Sale delle Alpi: la prima produzione delle miniere e delle saline di Bex

copertina

Copertina: strumenti ed attrezzi per la fabbricazione dei saumoduc, le condotte in legno di larice che trasferivano le salamoie estratte nelle miniere, alle saline di fondovalle

Le miniere di Bex e le prime saline

La prima concessione mineraria nota è quella decennale autorizzata a Nicolas di Graffenried il 30 gennaio 1534. Il provvedimento concedeva il diritto di fare ricerche per scoprire e sfruttare sorgenti salmastre, nella parrocchia di Ollon.
Nicolas de Graffenried era stato Governatore per due volte, fra il 1509 e il 1512 e poi ancora fra il 1519 ed il 1525 ed aveva nella zona diverse proprietà.
Il primo impianto fu quello di Panex sur Ollon, probabilmente in località Salin, l’unico costruito in montagna, ai margini di un bosco.
Tuttavia, le prime saline per la lavorazione delle salamoie estratte delle miniera di Bex furono realizzate solo a cominciare dal 1554.
I tentativi di sfruttamento e produzione del sale erano del tutto artigianali. L’attività mineraria ricercava nuove sorgenti salmastre all’interno del massiccio montano e le raccoglieva per trasferirle agli stabilimenti.

Le condotte di collegamento fra miniere e saline (samouduc)

Inizialmente, quindi, gli stabilimenti per la produzione del sale erano posti nei pressi delle miniere o delle sorgenti. Ma motivi logistici ne decretarono ben presto lo spostamento in fondovalle, allo sbocco dei torrenti.
L’alimentazione di questi nuovi stabilimenti (saline) con le salamoie raccolte in miniera doveva avvenire attraverso lunghe condutture. Erano i saumoduc. In pratica delle tubazioni realizzate assemblando spezzoni di tronchi di larice forati. Ogni spezzone era lungo tre metri ed aveva un diametro di circa circa 30 centimetri (Figura 1).
La preparazione era semplice: il tronco di larice veniva poggiato su cavalletti (Figura 2 e copertina) e si procedeva alla foratura assiale utilizzando lunghi succhielli (Figura 3) di spessore e calibro differente (Figura 4). Una delle estremità veniva poi rastremata per permetterne l’incastro in un altro spezzone. Un lavoro faticoso e di grande precisione.
I saumoduc dovevano coprire la distanza fra la miniera e la salina. Per questo, in taluni casi, hanno raggiunto una lunghezza fino a dodici chilometri, 
Il flusso di trasferimento della salamoia era gestito dalla gravità, ma sotto la sorveglianza di conducteurs d’eaux (conduttori di acqua). Era fondamentale che le condotte fossero tubazioni chiuse, per preservare la qualità della salamoia, ma anche per evitare furti di acqua salata.
L’utilizzo del larice per produrre i tubi  fu una scelta precisa. Il larice ha un contenuto in trementina maggiore rispetto alle altre essenze resinose e questo conferiva al legno di larice maggiore durezza e resistenza.
Con l’estensione delle coltivazioni (fine del XVII secolo – XVIII secolo) e lo spostamento delle saline più verso il centro della valle, la rete dei saumoduc raggiunse i 50 Km complessivi. Di questi una ventina si sviluppavano all’interno delle miniere.
Le condotte dovevano essere rinnovate ogni 10-12 anni.

La salinità delle acque di Bex

I principali problemi economico e tecnico dell’epoca era la salinità. Le acque sorgive avevano una concentrazione pari a circa il 2% in sale. Per far evaporare queste acque era necessaria una grande quantità di legna da ardere.
L’evaporazione della salamoia avveniva in grandi pentoloni/vasche di lamiera, piane ed a bordo basso. Le dimensioni medie variavano da 4 a 6 metri di lato (la più grossa era quella di Bévieux che misurava 6×5,70 m). Le vasche erano semplicemente posate su fuochi e riscaldate finché l’acqua era completamente evaporata.
Durante il processo, la salamoia era fatta passare da una vasca all’altra. Questo per evitare che assieme al sale si depositassero anche altre sostanze minerali.
Il ciclo durava fino a 120 ore (5 giorni).
Per ottenere un chilo di sale era necessario ardere dodici chili di legna. Le prime saline, contigue alle miniere, erano anche prossime ai boschi e pertanto il combustibile era di facile reperimento. Ma col passare del tempo ed il continuo taglio di alberi la legna cominciò scarseggiare.

