Copertina – Frammento di coccio pesto con orlo decorato a “ditate”, proveniente dallo strato di impianto antropico F2 della necropoli di Chiavari (attribuzione: Bronzo Finale).
Le saline antiche e le Saline di Chiavari
…Resta ancora a far parola delle Saline, di cui pensano molti variamente, nè più di esse è conosciuta la situazione, perciocchè alcuni le additano nelle case che in lunga fila si estesero dopo il 1815 presso il lido di Bacezza, e già formano un cospicuo sobborgo; altri ne’ piani, che più si accostano alla pineta, sotto cui vi ha uno scoglio detto dal sale, perchè spesso se ne trova cosparso.
Noi veramente riferiamo le Saline ai dintorni dello scoglio del palazzo Solari presso Gersuolo (toponimo che DEGLI ESPOSTI, 1991, interpreta come località Gerzola, Figura 1), e ne è l’origine antichissima. Di un muro che sostenevalo da ponente vedevansi ancor le traccie nel 1820. Le acque del mare che estendevansi colà, trovarono ad unirsi cogli stagni del torrente, e somministravano il sale agli abitanti.
Fan di ciò prova le case che vi esistono più antiche delle indicate dette sempre dalle Saline, e in modo speciale l’attestato degli atti pubblici.
Giovanni Pietro Gervara nel suo cartolario 39, 1453, dice in un d’essi «Extra burgum Clavari in Salinis prope littus maris apud scopulum Rovinalis»; in altro «Extra burgum Clavari in pertinentiis Rovinalis prope Molendinum hœredum q. Georgi de Vaccariis loco ubi dicitur le Sarine» (Figura 1).
Nel 1100 le Saline eran già abbandonate a cagione dell’aria cattiva… (GARIBALDI, 1834).
Tutte queste indicazioni sembrano confermare la presenza di una località Saline nella posizione ipotizzata per il possibile insediamento produttivo antico (Figura 1). Più vago è il riferimento all’abbandono della zona a causa dell’aria cattiva. La principale causa che si può ipotizzare è quella di un depauperamento delle condizioni della palude o degli acquitrini retrodunali. Tale ipotesi è formulata in via generale e su limitati riscontri derivanti dalle emergenze geologiche (ad esempio il potente strato argilloso di Figura 25) ed archeologiche.
Le saline antiche e l’ambiente naturale
Gli studi sulla granulometria e la natura petrografica dei sedimenti relativi alla stratigrafia della necropoli di Chiavari si sono succeduti nel tempo (TERRANOVA, 1963; AMORETTI e MAZZOLI, 1975-76). Così pure le indagini geotecniche ed archeologiche che hanno consentito di ipotizzare l’ambiente naturale precedente, contemporaneo (Figura 2 di Borgolungo e l’ambiente: la fondazione di Chiavari ed il primo Medioevo e Figura 2) e successivo all’impianto del monumento funebre. Sappiamo quindi della presenza di un’ampia pianura costiera costituita da alternanze di dune a protezione di aree paludose e sartumose, percorsa dalla foce deltizia del torrente Rupinaro (Figura 1 di Borgolungo e l’ambiente: la fondazione di Chiavari ed il primo Medioevo).
In questo ambiente era quindi possibile il ciclico e ripetitivo ingresso di acque salmastre che rilasciavano depositi sottili e croste di sale. Si trattava delle acque sospinte dalle mareggiate, ma anche di quelle del cuneo salino che risaliva in concomitanza delle condizioni di mare mosso (Figura 25). Questo è confermato dall’inquinamento che subivano in quelle situazioni i pozzi molto vicini alla battigia, come quello delle serre presenti dove oggi sorge la palestra di corso Buenos Ajres.
Da qui l’ipotesi della raccolta, uso e magari commercio del prezioso alimento. Un’immagine suggestiva è quella dell’uso dei grandi vasi in ceramica grezza (Figura 3 e Figura 4) che una volta rotti o comunque dismessi venivano ridotti in frantumi (Copertina) e reimpiegati nella costruzione dello strato F2 di cocciopesto (Figura 5).
