Convegno: l’Isola del Tino, risultati da nuove campagne di scavo. Giornata di Studi (30 settembre 2023)

copertina

Copertina – L’Isola del TIno. Il ritiro di Venerio sul modello dell’eretismo insulare toscano, ligure e provenzale, sull’isolotto inospitale e desertico. Immagine da web rielaborata.

La Giornata di Studi

Sabato 30 settembre si è svolta presso l’auditorium del CAMeC della Spezia, la Giornata di Studi: l’Isola del Tino. Risultati da nuove campagne di scavi.
È stata l’occasione per conoscer le scoperte conseguenti agli scavi finanziati dal MiBACT e diretti dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia, diretti dalla dottoressa Aurora CAGNANA. Si è parlato, quindi, anche delle conseguenti indagini archeologiche e geologiche. Ma soprattutto è stato fatto il punto sulla storia dell’insediamento monastico.
L’Isola del Tino. Isola di luce e di mistero.
Misteri risolti con la nuova scienza e tecnologia (alcuni), ma misteri ancora irrisolti.

Dogmi, ascetismo, credenze, superstizioni. Religiosità. Non tutto è spiegabile con la scienza e la ricerca. Certo, molto si può dimostrare, ma resta ancora qualcosa di solamente credibile…, che si può solo ipotizzare, ricercare…
Qui di seguito, a volo d’uccello, le conclusioni della Giornata di Studi.
Non sono mancate le difficoltà per scindere gli interventi edilizi posteriori, talvolta posticci (anche se mossi da intenti protettivi) accavallatisi gli uni sugli altri, come ha ricordato molto dettagliatamente Simone CALDANO nel suo intervento del pomeriggio.

Alcune situazioni definite, particolari, ancora ipotizzate e da indagare, restano per ora solo testimonianze di fede.
Tutto quanto enunciato e discusso rimarrà nella storia con la pubblicazione degli Atti della Giornata di Studio sul prossimo numero del Giornale Storico della Lunigiana, rivista della Sezione Lunense dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, diretto da Eliana Maria VECCHI.

Gli scavi (Aurora CAGNANA, Leonardo DE VANNA, Luca PARODI)

Gli scavi archeologici del 2021 e del 2022, nonché le analisi e gli studi successivi sono stati diretti da Aurora CAGNANA. Oggi ne verranno divulgati i risultati preliminari.
Gli scavi sono stati previsti a monte ed a valle dei resti architettonici più antichi (quelli a destra in Figura 1).  A valle ed a monte di quello che era creduto (CIMASCHI, TRINCI, FRONDONI) l’originario abside della chiesa fatta edificare dal Vescovo Lucio nel VI-VII secolo sul luogo di ritrovamento del corpo di San Venerio. Ma anche nell’area adiacente ed in quella a valle della chiesa romanica e del chiostro medievale. Gli archeologi si sono trovati ad operare su coltri limitate e depositi stratigrafici poco conservati a causa del dissesto superficiale, ma anche dell’incuria, dei restauri discutibili e del disinteresse che ha pervaso a lungo l’area.
Si ricorda, ad esempio, che il TRINCI cercò di proteggere il romanico ancora parzialmente superstite al tempo ed alla guerra (Figura 2), ma l’asportazione di terreno con mezzi invasivi (la ruspa) ed i tentativi di salvaguardia (realizzazione di muri al piede dei monumenti, Figura 3) risultano ad oggi causa di perdita di stratigrafie e di informazioni.
Poi gli interventi del CIMASCHI, mirati più a cercare di dimostrare la presenza di tracce romane (seppure ancora oggi riemerse e presenti, Figura 4 e Figura 5), ma senza riconoscerne la colluvialità. Aveva trovato frammenti ceramici romani davanti alla doppia cisterna (Figura 6) ed anche quella aveva riferito allo stesso periodo. Ma non aveva considerato che potesse essere materiale colluviato e che la costruzione fosse medievale. Anche questa protetta con un intervento, come altri dell’epoca, invasivo.
Oggi è stato possibile confermare la presenza di reperti (frammenti di laterizi e ceramica) romani, ma sono sicuramente definiti deposti in giacitura secondaria (Figura 5). Il possibile insediamento romano, analogo ai numerosi coevi spezzini descritti nella relazione di MENCHELLI, MARINI e SANGRISO, dovrà essere ricercato più a monte, in zona certo geologicamente più sicura.

