Copertina – Joseph Mallord William TURNER. Sabbie di Lancaster (da artslife.com). Immaginazione di un artista tormentato o rappresentazione reale degli effetti collaterali del Tambora?
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Proemio
Questa storia che viene da lontano comincia nell’arcipelago indonesiano della Sonda, in una delle sue 13.000 isole, quella di Sumbawa. Qui, un tempo, c’era una montagna di circa 4300 metri, sulla quale si sarebbe avventurato un eremita. Ma da quella montagna non avrebbe fatto più ritorno e, da questo, il nome del monte: Tambora, cioè Scomparso.
Fin qui la leggenda.
Quel monte, che oggi si eleva per soli 2850 metri, è in realtà un vulcano, soprattutto un vulcano anomalo. È di tipologia simile a quelli a scudo (come quelli Hawaiiani), esplosivo, con lave da probabile fusione di basalti molto profondi e posto lungo un margine attivo di zolla. È comunque analogo ai suoi vicini Muriah, Sangenges, Soromundi, Sangeang Api, Watukubu e Batu Tara (PIOMBINO, 2015). Ciò che appare visibile oggi è quanto rimane del Tambora, uno dei 147 vulcani, dei quali 67 attivi, che si dispiegano lungo i 3000 Km dell’arco della Sonda (Figura 1).
Si tratta di una delle aree attualmente più attive del globo, dal punto di vista tettonico. E tale attività è rappresentata dallo scivolamento della crosta oceanica (Oceano Indiano) che subduce alla placca asiatica (Figura 2 da PARO e MORELLI, 2011).
Quella del Tambora è stata una quiescenza durata un migliaio di anni e… poi il risveglio (TODESCO, COMASTRI, BIANCHI e CIUCCARELLI, 2015-2016), timido e sopito del 1812. Quell’anno …cominciò a rombare e a emettere piccole nubi di cenere, segno evidente che il magma stava cominciando a salire in superficie… (OPPENHEIMER, 2016, p. 10).
Quella del Tambora non è stata l’unica catastrofe
L’eruzione del Tambora sembra riproporre, seppure a scala minore, molto più antichi cataclismi.
Il più noto ed analogo per tipologia e conseguenze è quello che, nel Cretaceo, avrebbe condotto all’estinzione diretta o indiretta dei dinosauri (Figura 3) e di numerose altre specie animali e vegetali. In vero, questa non è l’unica teoria dell’estinzione. Altri studiosi hanno ipotizzato che siano state le conseguenze dell’impatto di un enorme meteorite sulla Terra.
In seguito, circa 74.000 anni BP quando dall’Homo sapiens si sviluppavano differenti etnie per giungere fino all’Homo neanderthalensis, un altro vulcano filippino avrebbe prodotto un’eruzione di proporzioni tali da indurre profonde modifiche ambientali. All’epoca fu il vulcano Toba ad eruttare e, soprattutto, a liberare una nube almeno 35 volte più grande (Figura 4). In realtà gli effetti di questo evento sugli esseri umani non sono ancora stati chiariti (BOISSONEAULT, 2020). L’ipotesi più accreditata sarebbe quella di un diffuso oscuramento e ostacolo ai raggi solari, quindi di una prolungata stagione invernale. Una forte …crisi di sussistenza del mondo occidentale… (OPPENHEIMER, 2016), per altro simile a quella raccontata in questa storia che viene da lontano.
La cenere vulcanica
La cenere vulcanica è finissima, a volte impalpabile, e …non pare così pericolosa. Eppure sa essere devastante. Quando è sospesa in aria può bloccare il traffico aereo, riduce la visibilità, causa problemi respiratori anche gravi a persone e animali. Quando si deposita, il suo peso può causare il collasso dei tetti delle case, rende inutilizzabili le strade e danneggia seriamente l’agricoltura, l’allevamento e le infrastrutture… (TODESCO, COMASTRI, BIANCHI e CIUCCARELLI, 2015-2016). Poi ci sono i flussi piroclastici. Si tratta di una miscela di ceneri e gas vulcanici ad altissima temperatura.