Il cocciopesto ed i grandi vasi
Come noto, l’impianto sepolcrale di Chiavari è stato fondato entro due strati, definiti in letteratura, strato F e strato G (Figura 5).
Il primo, in particolare, è costituito da migliaia di frammenti di ceramica arcaica (Copertina), differente però da quella delle urne cineraria (LAMBOGLIA, 1960). Lo studio dello strato F è stato particolarmente approfondito da Beatrice D’AMBROSIO (1988) che lo inquadra fra Bronzo Recente e Finale e ne fornisce una distribuzione areale all’interno della necropoli (Figura 6).
I frammenti sono stati interpretati come provenienti dalla frantumazione di grandi vasi (LAMBOGLIA, 1959-1969) (LAMBOGLIA, 1973) (D’AMBROSIO, 1987) come quelli ricostruiti ed esposti nel Museo Archeologico di Chiavari (Figura 4). In fase di revisione critica e reinterpretazione dei frammenti, è stata suggerita la possibilità che fossero destinati …ad attività di sfruttamento delle risorse del mare, e tra queste la produzione di sale … dall’acqua di mare mediante la bollitura nelle olle… (BARBARO, CAMPANA, e CHELLA, 2012-2013), riconosciute assieme a … fornelli fittili (Figura 7), alcuni di grandi dimensioni, sia a piastra rialzata, sia a piastra piana, coperchi, olle ad orlo rientrante (calderoni) da ricondurre anche esse al complesso dell’Età del Bronzo, come confermato dal riscontro della loro presenza anche tra i materiali dello strato F… (BARBARO, CAMPANA, & CHELLA, 2012-2013). Sono ceramiche molto tipiche per tale uso e riscontrate in grandi quantità anche in altri contesti coevi (DE FRAIA, 2010).
Lo strato G sottostante era sabbia pura, bluastra, testimone un un’area litorale. Qui la presenza di frammenti di cocciopesto analoghi a quelli presenti nello strato superiore, ne attesta la precedente frequentazione (LAMBOGLIA, 1973) e la possibile destinazione ad approdo (D’AMBROSIO, 1987; D’AMBROSIO e MAGGI 1987; MAGGI, 1998; BARBARO, CAMPANA, e CHELLA, 2012-2013).
Analisi dei frammenti di cocciopesto
La possibilità di riconoscere tracce di sale ottenuto per briquetage sulla ceramica è molto recondita ed affidata ad analisi sperimentali molto raffinate. Si tratta della ricerca degli ioni cloro all’interno delle pareti dei contenitori, dell’individuazione di alte percentuali di idrossidi di cloro e cloruri idrati sulle superfici interne dei manufatti, o sull’analisi del colore dei frammenti ed analisi archeometriche (DE MARCO, 2013-2014). Nel febbraio 2018 sono state comunque eseguite una serie di osservazioni su un gruppo di frammenti di cocciopesto conservati presso il Museo Archeologico di Chiavari. L’analisi è stata operata su campioni non lavati e, pertanto, suscettibili di conservare residui dei materiali e delle infiorescenze afferenti l’originaria giacitura.
Un primo gruppo di campioni proveniva dalla Tomba 90. Questa è una sepoltura anomala, con le ossa, ed alcuni frammenti bronzei, direttamente a contatto col cocciopesto, senza alcuna protezione. …Infine immediatamente sottostante allo strato F di cocciopesto, circondati da sabbia purissima di colore bluastro, vengono alla luce frammenti di un grande vaso di cocciopesto (Figura 4), anzi forse di 2 vasi (in realtà tre vasi), in parte sovrapposti e schiacciati… (LAMBOGLIA, 1959-1969).
