Oro e mercurio nel Tigullio

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Copertina – Le pagine de I Tesori Sotterranei dell’Italia di Guglielmo JERVIS (1874) che riportano l’immagine della più importante masserella d’oro ritrovata presso la miniera di Monte Loreto (Castiglione Chiavarese).

Oro del Tigullio: la nascita di una speranza

L’oro è stato cer­tamente il metallo che, in ogni epoca ed a ogni lati­tudine, ha contagiato, corteggiato ed affascinato più d’ogni altro l’uomo.
Questa storia che viene da lontano ricorda un fortuito, casuale e ricco ritrovamento avvenuto nell’entro­terra di Sestri Levante.
Era una massa dendritica d’oro del peso di circa 800 grammi (Copertina). Il ritrovamento determinò la nascita di fugaci speranze che, però, si trasformarono in repentine de­lusioni.
La masserella dendritica originale, particolare ed unica, è conservata, oggi, presso il British Museo di Londra.

Oro del Tigullio: il ritrovamento della massa cristallizzata più grande e famosa

In poche parole, ma di grande effetto anche giacimentologico, Guglielmo JERVIS (1874, p. 317) racconta il ritrovamento:
ORO NATIVO cristallizzato, in magnifiche dendriti e sovente in cristalli ottaedrici  (Figura 1) allungati, x, 1!. Rinviensi in questa miniera (Monte Loreto, n.d.a.) sotto forma di piccole masse irregolari nel filone (Figura 2) di contatto e propriamente nella salbanda al riposo del medesimo, associato a calcite cristallina bianco-perlino e a quarzo bianco opaco. Alla coppellazione quest’oro nativo dà industrialmente per cento parti: Oro fino 88,3; Argento 10,3; Rame 1,4; Proporzione dell’argento all’oro fino 11,66 %. Dette masse, non già pepiti a superficie liscia, furono rinvenute alcuni anni fa in considerevole numero e destarono molto interesse tra i mineralogi. Sono piccole ed il titolo dell’oro piuttosto elevato. Sono facilmente riconoscibili da tutte le altre di provenienza italiana che abbiamo avuto sotto gli occhi per esser cristallizzate (Figura 3), come se il metallo prezioso si fosse formato sul luogo stesso, anzichè esser amorfe ed apparentemente rotolate (Figura 4), caratteri comuni a tutte le pepiti dell’Australia e della Russia, di cui gran parte rinviensi in mezzo ai terreni alluvionali di trasporto e non già sul luogo di produzione. Crediamo far cosa grata ai nostri lettori loro offrendo un’incisione originale di grandezza naturale di una di dette masse di oro nativo cristallizzato, la quale si distingue per la sua singolare bellezza e del peso di circa 800 grammi… (Copertina).
Un poco differente è la descrizione della giacitura del minerale aurifero che ne fa il PELLOUX (1934). L’Autore ricorda che durante i lavori …si trovarono accidentalmente delle dendriti e piccole masse di oro nativo. Le si rinvennero nella sezione Masso (galleria Marsala e Genova – Figura 7) entro ad una terra rossa, nei piani di intersezione fra un filoncello cuprifero e delle vene quarzose…

