Amalgamazione e distillazione dell’oro in Valle Anzasca

Copertina – Il risultato finale di tutto il processo metallurgico è il “bottone d’oro puro” che rimane nel crogiolo.

L’amalgamazione e la distillazione in Valle Anzasca: documenti

Il processo metallurgico di amalgamazione e distillazione per recuperare l’oro dai giacimenti primari (quelli filoniani), ma anche secondari (quelli alluvionali), è molto antico.
Le descrizioni diffuse in letteratura sono numerose: alcune note (BIRINGUCCIO, 1559; AGRICOLA, 1563) ed altre meno note.

L’oro si combina similmente coi metalli e forma diverse leghe; coll’argento vivo fa una specie di pasta detta amalgama priva di duttilità e tenacità. Quindi il mercurio si adopera per estrarlo dalle miniere (i minerali, n.d.A.), in cui è contenuto. A tal fine si polverizza la miniera, quindi vi si mescola il mercurio che si amalgama coll’oro, il quale rimane fisso al foco, mentre il mercurio vi si volatizza. Il metodo perfetto per estrarne dalle miniere la massima quantità possibile coll’amalgamazione lo dobbiamo al Barone di Born (AA.VV., 1792, p. 13) .

I processi di amalgamazione e distillazione dell’oro, descritti sopra in maniera molto sintetica, sono costituiti da una sequenza precisa e definita di azioni.
Il ricordo di questi metodi è ancora vivo in Valle Anzasca. E questa storia che viene da lontano vuole ricordarli proponendo una doppia successione di fotografie originali. La documentazione fu scattata negli anni Ottanta del secolo scorso a Fornarelli di Macugnaga. Le fotografie e le varie fasi saranno illustrate da testi telegrafici sette-ottocenteschi (BUFFON, 1787; DE VOLPI, 1828; FANTONETTI, 1836; DUMAS, 1851; AA.VV., 1874). 
L’attore principale di questa rappresentazione è Angelo Jacchini a cui va il nostro ringraziamento ed il nostro ricordo.

L’oro della Valle Anzasca: i giacimenti filoniani

Su tutta la lunghezza della Valle Anzasca, da Cremnaga fino a piè di Mulera, la pirite aurifera è molto diffusa; a Venzone è associata alla blenda e alla galena. Trovasi spesso in vene; la sua ricchezza è varia, producendo da 35 fr. fino ameno di 2 fr. Al quintale. Deducendo da questi dati i limiti estremi della quantità d’oro contenutavi, si trova che la pirite contiene da 0,000494 sino a 0,000010 di oro. La lavorazione di queste miniere risale ad una remota antichità; e queste piriti sono sempre state l’oggetto di un lavoro più o meno attivo… (DUMAS, 1851, p. 344).

I giacimenti auriferi della Valle Anzasca sono di tipo filoniano. L’oro si trova disperso nella pirite e, soprattutto, nella calcopirite (Figura 1). Solo nella regione dei Cani la mineralizzazione principale è costituita da arsenopirite.
Le mineralizzazioni sono ospitate all’interno di filoni di quarzo che possono essere concordanti o meno con le rocce incassanti ed assumono andamenti fra loro sub-paralleli.
Le singole mineralizzazioni presentano forme molto variabili all’interno dei filoni di quarzo oltre che un’ampia variabilità di tenore. Ossia di contenuto in oro all’interno del minerale (articolo “L’oro della Valle Anzasca nel Seicento”).

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Schema dell’andamento dei filoni di quarzo e morfologia delle mineralizzazioni aurifere della Valle Anzasca (per maggiori informazioni articolo “L’oro della Valle Anzasca nel Seicento”). (Da DEL SOLDATO, 1986)

La preparazione del minerale

…Questo metallo misto di prima formazione è,  come abbiam detto, impegnato in una rocca quarzosa; alla quale stessi strettamente unito; cosicchè per liberarlo cominciare dal macinare la pietra...(BUFFON, 1787, p. 190).