L’analisi patrologia è stata eseguita sul frammento di grande vaso in terra di gabbro rappresentato in Figura 8. All’esame macroscopico evidenzia una patina chiara biancastra, discontinua prodotta dalla cottura del manufatto (MANFREDI prs.com.). Su questa sono ancora presenti occasionali grumi del terreno inglobante (Figura 9), cioè dello strato “F”, che al microscopio oculare costituiscono una sabbia da finissima a fine, ad elementi da fortemente arrotondati (in massima parte) ad ancora sub-spigolosi (nettamente in sottordine). La sabbia è costituita da microgranuli di quarzo latteo poco elaborati, microciottoli scuri ofiolitici (lherzolite?, peridotite?), microscaglie riflettenti, verdognole di pirosseni e microgranuli grigi da calcari differenti. Infine sono presenti rare tracce polverulente di manganese e rarissimi microfossili (Figura 10).
Figura 1 – Ipotesi paleoambientale dell’area fociva del torrente Rupinaro (Chiavari) all’epoca della Necropoli. Legenda: Blu, corso terminale e delta focicvo del torrente Rupinaro; grigio, aree costiere dunali, paludose e sartumose; azzurro, mare; quadrettato rosso, area della Necropoli; pallini rossi, possibile localizzazione delle saline. I toponimi sono ricavati da GARIBALDI (1834), DEGLI ESPOSTI (1991) e da VINZONI ((Archivio di Stato di Genova, [6]: “Commissariato della Sanità di Chiavari” sec.XVIII prima metà). Elaborazione mediante software QGis; base raster CTR 231080 a scala 1:10.000
Indizi della cultura materiale
Il ricordo di ambienti acquitrinosi è rievocato dalle cronache e dalle tradizioni locali. Ad esempio, durante la peste del 1525, …una parte della popolazione si ridusse per le ville: l’altra parte si ricoverò sotto capanne in sulla riva del mare, nel luogo detto le Saline… (CASALIS, 1837). Chissà se la salinità del luogo non evocava ancestrali esorcismi contro l’infezione dilagante.
C’erano poi i terreni detti Mandracchi nei quali i benestanti chiavatesi erano usi andare a caccia di anatre. Erano sostanzialmente dei canneti ciclicamente alluvionati dalle piene del Rupinaro. Pare si estendessero fra le attuali piazza Milano e via Prandina. Una porzione prospiciente il mare fu bonificata in epoca autarchica e, nel 1930, ciò permise l’edificazione del quartiere detto Marina Giulia.
Il citato scoglio della Gerzola è il rilievo che domina via Fiume e corso Genova. Questa parte della pianura, fino all’inizio della strada Aurelia (località Paxo) era una delle più frequentemente alluvionate. DEGLI ESPOSTI (1991) ricorda che…conservò per alcuni secoli carattere di un vero e proprio stagno, come è stato constatato nella costruzione di pozzi ed edifici durante i quali è stato trovato uno strato di fango nero e resistente il cui livello pare che corrispondesse a quello medio del mare…. Da queste situazioni la probabile origine dell’aria cattiva e del toponimo Rovinalis.
Infine, …nel 1910 il giardiniere Devoto, facendo degli scavi nella sua proprietà (…) rinvenne le tracce dei due condotti disposti parallelamente al torrente verso la foce… (DEGLI ESPOSTI, 1991). Tali scavi furono interpretati all’epoca come gli adduttori dell’acqua marina per la produzione di sale ricordata nella tradizione orale.
Purtroppo il rione ancora oggi chiamato Saline è stato intensamente edificato negli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso e non si può escludere che l’assenza di notizie su possibili locali ritrovamenti archeologici sia da mettere in relazione anche alla temuta sospensione dei lavori come accadde a seguito della scoperta e dello scavo della necropoli.
I magazzini dell’Ufficio del Sale
Il sale è sempre stato una risorsa geologica antica ed importante.
