Archivio Autore: Marco Del Soldato

Croxetti o “corzetti stampae”, arte e cucina di Varese Ligure

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Un’arte ed una pietanza provenienti dal medioevo di Varese Ligure, dove che sono rimaste profondamente radicate nella cultura materiale locale.
Ci sono tracce di queste “lasagnette” tonde anche nel Basso Piemonte e nel Ponente Ligure. Ma a Varese Ligure hanno radici differenti. E vanno ricercate più nella cultura materiale che nella storia scritta e documentale. Una tradizione ancora viva nelle sapienti mani di un paio di artiste e di altrettanti cuochi.

I D’ADDA nelle miniere della Valle Anzasca seicentesca

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La successione di Giovanni Borromeo innescò diversi problemi per la divisione dei feudi fra gli eredi. Si complico’ anche la situazione amministrativa privilegiando ed incrementando le attività clandestine. queste furono ulterioremente favorite dalla crescente richiesta di minerali preziosi, connessa alla diffusa penuria di disponibilità instauratasi sui mercati italiani a partire dalla fine del XVI secolo.
Tuttavia bisogna lasciar decorrere almeno un secolo (fino al 1642) per trovare nuovi riscontri storici sulle attività minerarie anzaschine.
Entro’ quindi di scena la famiglia D’ADDA che, con l’esperienza maturata nelle miniere della Valsesia e con l’autorizzazione di Milano, entro’ di prepotenza sulle potenzialità della Valle Anzasca.

Quindicesimo secolo: ai BORROMEO il diritto di regalia sui minerali

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Col 13 dicembre 1463 cambiano le regole dello sfruttamento minerario della Valle Anzasca (e non solo). Quel giorno Giovanni BORROMEO riceve da Francesco SFORZA, a titolo di regalia, il diritto di eseguire o far eseguire ricerche e coltivazioni minerarie (per oro, argento, ferro e qualunque altro minerale) nell’ambito dei territori novariensis. Una benevolenza ducale che traeva certo origine dai preziosi servigi (prevalentemente di tipo finanziario) che da più decenni i BORROMEO hanno operato ai VISCONTI e, in particolare, a Francesco SFORZA. loro successore.

Facino Cane, residui di legno e strumenti di ferro. Storia e leggenda

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Miniere antiche. Certamente molto antiche. Pochi dati storici, sporadici e controversi. Molti indizi.
Ne è nata una grande leggenda. Le prime miniere aperte dai Celti? O dai Romani… Resti di legno combusto. Antichi strumenti di ferro consunti. Gallerie anguste, ma non è il respiro della montagna… E poi Facino Cane che si arricchisce e batte moneta…
È bello pensarlo. Ma la realtà è stata più dura.

Il contenzioso BORROMEO-D’ADDA del 1647 – Appendice Documenti

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In seguito ai risultati positivi delle ricerche minerarie di Giovanni D’ADDA in Valle Anzasca si aprì un contenzioso con i BORROMEO sul diritto di “cavar mettalli”.
Infatti ambedue le famiglie avevano ricevuto tale “diritto”. I D’ADDA nel 1639 da Diego Felipez de Guzman marchese di Leganes, Governatore e Capitano dello Stato di Milano ed i secondi già dal 1481 da Joannes Galeazi Maria Sfortia Vicecomites Mediolani.
Qui si possono trovare, sulla questione, le trascrizioni dei documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Milano.

Ermenegildo PINI e le miniere del Col Badile

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Il barnabita Ermenegildo PINI, matematico, architetto, teologo e naturalista. Studioso illuminato fra Settecento e Ottocento. Mineralogista e creatore di musei di storia naturale. In questo ambito ha coadiuvato anche Lazzaro SPALLANZANI a Pavia e Mantova. Per la storia delle miniere è stato soprattutto un ispettore delle miniere della Repubblica italiana dopo l’ingresso dei Francesi a Milano. Lascia un patrimonio di pubblicazioni e documenti presso l’Archivio Stato di Milano.

Una miniera sul Monte Carcoforo (Valsesia). Concessione dell’11 dicembre 1683

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Questo è il testo integrale della concessione rilasciata l’11 dicembre 1683 ai fratelli Antonio e Carlo BERTOLINI dal Magistrato Ordinario dello Stato di Milano. La concessione è conseguente alla scoperta di una miniera sul Monte Carcoforo, in Valsesia …ritrovandosi questa alla cima de Monti Alpestri… Il documento originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Milano (Commercio p.a., cart. 206)

L’oro della Bessa e dei Cani

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L’ultimo articolo per introdurre la storia delle miniere d’oro della Valle Anzasca.
Parliamo delle miniere d’oro più importanti ed antiche. Parliamo della Bessa dove hanno estratto oro dal deposito morenico sia i Salassi, prima, che i Romani, poi.
Una ricchezza e un metodo di coltivazione originale che dopo i Romani hanno utilizzato anche i gol figger americani.