Fenomeni devastanti e forse all’origine dell’estinzione dei dinosauri (Figura 3), ma certamente di quanto accaduto a Pompei ed Ercolano nel 79 d.C. (Figura 5, Figura 6, Figura 7 e Figura 8).
Quindi, una storia che si ripete…
Aprile 1815: non salve di artiglieria, ma l’inizio di un dramma globale
Mercoledì 5 aprile 1815, è sera.
A Giava si avvertono alcune esplosioni, le prime, ma sono percepite come colpi di artiglieria. Tant’è che le autorità locali attivano un distaccamento militare per perlustrare una postazione ritenuta sotto attacco. Contestualmente sono previste perlustrazioni navali.
Alle 19:00 della …sera del 10 aprile (…) l’eruzione entra nella fase più violenta… (Le esplosioni sono avvertite fino a 2000 chilometri di distanza). La colonna eruttiva questa volta arriva ad un’altezza di 43 km, e il vulcano erutta ininterrottamente per tre giorni consecutivi. Si stima che il volume del materiale eruttivo emesso superi i 40 km3 (…) Nella notte tra il 10 e l’11 aprile la colonna eruttiva non è più sostenuta e collassa, rovesciandosi sui fianchi del vulcano. Si formano così i flussi piroclastici: nubi di ceneri e gas, caldissime e veloci. Quando raggiungono il mare, sollevano onde di maremoto che distruggono le abitazioni… (TODESCO, COMASTRI, BIANCHI e CIUCCARELLI, 2015-2016). Si origina anche una tromba d’aria che distrugge alcuni villaggi.
Quindi il fenomeno si attenua, ma molto lentamente.
L’eruzione prosegue fino alla fine del mese di luglio sprigionando …nubi e gas velenosi, grandi flussi piroclastici e onde di tsunami… (CARIDI, 2016; OPPENHEIMER, 2016, p. pagg. 26 e segg.). Si formarono anche …alcune zattere di pomice (che) misuravano quasi 5 km e, ancora tre anni dopo l’eruzione, intralciavano la navigazione tra Moyo e Sanggar… (OPPENHEIMER, 2016, p. 20). Il vulcano …continuò a rombare in modo intermittente almeno fino all’agosto 1819… (OPPENHEIMER, 2016, p. 21)
Testimoni attuali sono i depositi di ignimbriti e la caldera del Tambora che raggiunge il diametro di circa 6 km e la profondità di circa 1 km (Figura 9). Sul fondo si è formato un piccolo lago e sono attive diverse fumarole. …Si stima che prima dell’esplosione del 1815 il vulcano fosse alto circa 4300 m… (TODESCO, COMASTRI, BIANCHI e CIUCCARELLI, 2015-2016). Ma questo, e le circa 60.000 vittime, non sono il solo risultato della catastrofica eruzione del 1815.
I risentimenti sugli effetti climatici indotti ed i gravi danni furono estesi. I territori …nel raggio di 600 km rimasero nella più profonda oscurità per uno o due giorni, durante i quali la temperatura dell’aria si abbassò drasticamente… (OPPENHEIMER, 2016, p. 16). Ma negli anni successivi giungeranno fino all’Europa ed all’America settentrionale (CARIDI, 2016),
Il motivo, o il meccanismo, consiste nel fatto che i gas e le ceneri …proiettati ad alta quota restano intrappolati nella stratosfera (Figura 10), e si espandono causando anomalie climatiche su tutto il pianeta. Sono soprattutto i composti dello zolfo a causare l’aumento delle precipitazioni e la diminuzione della temperatura media della Terra… (TODESCO, COMASTRI, BIANCHI e CIUCCARELLI, 2015-2016)

Figura 8 – Napoli, 1822, l’eruzione del Vesuvio nel 1822. Stampa adel 1896 (da ebay)
Conseguenze globali dell’eruzione del Tambora
…Il rilascio nell’atmosfera di cenere causò una carestia pesantissima in Indonesia, mentre la presenza di acido cloridrico (OPPENHEIMER, 2016, p. 26) nelle nubi alterò la natura delle piogge che divennero estremamente acide e colpirono i raccolti di tutto il mondo boreale, dall’Europa al Nord America, dalla Russia alla Cina, con avvelenamento e distruzione dei campi, seguiti da miseria e povertà, che resero necessaria la migrazione dove il suolo non era stato ancora compromesso. Infatti, la mancanza di cibo convinse molte persone a migrare nella più promettente America…(ZANIBONI, 2023).