La risorsa geologica sale era quella ricavata dal mare, ma anche quella coltivata nelle miniere. Quest’ultima è prevalentemente salgemma, ma anche sale ricavato con vari procedimenti dalle sorgenti salate.
Il sale si deposita naturalmente dall’evaporazione dell’acqua marina, in particolari ambienti protetti quali le lagune (Figura 11), ma anche con processo artigianale (Figura 12 e Figura 13).
Il sale ha rappresentato da sempre una ricca merce di scambio. In realtà non era per il costo relativamente basso del minerale, ma per la necessità di possederlo in grandi quantità. Il suo potere era quello di consentire la conservazione dei cibi deperibili (carne, grasso e pesce), la produzione dei formaggi, il trattamento dei vegetali (olive), ma anche l’aggiunta negli impasti ceramici per maggiorare la capacità termoisolante dei contenitori o l’uso nei forni per mantenere più costante la temperatura, oppure per la concia delle pelli e la tintura dei tessuti (DI FRAIA, 2010).
Il BÜSCHING (1777 e 1780) ricorda che …Il Genovesato ha sì ricca provvisione di sale, che ne può somministrare ad altri paesi.…, ma si riferiva certamente a sale proveniente da scambi commerciali. Il sale era, infatti, uno dei prodotti di punta delle transazioni finanziarie a Genova. Se ne occupava uno specifico Ufficio del sale dal Quattrocento. Era indipendente dal Banco di San Giorgio che non deteneva il monopolio sul bene. Per tale commercio esistevano nel porto di Genova dei magazzini dell’Ufficio del sale che già dal 1604 necessitavano di essere ampliati (Figura 14). Alcuni si localizzavano a ridosso del carcere di Malapaga, cosiddetto perché destinato ad ospitare chi commetteva reati contro il patrimonio.
Nel 1614, di questi, fu predisposto un …Progetto di ampliamento dei magazzini dell’Ufficio del Sale contiguo al carcere della Malapaga (1614 giu. 16)… (Figura 15). Fra le …Piante et alzati delli magazzini e case che possiede l’Illustrissimo Officio delle compere di San Georgio della Serenissima Repubblica di Genova, cavato da D. Leonardo De Ferrari Genovese l’anno 1660″ (1660 dic. 20)…, come il precedente conservate presso l’Archivio di Stato di Genova, emerge che due magazzini del sale erano …posti al Pon.e de Chiavari... Figura 16 e Figura 17). Tali magazzini, misurati, avevano capacità, rispettivamente, di 6692 e 5387 mine di sale e …vengono ad avere di tutta altura…, un fronte di 19.3 palmi.
Pur senza eseguire collegamenti pindarici fra le possibili saline antiche di Chiavari e la denominazione del ponte, pontile o molo del sale nel porto di Genova, la coincidenza appare comunque curiosa.
Le Saline nella cartografia
Un manoscritto di Matteo VINZONI (Figura 18, particolare) di preparazione per l’atlante del Commissariato della Sanità (Archivio di Stato di Genova, [6]: “Commissariato della Sanità di Chiavari” sec.XVIII prima metà) localizza, fra le altre, le Guardie delle Saline e della Liggia precisando, per quest’ultima, che era stata soppressa. Premesso che il toponimo Liggia o Lizza indica scivolamento e/o frana, la Guardia si trovava in corrispondenza degli scogli del Gruppo del Sale (Figura 19 e Figura 19.1) e questo avvalorerebbe la pericolosità dell’area causata dell’interferenza fra la fratturazione degli strati di calcare marnoso, la loro giacitura a forte franapoggio (Figura 20 e Figura 21) e la continua azione meccanica del moto ondoso. Si potrebbe anche ipotizzare, con buona attendibilità, che questa propensione ai crolli di roccia sia stata sfruttata per il prelievo di materiale da costruzione, semilavorato, da impiegarsi a Chiavari. In una successiva versione della planimetria (A.S.G., 252: “Commissariato della Sanità di Chiavari”, 1795 giu. 30 – Figura 22, particolare), infatti, vicino alla Guardia delle Saline compare solo una Guardia degli Scogli.