…ed i risultati (Aurora CAGNANA, Leonardo DE VANNA, Luca PARODI)

Oggi si dispone di tecnologie molto avanzate per eseguire datazioni anche sulle murature. Si fa ricorso al radiocarbonio, il C14. 
In particolare è possibile datare il momento nel quale la calce utilizzata durante la costruzione di una struttura muraria fa presa. Evidentemente è anche il momento esatto della costruzione del muro. Ebbene, con questo metodo è stato possibile datare lo spezzone di muro più antico al 1030±20 anni. È il muro ritenuto, in letteratura, uno degli absidi della chiesa originaria (1 di Figura 7), un tempo ascritta al VI-VII secolo, anche se la sua muratura regolare poteva già essere considerata più recente (Figura 8).
Le nuove interpretazioni lo indicano più semplicemente come un muro ad andamento curvilineo, di spessore molto irregolare (Figura 9), che prosegue verso monte in maniera rettilinea. All’interno della costruzione, di cui il muro arcuato era la parte esterna, si trova una pavimentazione a grandi lastre calcaree che, procedendo verso il perimetro interno, diventano di dimensioni e spessore inferiori.
È proprio in questo punto che si manifesta una situazione del tutto particolare e che è stata all’origine dell’abbandono dell’edificio nonché della sua successiva ricostruzione più a monte.

Immagine citata nel testo

Figura 10 – La locandina della Giornata di Studio L’Isola del Tino: risultati da nuove campagne di scavi. CAMeC La Spezia, 30 settembre 2023 – Carlo Raggi

La romanità ed i reperti romani (Simonetta MENCHELLI, Silvia MARINI, Paolo SANGRISO)

Il paesaggio romano della Lunigiana si va delineando con sempre maggiore precisione, col progredire degli scavi e degli studi.
Dall’ager Lunensis alle centuriazioni, alla città splendente di Luna, centro direzionale e show-room di II e III secolo della florida e ricercata industria del Marmo Lunense-Apuano. Qui c’erano gli spazi ed un ambiente protetto dal mare, dalle dune, dalle barre costiere.
Altrove la presenza romana si è diffusa con le ville: Bocca di Magra ed il suo probabile porto (di cui resta a testimone lo scoglio dell’Angelo, Figura 11, Figura 12 e Figura 13). E poi Carbognano di Lerici, il fundus di Trebiano, La Villa del Muggiano di epoca Imperiale con i pavimenti a mosaico e, probabilmente, le terme. Ed ancora, la necropoli romana dei Limone (Figura 14 e Figura 15), originale senza il relativo abitato, la Villa sotto San Venerio in Antoniano, il ponte di Biassa, i ritrovamenti derivati dallo scavo dell’arsenale con reperti greci e romani, Marola col famoso sarcofago in Pietra del Finale, La famosissima Villa del Varignano Vecchio (Figura 16 e Figura 17) con gli impianti per la produzione dell’olio e, recentissima conferma, la Villa del Fezzano con le sue terme (Figura 18). 
Si devono poi ricordare i relitti presenti le Golfo (in senso lato), quello di Portovenere, quello di Lerici, quello a largo del Corvo e quello a largo del Tino.
La presenza romana al Tino, della quale sono stati citati i rinvenimenti di maiolica e laterizi in frammenti, è testimoniata in giacitura secondaria per cui il possibile insediamento va ricercato in area geologicamente più sicura… Ma questi frammenti ceramici sono comunque importanti per produzione, uso e provenienza molto ampia: dalla Tunisia, dall’area pisana, dalla Spagna meridionale, dalla Gallia… Molti materiali analoghi a quelli di Luni. E fra questi ultimi il famoso capitello con il leoncino ed i racemi (Figura 33) che l’analisi patrologia su un frammento (Figura 34) ha determinato essere in marmo Lunense-Apuano (DEL SOLDATO)

Il deserto e l’acqua: un’incognita (Eleonora TORRE)