Studi recenti hanno valutato l’emissione di 100 Tg (teragrammi) di cloro, sotto forma di HCl, e 70 Tg di fluoro, sotto forma di HF (OPPENHEIMER, 2016, p. 26). A questi si deve aggiungere lo zolfo immesso nell’atmosfera.
Secondo metodiche differenti, sulla base di campionature eseguite nel ghiaccio polare, lo zolfo liberato nell’atmosfera è stato valutato in 60 Tg, cioè sei volte la quantità immessa dall’eruzione del Pinantubo del 1991 (OPPENHEIMER, 2016, p. 22).
E poi la vasta e spessa nube che costituiva un filtro ai raggi del sole con conseguenti semi-oscurità, coltri di nebbie, abbassamento della temperatura, piogge (anche acide), neve, gelate, caduta e deposito di ceneri (OPPENHEIMER, 2016, p. 22 e segg.).
Ne scaturirono diffuse carestie, epidemie e forti incrementi dei prezzi delle poche derrate alimentari superstiti. A Ginevra il costo della vita aumentò del 220%, a Rorschach, vicino San Gallo, del 600%. A Brescia, il frumento raddoppiò il prezzo tra 1814 e 1816, ricominciando a scendere solo dal successivo maggio-giugno 1817 (COSTANTINI, 2009).
Effetti collaterali: di bocca in bocca, fra realtà e leggenda
Alcuni storici dell’arte hanno visto nelle atmosfere dipinte da William TURNER (Figura 11, Copertina, Figura 12, Figura 13 e Figura 14), e da altri romantici, un effetto ed un riscontro degli sconvolgimenti climatici contemporanei indotti dall’eruzione del Tambora. …L’eruzione non ha modificato solo le temperature. Già nell’estate del 1815 l’aerosol di gas e ceneri regala ai londinesi tramonti e crepuscoli spettacolari, dai colori accesi. Queste tonalità insolite possono aver ispirato pittori come J. M. W. TURNER (1775-1851) … e C. D. FRIEDRICH (1774-1840; Figura 16, Figura 17, Figura 18 e Figura 19)… (TODESCO, COMASTRI, BIANCHI e CIUCCARELLI, 2015-2016).
…A subire gli effetti del triste anno senza estate sono anche scrittori e poeti. L’atmosfera cupa di quei mesi strani risuona nei versi di George BYRON, che scrive Darkness [Oscurità] nel 1816, e nell’incipit di Frankenstein, il romanzo di Mary SHELLEY pubblicato poco dopo (1818)… (TODESCO, COMASTRI, BIANCHI e CIUCCARELLI, 2015-2016).
Quindi, sarebbe stata proprio la crisi meteorologica di quegli anni a spingere il gruppo di intellettuali composto, fra gli altri, da Lord BYRON, Mary SHELLEY (Figura 20), suo marito Percy (Figura 21) e John William POLIDORI (medico personale di BYRON; Figura 22), ad una singolare competizione. Nella Villa Diodati di Ginevra (Figura 23) si impegnarono a scrivere, ognuno per proprio conto, uno spaventoso romanzo dell’orrore. Nacquero così il Frankenstein di Mary SHELLEY, La Sepoltura di Lord BYRON e Il Vampiro di John POLIDORI, nonché un indirizzo a nuovi orientamenti letterari (ZANIBONI, 2023).