Oro fra Balcani e Magreb

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L’ultimo articolo sulla storia dell’oro e le leggende nate intorno al metallo.
Un breve viaggio lungo le coste del Mediterraneo, e non solo, alla ricerca di altre storie e leggende. Dalle ragazze che raccoglievano le pagliuzze con le piume di uccello al Vello d’oro, Giasone e gli Argonauti.
Ma anche gioielli ostrogoti, arabi e fenici.

L’oro di Roma

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La storia dell’oro di Roma. Dalle spedizioni in Transilvania e Spagna, all’ sfruttamento della grande ed anomala miniera della Bessa sottratta agli Ictimuli.
Storie di sfruttamento umano e, talvolta, ambientale. Ma anche storia di gioielleria. Da quelli raffinati di influenza frega ed etrusca, a quelli pacchiani della fine dell’impero.

Le arruge di Spagna dalla Naturalis Historiae

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Le auge sono le miniere d’oro spagnole. Una dettagliata descrizione dei cantieri e del sistema di abbattimento del minerale si trova nella Naturalis Historiae di Plinio il Vecchio. È interessante la traduzione-interpretazione del MICHELETTI, ex ingegnere del Corpo delle Miniere di Torino.

Oro: baratto, simbolo, moneta, bene-rifugio, oggetto d’arte

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In questa parte della storia delle miniere di Valle Anzasca l’oro sarà descritto dal punto di vista naturalistico.
Quindi sarà affrontata l’evoluzione del significato del metallo. Da oggetto di scambio e baratto a merce di scambio, da moneta a bene-rifugio, fino a soggetto d’arte per orafi e artigiani in ogni civiltà.
In tutta questa storia hanno giocato un ruolo fondamentale le caratteristiche naturali del metallo. Le caratteristiche chimiche, fisiche, minerali, cristallografiche. E, soprattutto la sua inalterabilità!
E poi la diffusa presenza nei giacimenti primari (all’interno delle rocce incassanti) e secondari (nelle alluvioni fluviali, lacustri e nell’acqua di mare.

Nicolis Di ROBILANT: relazione sull’oro alluvionale del “Piemonte”

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Questo articolo verte sul testo della relazione sull’oro dei territori di terraferma del Regno Sabaudo (Regno di Sardegna), redatta dalll’ing. Benedetto Spirito Nicolis di Robilant nel 1786.
Il documento è conservato presso l’Accademia delle Scienze di Torino (Manoscritto n. 032). Successivamente l’Autore eseguì alcune modifiche e correzioni per procedere alla pubblicazione negli Atti dell’Accademia.
Il testo della Relazione che viene riportato in questa sede è uno dei manoscritti donati dalla figlia Irene all’Accademia.
La relazione qui pubblicata a supporto ad altri articoli che compaiono su www.archeominosapiens.it.

L’oro dei faraoni

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L’oro dell’Egitto. Una storia che viene da lontano.
L’oro identificava Râ in terra, il Sole da cui tutto proviene, e questa filiazione dava legittimità al faraone ed a tutta la sua progenie. Egli era l’unico possessore dell’oro e delle miniere aurifere, lui solo lo distribuiva agli artigiani ed agli artisti e lui solo poteva commerciarlo e goderne i proventi o barattarlo con oggetti di lusso e/o armi a titolo di scambio di doni fra monarchi.
Tutto l’universo dell’oro girava intorno a Râ, il Sole, il faraone.

Impiego dei lapidei nella Pieve di San Venerio in Antoniano (Migliarina, La Spezia)

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Un lavoro del 1984-85 pubblicato come resoconto nel 1987. un’analisi di tipo geologico-petrologico eseguita sulla muratura di un paramento della Pieve di San Venerio in Antoniano.
Ma soprattutto il ricordo di una delle prime esperienze in questo campo. In quel caso fu condotta con il collega Stefano PINTUS, nell’ambito degli scavi diretti da Eliana Maria VECCHI.

Medioevo e primi minatori in Valle Anzasca

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La storia delle miniere d’oro di Macugnaga inizia dal medioevo. Ma forse anche da epoca più antica, come testimonierebbe la campanella romana trovata nei pressi delle miniere dei Cani.
Ma cominciamo dal medioevo e dai documenti presenti negli archivi per raccontare la storia dell’oro della Valle Anzasca.
Saranno diversi articoli fra loro legati dal fil rouge dell’oro…

Le miniere di rame e il giacimento cuprifero di Le Cascine – Semovigo

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Il complesso minerario Semovigo – Le Cascine è costituito da diversi scavi di assaggio e di coltivazione, sia a cielo aperto che in galleria. I lavori sono distribuiti entro un’area compresa fra l’abitato di Semovigo, il Passo della Camilla e le Cinque Vie-Madonna della Corona, in Val Graveglia (entroterra del Tigullio).
Il riscontro dei lavori più antichi è documentato dal Jervis che negli anni Settanta dell’Ottocento raccolse alcuni campioni di calcopirite in una delle discariche lasciate da una società inglese circa venti anni prima.
Questa storia che viene da lontano prende spunto dalle dispendiose ricerche minerarie eseguite intorno al 1977 dalla Società canadese COMINCO e da alcune originalità che caratterizzano il complesso minerario (foto A. Valli).