Le cartografie napoleoniche sono notoriamente molto dettagliate dato il loro carattere catastale (Figura 23 particolare della Sezione delle Saline, A.S.G., 3/2: “Section B”, ca. 1809). Talvolta il dettaglio è spinto fino a definire la destinazione d’uso di ciascun mappale. La tavola 3/1: “Section B dite des Salines” (ca. 1805 – ca. 1813) , in particolare, attesta che la maggior parte delle particelle catastali del rione Saline sono Terre Sab. (terre sabbiose) e solo pochissime risultano Terre Planté (lotti agricoli) o vigne, oliveti, o giardini (Figura 24, particolare). Questi sono in genere i mappali più prossimi alla radice del versante, mentre quelli a ridosso o prospicienti la battigia sono definiti Terre s vaies cioè terre inutili.
Non è strano che le cartografie non riportino traccia degli opifici del sale poiché, all’epoca, …la Liguria malgrado un litorale di 150 miglia di estensione si ritrovi tuttavia senza saline, e sia perciò costretta di ricorrere all’estero per la provvista del sale. Il Direttorio Esecutivo sino dal 1798 sentì la necessità di riparare ad un tale inconveniente, e dimandò all’Istituto Nazionale quali sarebbero i luoghi più opportuni per stabilire delle saline nello stato. Ma le varie crisi a cui andò soggetta la Repubblica impedirono finora al Governo di poter mandare ad effetto gli utili stabilimenti proposti su quest’oggetto di prima necessità… (Gazzetta Nazionale della Liguria, 11 luglio 1801. La sfida fu raccolta da un tale Giuseppe Repetto che ottenne la concessione decennale per impostare delle saline sulla spiaggia di Marinella (SP) in sponda sinistra della foce del Magra. Ma l’impresa non dovette dare i frutti sperati.
Conclusioni
La possibilità che durante il Bronzo Recente e Finale fosse attiva a Chiavari la produzione di sale era suffragata, fino a poco tempo fa, dalla sola esistenza del toponimo riferito al rione cittadino delle Saline (D’AMBROSIO, 1988).
La cultura materiale e la letteratura di ambito locale hanno fornito nuovi indizi circa il ricordo di spessori di argilla nerastra a diretto contatto con la sabbia pura riscontrati durante lo scavo di fondazioni o pozzi. E cosippure la presenza di canali interrati, ma rettilinei e diretti perpendicolarmente alla costa (DEGLI ESPOSTI, 1991).
Oltre a questo, la ricostruzione dell’ambiente naturale emersa su base geologica e geomorfologica ha palesato la presenza di una fascia costiera sartumosa e paludosa retrodunale e quindi protetta, compatibile con la possibilità di frequentazione e di approdo.
Ma è stata soprattutto l’archeologia a riconoscere e ricostruire, dall’infinità di frammenti di cocciopesto, la serie di manufatti legati alla manifattura del sale ottenuto dalla bollitura dell’acqua marina (briquetage) ed alla sua conservazione in manufatti fittili destinati.
…Si tratterebbe del primo caso in Liguria, e fino ad ora di quello più settentrionale in ambito tirrenico, di insediamento specializzato volto alla lavorazione dei prodotti del mare…(BARBARO, CAMPANA, e CHELLA, 2015).
Di conseguenza, non si può escludere che nel contesto Ligure Orientale il sale, e soprattutto questo sale, …potesse essere acquisito dai pastori lungo la costa in cambio di materie prime, ad esempio rocce lavorabili (come il diaspro: Maggi 2004) o minerali cupriferi o metallo già ridotto, che essi potevano procurarsi nei loro percorsi dai pascoli di montagna… (DE FRAIA, 2010).
Note di aggiornamento
2022.02.24
Cristalli di sale ripresi al microscopio elettronico (ingrandimento tra 75 e 150 volte).