Il processo di graduation

Il problema venne risolto con la messa a punto del processo di graduation. Siamo verso la fine del XVI secolo ed all’inizio della fase industriale per la produzione del sale del Vaud. Il processo fu perfezionato dagli Zobel d’Asburgo. Consisteva semplicemente nel concentrare la slamoia prima di farla evaporare.
Era l’uovo di Colombo. Occorreva portare la concentrazione del sale dal 2%, naturale, fino ad un 25%, prima di eseguirne l’evaporazione (salinage). In questo modo era possibile economizzare sul combustibile per il riscaldamento delle vasche.
Il processo di concentrazione richiedeva, però, specifici stabilimenti, appositamente progettati e costruiti. Erano lunghi oltre 100 metri e molto alti (Figura 5). All’interno venivano impilate fascine di paglia e ramaglie sulle quali i mouilleurs (gli umidificatori) riversavano secchi di salamoia portata dai saumoduc (Figura 6).
L’acqua salata sgocciolava lentamente attraverso fascine steli secchi e ramaglie producendo la cristallizzazione del sale sui fili di paglia ed i rametti. Era una sorta di pre-evaporazione sotto l’effetto del vento e del sole. Così la salamoia arrivava più concentrata ad un bacino di raccolta. L’acqua del bacino era poi fatta ripassare sul sistema di fascine per circa un mese in modo da ottenere, alla fine, una concentrazione di sale oltre dieci volte maggiore rispetto a quella naturale di partenza.
In questo modo era sufficiente un chilo di legna da ardere per ottenere un chilo di sale.

Il processo da una descrizione del 1710

Prima che l’acqua (delle sorgenti salate) sia riversata nelle vasche/padelle, arriva ad un collettore coperto da un tetto. Questo collettore consiste in un covone di paglia sul quale è riversata l’acqua con dei secchi (Figura 6); il sale si deposita fra i fili di paglia che diventano grossi come dita, prima che la paglia sia cambiata. È meraviglioso vedere la cristallizzazione e la disposizione dei piccoli cristalli. Il sale brillante ricorda le stalattiti… (Homberger, 1710).

L’acqua che permetteva di fluitare il legname era anche quella che alimentava le ruote idrauliche (in primo piano in Figura 6) che, a loro volta, azionavano le pompe portando la salamoia negli stabilimenti di arricchimento (in quelli più moderni). In epoca più recente, la salamoia transitava in piccoli canali di legno disposti lungo tutta l’altezza dell’edificio. Numerosi rubinetti la ripartivano sull’insieme delle fascine di paglia. Più si avanzava nello stabilimento e più la concentrazione di sale diventava importante. A Bévieux era stato installato un sistema molto complesso di tiranti per trasferire l’energia della ruota idraulica fino alle pompe.

immagine nel testo

Figura 5 – La salina di Bevieux, Mandement de Bex, Gouvernement de l’Aygle, Canton de Berne, in una stampa d’epoca

Il problema della legna da ardere

Tuttavia la legna da ardere era sempre tanta, troppa. Il risparmio di legname era evidentemente compensato dall’aumento di produzione. Ed era ancora maggiore se si conteggiavano i tronchi di larice necessari a costruire i saumoduc.
Così dovettero essere pensate nuove soluzioni.