Oro: attrazione fatale

L’oro è il metallo nobile per eccellenza per le sue caratteristiche uniche che lo contraddistin­guono dagli altri minerali. E proprio queste sue unicità l’hanno avvolto in quell’alone carismatico che ancora oggi infonde sentimenti più o meno leciti di possesso e, in qualche caso, di supe­riorità e potere.
Contrariamente alla re­altà è ritenuto un ele­mento molto raro. Infatti l’oro è presente quasi ovun­que. Ad esempio, nell’acqua marina si trova comunemente in una concentrazione me­dia di 0,005 g/t.
Purtroppo è presente, nella maggior parte dei casi, in quantità molto piccole. Troppo piccole per consentirne lo sfruttamento ed il recu­pero con giusto margine di utile.
Ad accrescere il valore intrinseco dell’oro contribuiscono poi tutti gli aspetti che lo caratte­rizzano:
– la colorazione gialla brillante, lucente ed inalterabile che ha certo attratto da subito i cercatori;
– la duttilità e malleabilità, che ne ha permesso una facile e raffinata lavorabilità già ai primi artisti-orafi Ittiti, Etruschi (Figura 5) e Fenici; 
– l’inalterabilità dovuta alla sua intrinseca diffi­coltà ad ossidarsi sia a caldo che a freddo, che ne mantiene nel tempo la lucentezza;
– la du­rezza quando è in lega con piccole dosi di rame che lo rendono resistente all’usura;
– l’omogeneità per cui può essere ridotto in frammenti piccolis­simi, ma tutti esattamente di uguali caratteristiche.
E’ evi­dente quindi come ben presto, anche storicamente, ab­bia assurto il ruolo di ambìto oggetto di possesso e preziosa merce di scambio o moneta (Figura 6). Ruolo che peraltro ancora oggi ri­veste.

L’oro in Italia settentrionale

Nell’Italia Settentrionale la ricerca e lo sfruttamento di gia­cimenti auriferi, seppure tradizionalmente né ric­chissimi né famosi come quelli del Klondike o della Transilvania, è molto an­tica. I Romani e, prima di loro, i celto-liguri Salassi, vi estrassero l’oro. Coltivarono sia i giacimenti secon­dari (quelli in cui le mi­neralizzazioni sono di­sperse nelle sabbie dei fiumi, Figura 8), che nei giacimenti primari (cioè quelli in forma filoniana (Figura 9).
Caso particolare è quello della Bessa, nel Biellese, dove fu coltivato dal V sec. BC l’omonimo giacimento disperso nelle sabbie della morena. Riguardo alla sua estensione o importanza, si pensi che una legge censoria del I sec BC stabilì che nel cantiere non fossero impiegati più di 5000 uomini (schiavi e pri­gionieri politici), segno che in precedenza ne erano occupati anche di più.
Tutti i fiumi pa­dani affluenti del Po sono ancora in grado di fornire piccole quan­tità d’oro a chi abbia la passione e la pazienza di setacciarne le sabbie con l’ausilio della batea, il grande piatto di legno (o di metallo del modello australiano, Figura 10) a forma debolmente conica, tipico dei cercatori (Figura 11).

La pesca dell’oro in Liguria

In Liguria le tracce storiche della ri­cerca dell’oro sono molto flebili. Le più antiche ci vengono tramandate da Arturo ISSEL (1892). …Nel 1480, come risulta da un documento scoperto nel­l’Archivio di Stato di Genova, fu concesso ad un tal Francesco Grasso il privilegio di cercare e coltivare sotto date con­dizioni le miniere  d’oro, argento, rame, etc. dei Territori di Trebbiano, Arcola e Vezzano nella Riviera orientale e di Voltri nella occidentale....
Non si trattava di pesca dell’oro e, comunque, può ragionevolmente as­serire che la ricerca non ebbe successo. Al contrario, è probabile che risultati positivi siano stati ottenuti nel ponente, dove anche l’ambiente geologico è più con­sono. Più importante e più recente è stata la pratica della pesca del­l’oro in Val Gorzente (sec. XVI e XVII) e lungo la Stura, l’Orco, il Malone, etc.. Qui è stata vissuta pe­riodicamente e ciclicamente, soprattutto in epoche di recessione ed ancora durante tutto il secolo scorso. Tuttavia, raramente è divenuta una vera fonte di ricchezza o solo di sosten­tamento,

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Figura 7 – Il complesso minerario di Monte Loreto. Rielaborato da una tavola senza data (Archivio Privato MDS), ma approssimativamente degli anni Settanta del secolo scorso. I nomi delle gallerie e dei pozzi sono ripresi da quella cartografia originale. Nella cultura materiale e nel ricordo orale alcune gallerie possono riportare nomi differenti. Probabilmente, qualcuno di questi può riferirsi, a cantieri particolarmente ricchi, oppure essere stato personalizzato da qualche minatore. Elaborazione QGis 3.16.14, Hannover.