Viene aggiunta questa immagine ripresa dal web. Rappresenta una desiderata. La speranza che prossime indagini possano trovarle anche nei frammenti di cocciopesto provenienti dallo strato “F” della necropoli di Chiavari.
2022.08.21
Africa, Dancalia, Rift Valley Africana.
1. Carovane che trasportano il sale (immagine ripresa da National Geografic).
2022.10.03 – Un articolo interessante, pur non derivando da una rivista scientifica.
In ogni modo conferma tre punti salienti: 1. l’importanza strategica del sale, 2. la necessità di uno stratagemma per lasciarlo produrre da foresti e 3. il fatto che in Liguria, pur essendo tutta prospiciente il mare, non ci siano tracce storiche di produzione…
2022.10.28
Durante uno scavo archeologico nella cosiddetta Villa marittima di Lio Piccolo nella Laguna Nord di Venezia, emerge un antico magazzino per il sale.
Potrebbe essere diepoca romana, ma bisogna aspettare l’esito delle analisi per averne la certezza.
Notizia e immagine dal Gazzettino di Venezia del 28 ottobre 2022.
Bibliografia
AMORETTI, e MAZZOLI. (1975-76). Analisi minero-petrografica di sedimenti di Età storica della necropoli di Chiavari. Sottotesi di Laurea, Università degli Studi di Genova, Corso di Laurea in Scienze Geologiche, Genova.
BÜSCHING, F. (1777). Nuova Geografia (Edizione prima veneta). Tradotta da G. JAGEMANN, Venezia, Antonio Zatta.
BÜSCHING, F. (1780). La Italia geografico-storico-politica. Tomo Primo, Venezia, Antonio Zatta.
BARBARO, B., CAMPANA, N., e CHELLA, P. (2015). 38. I materiali dello strato F della necropoli di Chiavari: indizi dello sfruttamento delle risorse marine nel Bronzo Finale. In Liguria. Preistoria del cibo. 50ma Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Manipolare e Conservare. Roma, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria.
BARBARO, B., CAMPANA, N., e CHELLA, P. (2015). Necropoli di Chiavari: i materiali “fuori tomba”. Riv. Archeologia in Liguria V – 2012-2013, V, 313-315.
BERTOLOTTI, D. (1834). Viaggio nella Liguria Marittima. Tomo Terzo, Torino, Eredi Botta.
CAMPANA, N., GERVASINI, L., e ROSSI, S. (s.d.). Val di Vara: elementi per lo studio storico archelogico, dalla preistoria alla romanizzazione. In Storia e territorio della Val di Vara (p. 32-107).
D’AMBROSIO, B. (1988). Lo strato F della Necropoli di Chiavari. Testimonianze di un sito costiero dell’età del bronzo finale. Rivista di Studi Liguri, a. LIII, nn. 1-4, gennaio-dicembre 1987, Bordighera., 5-76.
D’AMBROSIO, B., e MAGGI, R. (1987). Chiavari. Riv. Archeologia in Liguria III, 1, 45-50.
DE MARCO, C. (2013-2014). Ipotesi interpretative dell’industria ceramica di Torre Mozza (Livorno) nell’ambito dei siti costieri medio-tirrenici dell’età del Bronzo in base ad analisi archeometriche. Università degli studi di Firenze, Firenze, University press.
DEGLI ESPOSTI, R. (1991). Chiavari. Vicende del territorio, delle istituzioni e degli abitanti. Chiavari. Rotary Club Rapallo-Tigullio.
DELL’ORO, G. (2019). Sale e cibo in area padana: trasporto, costi, consumo e uso. In M. CAVALLERA, S. A. CONCA MESSINA, & B. A. RAVIOLA (A cura di), Le vie del cibo. Italia settentrionale (secco. XVI-XX), pp. 65-82, Milano, Carocci Editore.