La buona notizia di tutta la storia fu l’incremento della ricerca scientifica, sia per comprendere il fenomeno che, soprattutto, con la creazione di nuovi centri dedicati agli studi agrari, dai quali si svilupparono alcune università europee, soprattutto nel mondo svizzero e tedesco (COSTANTINI, 2009).
…Perfino l’invenzione del velocipede ha a che fare con l’eruzione del Tambora: le carestie diffuse causano una straordinaria moria di cavalli, il principale mezzo di trasporto. La necessità di trovare un veicolo alternativo ispira Karl DRAIS (1785-1851) che nel 1817 inventa questo cosiddetto “cavallo da passeggio”. Per l’invenzione della bicicletta bisogna aspettare fino al 1860… (TODESCO, COMASTRI, BIANCHI e CIUCCARELLI, 2015-2016). Ma quest’ultima ha più l’aria di una coincidenza o una leggenda metropolitana… Per onore di cronaca, il brevetto DRAIS è del 1818 ed è in quello stesso 1818 che Nicéphore NIÉPCE realizzò l’antenata della bicicletta senza pedali, della quale costruì lui stesso una copia (Figura 24).
Un problema imprevedibile per gli strateghi di Napoleone a Waterloo
Marzo 1815, NAPOLEONE BONAPARTE evade dall’isola d’Elba (Figura 25) e si dirige a Parigi per riprendere il potere (Figura 26). La reazione europea, un po’ affrettata, fu la Settima Alleanza stretta fra Regno Unito (108 mila uomini al comando del duca di WELLINGTON), Russia, Prussia (120 mila uomini al comando del maresciallo BRUCHER), Austria, Svezia, Paesi Bassi, Regno di Sardegna, Spagna, Portogallo e alcuni dei 38 Stati della nascente Confederazione Tedesca. Gli Inglesi, al comando del duca di WELLINGTON (Figura 27), convergono in Belgio verso i prussiani ed i balga-olandesi, in attesa di Russi, Austriaci. Lo stesso fa NAPOLEONE con i suoi 125-126 mila soldati, dei quali qualche migliaio erano Marie-Luise, i (cosiddetti) nuovi, giovani, imberbi, coscritti, impreparati e male equipaggiati (REDAZIONALE, Battaglia di Waterloo. 18 giugno 1815, 2009).
Secondo (MAZZARELLA, 2009) … Nell’esercito di NAPOLEONE, una funzione fondamentale era svolta dalla cavalleria leggera, capace di spostarsi velocemente sul campo di battaglia (…) e dall’artiglieria pesante con i cannoni che sparavano con un angolo basso in modo che le palle di ferro rimbalzassero più volte sul terreno asciutto ed aumentassero il loro effetto distruttivo… (MAZZARELLA, 2009). A ciò deve aggiungersi il coraggio e l’entusiasmo che NAPOLEONE sapeva infondere alle truppe.
Ma prima della battaglia, …le violente piogge cadute nella zona hanno lasciato il suolo molle e l’aria calda e pesante. Gli uomini sono bagnati fino alle ossa, sporchi di fango, affamati, infreddoliti dopo una nottata trascorsa accanto agli incerti fuochi. Il campo che li aspetta non è una «piana desolata», come scriverà Victor HUGO (Figura 28) nei Miserabili: intorno a circoscritte aree boscose si estendono a perdita d’occhio campi di grano, che già raggiunge il metro di altezza, fra i quali serpeggiano sentieri ricoperti di erbacce… (BRÉGEON, 2021). Le condizioni climatiche e quelle del campo di battaglia non erano ideali. Il terreno era appesantito dalle piogge incessanti e, probabilmente, il fango era mischiato alle ceneri cadute nei mesi recedenti. Non è e non potrà esserci una prova certa della responsabilità dell’eruzione del Tambora sull’esito della battaglia, seppure coerente all’accenno nei Miserabili, ma in apparente contrasto con i campi di grano indicati da (BRÉGEON, 2021). In ogni caso il terreno pesante e la nebbia ostacolarono i movimenti e la velocità della cavalleria napoleonica.