Nel 1580, alcuni facoltosi commercianti tedeschi acquisirono la concessione e decisero di costruire una salina a Roche, nella pianura del Rodano. Questa nuova localizzazione presentava il doppio vantaggio di poter essere utilizzata più a lungo in inverno e di essere localizzata al bordo di un torrente. Questo, l’Eau Froide, attraversava anche un vasto bosco.
La legna era tagliata in ceppi di un metro che potevano essere trasportati alla salina col sistema della fluitazione (Figura 7), raccogliendoli poi in un grande bacino per recuperati. Per contro era necessario allestire un saumoduc molto più lungo fra la miniera (in quota) a la salina (in fondo valle). Situazione, questa, che richiedeva maggiore disponibilità di tronchi. La sorgente (Salin presso Bévieux) distava oltre dodici di chilometri dalla salina.
Ma ad un certo punto mancò l’acqua per il flottaggio dei tronchi ed allora fu necessario realizzare un’opera ciclopica ed avveniristica per l’epoca: uno sbarramento alto otto metri (del quale rimangono tutt’oggi delle vestigia), fornito alla base di un portale di rilascio veloce. Era in pratica una diga che creava un piccolo bacino. La legna veniva impilata nella valle sottostante. Due volte l’anno, in primavera ed in autunno, veniva aperto il portello dello sbarramento e tutta l’acqua del bacino si riversava velocemente nella valle. La forte ed improvvisa corrente si portava dietro tutta la legna fino alla salina. Questo metodo fece insorgere una serie di contestazioni da parte dei valligiani e dei rivieraschi che, in quelle due occasioni, subivano l’allagamento anche delle loro terre coltivate.

Le saline di pianura

Nel 1580-82, quindi, fu realizzata a Roche, allo sbocco della Valle dell’Eau Froide, la prima salina di pianura.
Il modello fu seguito, da altre imprese appena reperite nuove sorgenti salmastre. Nacquero così la Salina d’Aigle sulla Grande Eau nel 1591, la Salina di Bévieux sulle sponde dell’Avançon nel 1680, la Salina del Rodano presso la confluenza con l’Avançon di fronte a Massongex nel 1719 e la Salina di Dévens (Gryonne) nel 1795. Quest’ultima a completamento della rete industriale (Figura 8).

Oggi gli edifici esistono ancora, seppure abbiano cambiato destinazione.
A Roches l’antico deposito del sale è diventato una chiesa mentre l’edificio amministrativo, ristrutturato di recente, ospita il Comune. In montagna resistono le vestigia dello sbarramento della Joux Verte, sul torrente dell’Eau Froid, costruito nel 1695 per facilitare la fluitazione del legname.
Ad Aigle gli stabilimenti sono interamente conservati ed oggi sono convertiti in fattoria. Sulla facciata si trova ancora una ruota a pale, che poteva essere quella che azionava le pompe dello stabilimento di concentrazione della slamoia.
A Bévieux, la casa del direttore e degli impiegati, nonché il forno di evaporazione della salamoia (salinage), ospitano l’attuale centro amministrativo della Società Saline di Bex S.A.. L’antico bacino di fluitazione è stato completamente demolito 2000, in seguito ad una correzione dell’alveo dell’Avançon.
La salina del Rodano fu progettata dall’architetto Guillaume Delagrange. La localizzazione del sito fu scelta per facilitare il flottaggio e l’approvvigionamento del legname necessario all’evaporazione delle acque salmastre. A tale scopo furono previste anche delle briglie a rastrelliera, in parte ancora conservate (râteliers). Sono poste di traverso all’alveo del Rodano ed avevano lo scopo di trattenere il legname flottato. Lo stabilimento principale della salina comprendeva i magazzini del sale, gli alloggi del direttore (facteur) e degli operai, il reparto destinato alla cottura del sale la forgia. Oggi, il complesso dello stabilimento è stato trasformato in maneggio.
La salina di Dévens fu progettata dall’architetto Henri Exchaquet, fratello di Charles-François autore del famoso rilievo (cartografico) del Governatorato d’Aigle per l’Alta Direzione dei Sali delle Loro Eccellenze. Le acque della sorgente del Bouillet raggiungevano lo stabilimento mediante un samodouc di 7 chilometri e mezzo. Fu costruito connettendo 3000 tronchi di larice forati. Lo stabilimento originario, seppure oggi mancante della parte centrale (reparto del salinage) è stato riconvertito in fattoria. In questo stabilimento, caso unico, veniva utilizzata come combustibile anche la torba estratta da Luissel, non lontano da Bex.

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