Oro, storia di una leggenda

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Comincia, con questo primo articolo, una serie di scritti sulla storia naturale ed estrattiva dell’oro. Servirà per introdurre la storia delle miniere d’oro della Valle Anzasca, peraltro già accennata in un paio di articoli già presenti sul sito.
Questo primo articolo tratterà a volo d’uccello le origini dell’utilizzo dell’oro.
L’attrazione per un metallo lucente e inalterabile divenuta oggetto di desiderio. Da oggetto di desiderio a status simbol il passo è stato breve.
Una materia facile da lavorare e di facile metallurgia. Duratura nel tempo con caratteristiche invariabili. Talvolta di facile reperibilità negli ambienti più disparati. Una storia antica. Una storia che continuerà ne futuro.

Libyan Desert Silica Glass: il vetro di Tutankhamon

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In copertina: uno dei campioni di Libyan Desert Silica Glass studiati. Proemio Quest’anno, e precisamente nello scorso mese di novembre, si è celebrato il centenario della scoperta della tomba del faraone Tutankhamon (Figura 8).Nell’occasione, la rivista Archeologia Viva (n. 216, novembre 2022), ha ripercorso le fasi precedenti e finali della scoperta, corredando l’articolo con numerose […]

Archeologia in Vallese (CH): le nuove recenti scoperte

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L’archeologia svizzera, e soprattutto quella del Cantone Vallese, si è arricchita di nuove scoperte. In quest’ottica è stata fondamentale l’assistenza ai recenti ed importanti interventi edilizi assistenza eseguita dall’Ufficio Archeologico Cantonale.
Le notizie sono state diffuse dalla stampa anche se i siti ed i reperti sono ancora in gran parte in corso di studio. Ma sulla base di quanto pubblicato è possibile una prima panoramica.

Contrada Pestella, al limite delle paludi romane e medievali di Sestri Levante

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Un ampio scavo di sbancamento ha fornito l’occasione ricostruire l’evoluzione di una valle affluente del torrente Petronio di Sestri Levante.
Da un’indagine archeologica sono emerse strutture e pochi materiali, ma utili a consentire una datazione di massima del fenomeno. Il risultato saliente è stata la conferma del limite dell’espansione della locale area paludosa di bordatura dell’ingestione marina di epoca romana e medievale.

Storie di Donne e Donne dei mestieri perduti

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Riprendiamo ancora una volta il lavoro delle donne nelle miniere e cave della Liguria Orientale. Ma questa volta per dare un nome ad alcuni dei volti delle vecchie fotografie. Con l’occasione sono ricordate altre donne le cui capacità sono state volutamente ed anche violentemente represse. Ma senza riuscirci. Oppure la cui fantasia è diventata professione, anche da lasciare in eredità. Storie che vengono da lontano. Storie comunque grandi.

Alabastro e Grotta Grande di Pignone

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L’alabastro, o meglio le concrezioni che si formano dall’attività carsica, sono state da sempre oggetto di ricerca, estrazione ed utilizzo un po’ ovunque. Anche nelle grotte più note e famose non mancano, spesso, camere di asportazione delle concrezioni che, ridotte in lastre abbastanza sottili da essere traslucide, erano destinate ad utilizzo ornamentale.
A questa “logica” non è sfuggita la Grotta Grande di Pignone (SP). Qui, già dal XVII secolo erano state notate e attenzionate, a scopo estrattivo e ornamentale, le sue concrezioni. Ma è dall’Ottocento e fino al 1955 che si hanno notizie certe della loro estrazione e commercializzazione.
Certo una risorsa per il paese di Pignone, soprattutto nel Dopoguerra, ma l’alienazione di un patrimonio naturale la cui rigenerazione potrà attendersi solo in tempi geologici.