Nella Valle Anzasca di metà Ottocento (DUMAS, 1851) “…le officine di amalgamazione sono in grandissimo numero sui diversi torrenti che scorrono nel paese. Queste officine sono d’ordinario piccoli fabbricati di legno, in ciascuno de’ quali trovansi quattro mulini d’amalgamazione. Trovansi nella valle più di duecento mulini.
Il minerale escito dalla miniera si assoggetta ad una frangitura (VIDEOe ad una cernita, prima di essere trasportato al mulino
…” (DUMAS, 1851, p. 344).

…D’ordinario il trasporto è fatto dalle donne (articolo “Donne e miniere in Val Graveglia”col mezzo di gerletti. In pianura il peso consueto è dai 50 ai 60 kilogrammi; in discesa vi sono donne che durano a caricarsene le spalle sino dai 120 ai 130 di essi kilogrammi (FANTONETTI, 1836, pag. 101).

“…Ogni fabbricato contiene un mulino a due macine per triturare il minerale.
Le due macine di triturazione sono orizzontali; quella superiore è mossa da una ruota idraulica. In questo mulino il minerale è ridotto in pezzi della grossezza di un piccolo pisello…” (VIDEO) (DUMAS, 1851, p. 344).

Sono i cosiddetti molinoni. Erano di dimensioni maggiori rispetto a quelli da amalgamazione e, nel tempo, sono stati modificati fino a somigliare a dei frantoi con le mole verticali. La parte inferiore di uno di questi molinoni, di epoca più recente, è ancora visibile a San Carlo, vicino alla chiesa, riutilizzata come fontana o lavatoio.

Ricostruzione schematica di uno dei grossi molini (molinoni) utilizzati ancora nell’Ottocento per la preparazione (macinazione primaria) del minerale aurifero anzaschino da utilizzare nei molinetti di amalgamazione (da DEL SOLDATO, 1989).

L’amalgamazione in Valle Anzasca

…lavarne la polvere per separarne le parti meno pesanti da quelle del metallo, e terminare quella separazione per mezzo del mercurio, che malgamandosi colle particole metalliche lascia da una parte il residuo della materia pietrosa… (BUFFON, 1787, p. 190).

…Il minerale in tal modo macinato viene introdotto poscia nei mulini di amalgamazione... (DUMAS, 1851, p. 344) azionati da una ruota idraulica orizzontale, mossa da acqua addotta da una canaletta di derivazione di un rio (Figura 2sn).

Gli apparecchi in uso per l’amalgamazione dei minerali auriferi variano pochissimo quanto alle loro disposizioni generali. Il più semplice e forse il più antico è quello che serve all’amalgamazione delle piriti aurifere di Pestarena, di Macugnaga e di Valle Anzasca sul versante orizzontale del Monte Rosa… (AA.VV., 1874, p. 414).
…Sono questi una botte di legno, cerchiata solidamente, al cui fondo trovasi una macina fissa, ed una macina superiore che gira, tagliata a segmento di cono (Figura 2 dx), che gira e penetra nella macina inferiore. La botte si innalza assai più che la parte occupata dalle marine, ciò che permette di introdurvi l’acqua occorrente (Figura 3) (VIDEO) (DUMAS, 1851, p. 344).

La frazione rocciosa, leggera, viene asportata dall’acqua e riversata in un primo recipiente (il grembiale del molone di FANTONETTI, 1836, pag. 102) e poi in un secondo al fine di recuperare, con ulteriori passaggi all’amalgamazione, quelle piccole presenze d’oro che potrebbero ancora esservi restate.