DEL SOLDATO, M. (1987). Evoluzione della pianura alluvionale del Torrente Rupinaro. In P. MELLI, & A. DEL LUCCHESE (a cura di) Archeologia in Liguria III.1 – Scavi e scoperte 1982-1986. Preistoria e Protostoria., 1 (III), p. 54-56.
DEL SOLDATO, M. (1988). L’evoluzione della piana alluvionale del Rupinaro in epoca protostorica e storica. In Giornata di studio in onore di Nino Lamboglia, 23 maggio 1987,6. Chiavari, Riv. Studi Genuensi – IISL.
DI FRAIA, T. (2010). Aggiornamenti e riflessioni sul problema del sale nella preistoria e nella protostoria. In N. NEGRONI CATACCHIO (a cura di), Preistoria e Protostoria in Etruria. L’alba dell’Etruria. Fenomeni di continuità e trasformazione nei secoli XII-VIII a.C.. Ricerche e scavi. PPE.Atti IX, p. 597-607, Milano, Centro Studi di Preistoria e Archeologia.
GARIBALDI, C. (1853). Della storia di Chiavari. Genova, Tipgrafia Como, Piazza San Matteo.
LAMBOGLIA, N. (1959-1966). Giornale di Scavo – Necropoli di Chiavari.
LAMBOGLIA, N. (1960). La necropoli ligure di Chiavari. Studio preliminare. In Rivista di Studi Liguri, XXVI, 91-220, Bordighera.
LAMBOGLIA, N. (1964). La seconda campagna di scavi nella necropoli di Chiavari (1962-1963). Rivista di Studi Liguri, XXX, 31-82, Bordighera..
LAMBOGLIA, N. (1968). La terza campagna di scavo nella necropoli di Chiavari (1966). In Rivista di Studi Liguri, XXXII, 251-286, Bordighera.
LAMBOGLIA, N. (1972). La quarta campagna di scavo nella necropoli ligure di Chiavari (1967-1968). In Rivista di Studi Liguri, XXXVIII, 103-136, Bordighera.
LEONARDI, G., e PALTINERI, S. (2012). La necropoli di Chiavari nel quadro della prima Età del Ferro in Liguria: relazioni culturali e forme di organizzazione sociale. Monografies, 14, 293-304.
MAGGI, R. (1998). Chiavari. In Dal diaspro al Bronzo. L’Età del Rame e l’Età del Bronzo in Liguria: 26 secoli di storia tra 3600 e 1000 anni avanti Cristo. p. 98, La Spezia.
MAGGI, R. (2004). L’eredità della Preistoria e la costruzione del paesaggio. In I Liguri. Un antico popolo europeo tra Alpi e Mediterraneo.Catalogo della mostra, 34-49, Milano.
PALTINERI, S. (2010). La necropoli di Chiavari. Scavi Lamboglia (1959-1969). Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri.
RAVIOLA, B. A. (2019). Il sale in transito. Note su una regione economica. In M. CAVALLERA, S. A. CONCA MESSINA, & B. A. RAVIOLA (A cura di), Le vie del cibo (secco. XVI-XX), p. 83-98). Milano, Carocci Editore.
TERRANOVA, R. (1963). Necropoli Preromana di Chiavari. Risultati delle analisi dei campioni dei vari strati. Relazione inedita, Università degli Studi di Genova, Istituto di Geologia, Genova.
VITAL, J. (1999). Identification du Bronze moyen-récent en Provence et en Méditerranée nord-occidentale. Documents d’Archéologie Méridionale, 22, 7-115.
ZUCCAGNI ORLANDINI, A. (1836). Corografia fisica storica e statisticadell’Italia e delle sue Isole corredata di un atlante di mappe geografiche e topografiche, e di altre tavole illustrate (Vol. terzo). Firenze, Stamperia Granducale.
ZUCCHI, P. (1978). La quinta campagna di scavo nella necropoli di Chiavari (1969). In Rivista di Studi Liguri, XLIV, 25-50, Bordighera.