La battaglia (Figura 29) ha esiti vagheggianti. Fino al primo pomeriggio gli entusiasti e baldanzosi francesi sembrano avere la meglio (Figura 30), ma verso sera la situazione precipita e pure i Granatieri della Guardia Reale non reggono l’urto nemico (Figura 31).
Fra i tanti cataclismi del Tambora, la Lomellina
Nel febbraio del 1816 (Figura 32 e Figura 33), il Comune di Pavia viene messo a capo del primo distretto costituito a seguito della compartimentazione territoriale del Regno Lombarto-Veneto (Figura 34). Un inizio non proprio sotto i migliori auspici.
Il clima è dettato dalla coda della piccola glaciazione iniziata nel Trecento (MAZZARELLA, 2020; COSTANTINI, 2009), ma aggravata dal divagare nell’atmosfera delle polveri del Tambora. Anche in Europa l’inverno 1815-1816 è stato lungo, freddo e piovoso, seguito da un altrettanto fredda e umida estate. Le temperature sono scese di 2,3-4,6 °C rispetto a quelle medie stagionali e l’insolazione è stata inferiore del 20-23% (COSTANTINI, 2009). Il 1816 è ricordato, ed è stato, lo year without a summer (l’anno senza estate). I raccolti di uva, olive, cereali e patate sono stati decimati per alcuni anni. Soprattutto è mancato il pane, spesso prodotto addizionando altri macinati a quelli soliti. Sono state macellate, necessariamente, grandi quantità di animali, almeno di quelli che non morivano di stenti come moltissimi cavalli, per la carenza di foraggi. Seguirono le inondazioni innescate dallo scioglimento delle abbondantissime nevicate.
Fame, sfinimento, malattie, epidemie di tifo (Glasgow, Irlanda) e colera (India), emigrazione. Una situazione che aggravò la precarietà del post guerre napoleoniche.
Le cronache ricordano un evento strano e singolare anche nella Lomellina del 1816. La cultura materiale ricorda ancora il freddo del giugno 1816, il cielo oscurato, la forte pioggia improvvisa e le stufe riaccese. Poi coltivazioni (riso, mais, ortaggi, ecc.) andate perdute. Infine, a luglio nevicò, ma non fu neve normale, ma neve rossa (Figura 35).
La carestia non tardò ad arrivare e fra la popolazione decine di morti.
Via Ercolano Marini, 84011 Amalfi provincia di Salerno, Italia
Toba Samosir, Sumatra Settentrionale, Indonesia
Note di aggiornamento
2025.06.07
Mentre va online questo articolo di ArcheominoSapiens esce l’ennesimo pezzo che profetizza una catastrofe vulcanica globale imminente, con conseguente ulteriore cambiamento climatico.
I realtà riprende solo dei déjà vu (ad esempio come quelli conseguenti all’eruzione del Tambora) enfatizzandoli e promettendo un dove e quando, ma senza ovviamente darne indicazione…
Cita anche li Campi Flegrei, un fenomeno sicuramente rilevante e pericoloso, ma dimenticando com’è scientificamente attenzionato e tenuto costantemente sotto controllo da una struttura scientifica di avanguardia com’è l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
Bibliografia
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FAGGIANI, G. (2020, maggio 22). Il passato parla al presente: 1816 l’anno senza estate. Tratto il giorno maggio 21, 2025 da www.it.linkedin.com: https://it.linkedin.com/pulse/il-passato-parla-al-presente-1816-lanno-senza-estate-giulia-faggiani
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