…S’introduce nel mulino d’amalgamazione una piccola quantità di minerale triturato, il quale vi subisce una nuova macinatura, mentre l’acqua, continuamente agitata dalle aste di ferro, che conducono la macina girevole ed attraversano il bagno, tiene in sospensione il minerale macinato, in modo che i più grossi pezzi tovansi sempre vicini alle macine. Il movimento non è molto rapido. Quando le prime parti sono ben triturate, se ne aggiungono di nuove, fino a che il mulino contenga 30 chilogrammi di materia (Figura 3). Vi s’introducono allora 0 chil.,25 di mercurio, e quando l’amalgamazione è compiuta, a giudizio degli operai, si estraggono le materie dopo aver fermato il movimento (Figura 4). É necessario di non far agire il mercurio troppo a lungo, altrimenti si aumenta la perdita di questo metallo, una parte del quale può passare allo stato di solfuro. Il trattamento totale di 30 chilogrammi dura d’ordinario 24 ore. Si fanno scorrer fuori i fanghi, si lava il residuo mercuriale (Figura 5sn), si fa passare e si ottiene un piccolo bottone di un giallo pallido, che è l’amalgama d’oro… (DUMAS, 1851, p. 345)
In realtà, in questa fase, l’amalgama è ancora liquida (Figura 5dx). Per renderla solida, pastosa, è necessario eseguire la cosiddetta “spremitura” in una pelle di camoscio (Figura 6).
La spremitura dell’amalgama non è che una operazione molto semplice, e si opera con un torchio di qualsiasi natura: quanto maggiore ne risulta la pressione, e tanto maggior vantaggio se ne ricava, dovendosi il rimanente del mercurio far partire col mezzo della distillazione che lo volatilizza… (DE VOLPI, 1828, p. 540).
Solo dopo la “spremitura” si potrà vedere realmente la “pallina”, solida e malleabile, di amalgama arricchita (Figura 7).
La quantità necessaria per procedere alla successiva “bruciatura” era ottenuta raccogliendo i risultati di diverse amalgamazioni (Figura 8).

La “bruciatura” dell’amalgama

…poi si toglie il mercurio dando a questa massa amalgamata un grado di calore bastante per volatilizzarlo, quindi non altro rimane che la porzione metallica composta d’oro... (BUFFON, 1787, p. 200)

Quando si è ottenuto una quantità sufficiente di questi piccoli bottoni (Figura 8), in modo da poterne ricavare una quantità d’oro del valore di 5000 fr., si fa una distillazione in una storta di ferro (Figura 9) il cui becco passa in un bacino pieno d’acqua (Figura 10), in cui il mercurio che si volatilizza va a condensarsi (Figura 11dx). Questa operazione viene d’ordinario eseguita dal proprietario della miniera.
La perdita totale del mercurio (Figura 12snè uguale al quarto della quantità adoperata, vale  a dire 0chil.,25 per ogni piccolo mulino d’amalgamazione… (DUMAS, 1851, p. 345).

Il “lambicco” viene raffreddato ed aperto. Al suo interno si trova una crosta che ha ben poco dell’aspetto dell’oro, ma che è ugualmente molto preziosa (Figura 13).

E così ne resta l’oro, evaporato il mercurio, simile a una renella in fondo, che, con borace, o nitro o sapon negro si fonde (BIRINGUCCIO, 1559).

La crosta viene accuratamente raccolta (Figura 13dx) e disposta su un crogiolo, in questo caso di pietra ollare. Il tutto è cosparso di fondente (borace) e disposto su una forgia (Figura 14).
Piano, piano il calore aumenta, il crogiolo diventa incandescente e la “crosta” comincia a fondere (Figura 15)… E al termine, man mano che il crogiolo raffredda, appare un grossa “goccia” (Figura 16): … il “bottone d’oro puro”!! (Figura 17)

Un ricordo particolare ed un grazie va ad Angelo Jacchini che molti anni fa mi aveva consentito di riprendere tutto il processo di “bruciatura” dell’amalgama. Aveva allestito appositamente una dimostrazione per documentare il processo dal punto di vista scientifico.
Per curiosità aggiungo che l’analisi roentenografica eseguita sul “bottone” d’oro ottenuto, ne aveva confermato l’assoluta purezza.

Galleria 1: l’amalgamazione

Galleria 2: la “bruciatura” dell’amalgama

Tre brevissimi filmati del 1995 (A. Zanni)

Tre brevissimi filmati del 1995 girati da Alessandro ZANNI che illustrano, nell’ordine, la frantumazione primaria eseguita a mano, la macinazione secondaria eseguita in un molinone a ruota idraulica ed l’amaolgamazione eseguita in un molinetto piemontese a ruota idraulica orizzontale

La macinazione secondaria eseguita in un molinone a ruota idraulica

L’amalgamazione eseguita in un molinetto a ruota idraulica orizzontale.

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