L’oro del Tigullio

I tor­renti ed i monti del Tigullio non sono mai stati ricchi d’oro come quelli padani e alpini. Neppure la cultura materiale locale ha mantenuto la me­moria di persone che abbiano setacciato le sabbie per cer­carlo. Invece è sempre stato inserito nelle richieste di permessi o concessioni… .
Tuttavia la storia ci tramanda il ricordo di un ricco, quanto del tutto occasionale, ritrova­mento che animò fuga­cemente le speranze di molta gente.
Durante la se­conda metà dell’Ottocento, furono rinvenute nella miniera di rame di Monte Loreto le masse­relle d’oro che abbiamo già ricordato. Il filone mineralizzato a masserelle d’oro si trovava in prossimità della galleria Marsala (Figura 7). Secondo i cronisti dell’e­poca si trattava di un cantiere già parzialmente sfruttato in precedenza e nel quale gli ultimi ritrovamenti non rappresentavano che la rimanenza di più antiche coltivazioni.

Il mercurio ed un’ipotesi metallurgica nel Tigullio

Assolutamente di maggiore interesse storico è la cronaca di una se­conda scoperta fatta nella vicina località Casareggio, di Castiglione Chiavarese, (zona di San Pietro Frascati della Carta Tecnica di Regione Liguria).
Ma lasciamo la parola al cronista.
A …Casareggio, sulla riva opposta (destra, n.d.a.) del torrente Petronia, si trovarono in un campo, tra i ruderi di antiche costruzioni, gocciolette e glomeruli di mercurio metallico impuro, sparsi nel terriccio e compenetranti le zolle, mercurio in cui l’analisi rivela una proporzione non lieve d’oro e d’argento. Orbene, siccome in quei pressi non v’ha traccia alcuna di vene e compenetrazioni idrargirifere, parmi probabilissimo che ivi fosse recato il minerale d’oro di Monte Loreto, per essere depurato mediante l’amalgamazione, e che una piccola quantità di metallo amalgamato si disperdesse accidentalmente nel terreno sottoposto. La località si prestava ottimamente all’impianto di una officina metallurgica, tanto più che era provvista di una potente caduta d’acqua.
Le sole suppellettili che, oltre a pochi residui di legname infracidite, si disseppelliscono nelle antiche scariche di Monte Loreto e sembrano aver appartenuto ai primi lavoratori, sono pezzi informi d’una arenaria, estranea a quel territorio, che forse servirono a rendere più aguzze le punte coll’aiuto delle quali si abbatteva la roccia metallifera… (ISSEL, 1892, p. 5-6).
Ricordiamo, con le parole dello stesso Autore, che …La Liguria non possiede, a mia cognizione, minerali di mercurio. Il metallo nativo segnalato tempo fa a Casareggio (comune di Castiglione Chiavarese), nella terra d’un campicello, secondo il mio giudizio, vi fu artificialmente trasportato e proviene a un antica officina per trattamento di minerali auriferi... (ISSEL, 1892, p. 58). 
Da questo processo si otteneva il cosiddetto oro rosso, colore dato dalla presenza di piccole percentuali di ar­gento, rame, etc..