Sul Tino si sa che non c’è acqua. Quanto meno non c’è oggi una sorgente o una risorgiva perenne dalla quale attingere acqua.
Sappiamo anche che, dal medioevo, il fabbisogno idrico era assicurato da tre cisterne (Figura 6 e punto 5 di Figura 7), ad una delle quali attingeva anche il pozzo del chiostro (punto 4 di Figura 7 e Figura 28). Poi l’insediamento agricolo fisso con una famiglia di coloni. E questi erano talmente poveri che, pare, neppure i pirati abbiano voluto/potuto chiedere un riscatto per la loro incolumità.
Secondo la leggenda, lo stesso …Venerio si sarebbe ritirato sul Tino perché, sul modello dell’eretismo insulare toscano, ligure e provenzale, era un isolotto inospitale e desertico
In realtà l’inospitale e desertico non deve essere inteso alla lettera. Il deserto aveva significato di ricerca della solitudine, di allontanamento dagli uomini, di richiamo ascetico, al là del vivere in un deserto vero e proprio. Si rifaceva concettualmente al modello del primo anacoretismo nel deserto numico-sinaitico del Mar Rosso. Quindi un allontanamento dal mondo, alla ricerca della spiritualità.
Eleonora TORRE ha ricordato due attestazioni documentarie: la Carta di Navigare di Gerolamo AZURRI (XVII secolo) e gli Acta Sanctorum 09 Septembris Tomus 04 1753 (trascrizione di un documento precedente). In ambedue gli scritti viene ricordata una sorgente copiosa (e miracolosa, più fideistica che reale) che sgorgava presso la chiesa antica. 
Alla presenza idrica costante e continua, idonea al richiamato rifornimento dei naviganti e delle Caracche che potevano transitare fra Tino e Palmaria, si può obbiettare l’assenza di un serbatoio naturale non riconosciuto almeno fino ad oggi sull’isola (Figura 32). Gli indizi della diffusione dei terrazzamenti agricoli (concentrati sull’ampia coltre detritica che si estende fra l’imbarcadero e la caserma della Marina), dello pseudo-carsismo (Figura 21) e dell’intensa fatturazione delle litologie presenti (Figura 22), portano a ipotizzare che occasionalmente possano essersi manifestatati episodi di risorgiva conseguenti a particolari momenti di prolungata crisi meteorologica. Fenomeni concomitanti all’avvento della piccola glaciazione compresa fra la metà del Quattrocento e la metà del Settecento (Figura 29). E, per altro ne sarebbero un’implicita conferma i documenti ricordati.

Un interessante documento (Eliana Maria VECCHI)

La fondazione e l’insediamento del Tino risalgono al VI-VII secolo. Inizialmente sotto il patrocinio dei Marchesi OBERTENGHI, la proprietà è passata a Signori di VEZZANO. Il richiamo della fama del Santo si è materializzata con la destinazione di donazioni che hanno perfino travalicato i confini giungendo alla Corsica.
In seguito l’isola ha cambiato ancora proprietà. Dai DA PASSANO è arrivata ai Marchesi GIUSTINIANI ed alla Famiglia CELLE, dopo una lunga causa. Iinfine nel 1864, è stata espropriata e trasferita alla Marina Militare, come presidio strategico.
L’ultimo atto di passaggio è dettagliato nella Perizia di stima n. 157, 1864, giugno 20 – l’isola del Tino, particolare del sito del monastero (collezione privata) che ha offerto diversi spunti di riflessione.
Innanzitutto la diffusione dei terrazzamenti coltivati (Figura 30) prossimi e circostanti all’impianto monumentale ed alla casa colonica. Il restante territorio era lasciato a bosco. Ma se ne riscontra anche l’attenzione alla stabilità generale dell’area. I terrazzi sono, infatti, adagiati in concordanza con l’andamento morfologico ed allineati a contrastare il richiamo indotto dal possibile scivolamento verso mare (Figura 31).
Di certo interesse è anche la conferma della presenza di alcune coltivazioni lapidee: dalla cava di pietre, cava di servizio all’edilizia, sulla punta orientale dell’isola, a quelle di portoro (a occidente) che un paio di anni prima erano ben sette, con cantieri in sotterraneo.

È emerso un quadro generale ed innovativo della complessa, emozionale ed articolata storia dell’Isola del Tino.

Fezzano, Porto Venere, provincia della Spezia, Italia

Via Varignano Vecchio, 19025 Porto Venere provincia della Spezia, Italia

Via San Venerio, 19135 La Spezia provincia della Spezia, Italia

Maggiano, La Spezia, provincia della Spezia, Italia

Trebiano, Arcola, provincia della Spezia 19021, Italia

Bocca di Magra, Ameglia, provincia della Spezia, Italia

Luni Mare, Luni, provincia della Spezia, Italia

Isola del Tino, Portovenere, Porto Venere, provincia della Spezia 19025, Italia

Leggi sullo stesso argomento:

La Vita di San Venerio nella tradizione medievale e moderna

Il patrimonio di San Venerio del Tino in Corsica: le chiese perdute

L’isola del Tino, l’isola di San Venerio: fragilità geologica ed archeologica

Impiego dei lapidei nella Pieve di San Venerio in Antoniano (Migliarina, La Spezia)

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