, ad una nuova richiesta, al barone D’ENGELHARDT di ulteriori informazioni, alla quale fu risposto con la mera conferma di quanto a suo tempo comunicato (A.S.M. Commercio p.a., Cart. 220 fc. Valle Anzasca, doc 5 maggio 1730). Il gettito prodotto dall’attività estrattivo-metallurgica, rappresentava, in ogni caso, una bella fetta degli introiti borromei da regalia. Ne decennio 1735-1744 l’utile ricavato dal feudatario assommò a 12916.15.9 lire su un totale di 52069.09.1 lire pari al 24% delle rendite. Ciò consente di valutare in un minimo di circa 39 mila lire, non potendo ovviamente quantizzare la quota di evasione, il giro d’affari dell’industria estrattiva anzaschina durante il medesimo intervallo temporale.
Alla luce di questo è evidente l’interesse che il settore avrebbe dovuto rivestire anche nell’autorità centrale.

Morghen, Ceppo Morelli, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Prequartera, Ceppo Morelli, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Antronapiana, Antrona Schieranco, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Vogogna, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Macugnaga, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Bannio Anzino, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Pestarena, Macugnaga, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Vanzone, Vanzone con San Carlo, provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Italia

Bibliografia

BIANCHETTI, E. (1878). L’Ossola Inferiore. Notizie storiche e documenti. Torino: Ed. Bocca.
DE SAUSSURE, H. (1796). Voyage dans les Alpes (Ristampa a cura della Fondazione Arch. E. Monti di Anzola d’Ossola ed.). Neuchâtel, Svizzera.
FRIGERIO, P., & PISONI, P. (1982). Masnadori di grano e di oro. Li molini & edifici d’acque d’Ossola. Mergozzo, VCO, Italia: Gruppo Archeologico Antiquarium.
JORIO P. e BURZIO G. (1986). Gli altri mestieri delle valli alpine occidentali. Coll. Quaderni di cultura alpina.

MICHELETTI, T. (1973, febbraio). Notizie sulla tecnica ed economia delle miniere piemontesi nel Settecento. L’Industria Mineraria, XXIV.
MICHELETTI, T. (1976, ottobre). La più grande miniera d’oro dell’antichità preromana. L’Industria Mineraria, a.XXVII, ottobre. Roma, 1976., XXVII.
MICHELETTI, T. (1976). L’immensa miniera d’oro dei Salassi. Urbania: Stab. Tip. Bramante.
MICHELETTI, T. (1981). Picconi contro elefanti. Urbania: Stab. tipolito. Bramante.
MICHELETTI, T. (1985, giugno). Lo scavo in morena con «scudo» di pietroni ha tremila anni. Riv. Gallerie e grandi opere sotterranee (21).
MICHELETTI, T. (1989.). Il Cavalier di Robilant. Boll. Ass. Miner. Subalpina, XXVI,(1).

Questo articolo fa parte di una serie di scritti presenti sul sito relativi all’oro, alla sua natura e presenza in Italia Settentrionale, con particolare riferimento ai giacimenti ed alle miniere della Valle Anzasca (VCO).

…In Macugnaga Valle Anzasca vi sono delle Bocche … d’oro e li loro Molini … lavorano quotidiana.te col Mercurio…

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