Oro e mercurio nel Tigullio…

La scoperta dei ricordati glomeroli di mercurio non fu mai confermata, neppure da ulteriori scavi speci­fici. Ma ebbe una eco: infatti certo Domenico Cerisola ha richiesto ed ottenuto, il 3 marzo 1879, proprio nella zona di Casareggio, un permesso di ricerca per mercurio, oro, argento e rame. Ma anche di questa ricerca non si conoscono ne il seguito, ne gli esiti.
Ad onor del vero bisogna ricordare un altro, curioso evento.
Si tratta di un vago accenno ad un’antica concessione mineraria per oro. La notizia è, purtroppo, priva di sicuro riferimento archivistico o bibliografico e quindi difficilmente verificabile.
I minatori tede­schi Enrico di Erfordia e Giorgio Crose con Giannone di Varese ottengono, nel 1494, la concessione di scavare oro, argento, rame ed altri minerali da essi scoperti nella podesteria di Castiglione… (PIPINO, 1984).
Potrebbe essere solo una coincidenza col ritrovamento dei glomeroli, ma non solo. 
I minerali citati sono tutti presenti a Monte Loreto e nelle altre circostanti aree minerarie. Inoltre, il trattamento metallurgico dell’oro richiedeva, generalmente, la presenza di uno stabilimento attrezzato con mulinetti del tipo di quelli piemontesi-ossolani. Ma soprattutto che il processo di amalgamazione richiedeva l’utilizzo di abbondante mercurio…. Da qui la coincidenza. Peccato non se ne abbiano le prove…

La coltivazione dell’oro del Tigullio

Il filone mineralizzato a oro, o quanto ne rimaneva, fu coltivato, ma limitatamente al recupero, e con­seguente vendita, del poco metallo prezioso disponibile.
Dalle statistiche minera­rie dell’epoca risulta che su 144.277 lire per il 1875 e 357.890 lire per il 1877 in valore di oro prodotto a livello nazionale, la mi­niera di Monte Loreto partecipò con una quota, rispettivamente, di 18.000 (circa il 12,5%) e 6.000 (circa il 7%) lire.
L’atti­vità non ebbe ulteriore seguito così ben presto ne è svanito anche il ricordo. Ne è rimasta traccia solo nelle opere di JERVIS e ISSEL, nelle statistiche minerarie ed in alcuni appassionati mineralogisti. Solo ad essi è pratica­mente dovuto il prosieguo dell’attività di ricerca dato il valore esclusiva­mente scientifico e col­lezionistico delle segna­lazioni successive.

Un’ipotesi un po’ azzardata…

Prendiamo in considerazione tre coincidenze:

  • la concessione rilasciata nel 1494 a Enrico di Erfordia e Giorgio Crose con Giannone di Varese per estrarre oro, argento e rame nella podesteria di Castiglione, ricordata da PIPINO (1984);
  • il riscontro delle tracce di vecchi lavori nella galleria Marsala dove fu riscoperta e coltivata la presenza d’oro nell’Ottocento;
  • i glomeruli di mercurio impuro.

Immaginiamo ora di essere nel XV secolo.
Due tedeschi scoprono il minerale a Monte Loreto, chiedono la concessione e poi iniziano i lavori. 
Si può anche supporre che questi minatori abbiano conosciuto il processo di amalgamazione in una delle numerose località minerarie delle regioni alpine e, perché no, lo abbiano applicato proprio a Casareggio (Figura 12). Non dimentichiamo che l’oro di Monte Loreto era commisto ad argento e rame. E che c’erano dei ruderi intorno al campicello nel quale sono stati rinvenuti i glomeruli di mercurio impuro.
Quindi, avrebbero costruito un opificio e… durante i lavori metallurgici si sarebbero disperse nel terreno alcune gocce di amalgama. Poi, per un motivo qualsiasi hanno smantellato l’opificio ed abbandonato l’attività della quale però sono rimaste le tracce di coltivazione nella galleria Marsala… 

Non lo sapremo mai, ma potrebbe essere l’epilogo di una storia venuta da lontano

Bibliografia

ISSEL, A. (1892). Liguria geologica e preistorica (Vol. I). Genova, A. Donath.
ISSEL, A. (1892). Liguria geologica e preistorica (Vol. II). Genova, Arnaldo Forni Editore (copia anastatica).
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