L’oro dei monaci della Val d’Aveto

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Simo intorno all’anno Mille. Da Pavia giungono sette monaci in cerca di un posto nel quale fondare la loro chiesa ed il loro convento. Arrivano in Val d’Aveto, nella piccola piana di Villa Cella. È la loro destinazione. Costruiscono la chiesa ed il convento. Poi una frana ostruisce la valle dell’aceto in un punto molto stretto. Si forma un invaso che mina il transito dal mare alla Val Padana di pellegrini e merci. Intervengono i monaci ed in poche anni eliminano il problema. Un intervento dispendioso. Erano così ricchi questi monaci? Dove hanno trovato i soldi per intervenire?
Un piccolo giallo dei tanti che ammantano il Medioevo. Ma qui. a Villa Cella ne resta traccia…

Paesaggi minerari. L’attività mineraria vista dalle donne. Il caso della Liguria Orientale

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L’industria mineraria ha avuto un impatto profondo sui territori, sulle architetture, sui paesaggi, sulle società e sugl’immaginari degli ormaie x-distretti minerari. La realtà mineraria ha portato a una tendenziale dicotomia: il “maschile”impegnato nel sottosuolo, il“femminile” ai servizi all’esterno delle miniere.
Gli spazi delle miniere sono diventati luoghi discambio culturale e di richiamo turistico. In più parti sono nate Istituzioni Museali che fungono da contenitore di un passato ancora presente nella realtà oramai ex-estrattiva.
Il convegno propone una riflessione sulla trasmissione della memoria mineraria in tutte le forme culturali (dalla presentazione del Convegno)

Una ricchezza della Spezia: l’acqua

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Una ricchezza della Spezia è l’acqua. Acqua dolce, minerale. Acqua ipogea. Acqua carsica.
È da Cassana e Pignone che comincia l’importante area carsica spezzina che termina al Tinetto. E l’area carsica è raccolta e veicolo d’acqua. Dopo essersi raccolta ed aver percorso i condotti carsici, dopo aver dato vita al fenomeno del Polje di …, l’acqua arriva alla Spezia. Origina sorgenti e scaturigini, ma soprattutto da vita alle sprugole. Un altro fenomeno e spettacolo naturale che l’uomo ha saputo comprimere e costringere. Ma il risultato finale è solo sopito perché ogni tanto si ribella e ricorda che è ancora vitale.

Lagorara: 5000 anni fa una cava di diaspro

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La valle Lagorara si trova in comune di Maissana, nell’entroterra fra il Tigullio e lo spezzino. È una valle profonda, misteriosa e suggestiva. È dominata dai monti Porcile, Verruga e Scogliera. Dal punto di vista ambientale è dominata della altissime pareti a strapiombo di uno dei più vasti affioramenti di diaspri. I Diaspri di Monte Alpe della letteratura geologica.
Ma in valle Lagorara si trova la più antica, longeva (per durata di attività) e ampia cava di diaspro e radiolarite conosciuta. In Liguria Orientale non si trova l’ossidiana ed è rara la selce, rocce adatte alla preparazione dei più antichi utensili usati dall’uomo. Ma in Valle Lagorara ci sono diaspri, selci a radiolari e radiolariti. Sono rocce molto particolari ed essenzialmente silicee. Questa loro caratteristica è stata riscontrata e sfruttata anche dall’uomo che, cinquemila anni fa, ha scoperto l’affioramento di Valle Lagorara ed aperto la cava. E nel frangente ha perfezionato le tecniche estrattive e di scheggiatura. Basti pensare che gran parte dei mazzuoli per l’estrazione del diaspro sono di eclogite, una roccia la cui presenza più prossima è nel ponente ligure.

Un’anguilla in Cattedrale

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È purtroppo ricorrente che si allaghi l’area archeologica presente sotto il pavimento della Cattedrale di Brugnato (SP). È stato molto originale che in una di quelle occasioni si sia trovata a nuotare nell’area archeologica un’anguilla. Era l’ottobre del 1998. Aveva piovuto abbondantemente e con insistenza. Le infiltrazioni alla base dell’abside medievale erano perdurate. Anche la falda si era innalzata. Ma addirittura che fosse arrivata con le infiltrazioni un’anguilla viva e vegeta era apparso straordinario!

Caverne ossifere e Ursus spelaeus

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La Grotta dell’Orso di Cassana (Borghetto Vara) è la caverna ossifera che ha dato il primo ritrovamento in Italia. È il 1824 quando sono raccolti i primi resti fossili di un Ursus spelaeus. In precedenza ci sono rare notizie di ritrovamenti entro grotte. La prima descrizione scritta è della metà del settecento, pubblicata postuma, e si riferisce ai ritrovamenti di resti animali, soprattutto marini, fatti in Germania.

Luni: i litotipi usati nel pavimento ad opus sectile della domus B

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La campagna di scavo condotta a Luni nel 2021 dal Laboratorio di Topografia Antica e Archeologia Subacquea (dell’Università di Pisa) ha portato alla luce un grande pavimento a opus sentile. Particolarmente interessante è il grande tappeto centrale a cubi assonometrici ad effetto tridimensionale. Il pavimento caratterizzava il triclinio della domus B, inserita nel quartiere più prossimo al mare.