Agli albori dell’archeometallurgia in Liguria Orientale

Copertina

Copertina – Scorie e frammenti di minerale dispersi su una vecchia discarica di Monte Loreto. Da una foto della seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso.

Premessa all’archeometallurgia in Liguria Orientale

A cominciare dall’Ottocento, la Liguria è stata ricordata nella letteratura paletnologica per le caverne ed i ritrovamenti dei Balzi Rossi (ROSSI, 1886, ISSEL, 1892), delle Arene Candide, delle grotte di Toirano, dell’Arma delle Manie e di poche altre meno famose. Anche i ritrovamenti sono sempre stati circondati da un alone di eclatante stupore. Forse, non a caso, per la loro localizzazione in grotte spettacolari e, soprattutto, in regioni caratterizzate da grande vivacità culturale e, perché no, mondana. Un fil rouge intrecciato fra la Costa Azzurra ed Ponente ligure.
La storia del Levante ligure è molto differente. Seppure sia una regione con diffuse emergenze carsiche è priva, o quasi, di caverne con frequentazioni preistoriche e, soprattutto, è stata pochissimo conosciuta.
Si è reso necessario attendere la nuova epoca della ricerca archeologica di superficie per arrivare al primo scavo scientifico strettamente preistorico. Siamo nel 1969 e lo scavo è quello del Castellaro di Zignago condotto dall’ISCUM (MANNONI e TIZZONI, 1980). In seguito, anche i pochi successivi interventi sono stati dedicati a stanziamenti d’altura, i così detti castellari. Ricordiamo quelli delle Rocche di Drusco (MAGGI e DEL LUCCHESE, 1977), di Camogli (FOSSATI e MILANESE, 1982), di Vezzola (FOSSATI, MESSINA e MILANESE 1982), di Uscio (MAGGI, MELLI e NISBET, 1982), etc..
Da questi siti provengono i dati disponibili sull’Età del Bronzo della Liguria Orientale. Siamo negli anni Ottanta, primi anni Novanta del secolo scorso. All’epoca erano noti altri siti e diverse tipologie di stanziamento, ma non erano ancora stati scavati o, se scavati, non erano ancora stati studiati. Parliamo dei siti di mezza costa tipo Novà, o di quelli litoranei come Recco e Chiavari. Per quest’ultimo è il caso, ad esempio, dello strato “F” della necropoli preromana di Chiavari (LAMBOGLIA 1960). Si tratta di un’ingente quantità di frammenti di ceramica arcaica (e non solo) il cui studio sistematico, iniziato dalla compianta Beatrice D’AMBROSIO (1988), è tuttora in esecuzione.

La questione mineraria in Liguria Orientale

Le scoperte degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, quindi, hanno delineato una diffusa presenza umana anche nella Liguria Orientale. Molti elementi evidenziano una certa continuità culturale fra l’Eneolitico e l’Età del Bronzo, ma soprattutto con l’Età del Ferro, attraverso quel Bronzo Finale definito Età di Transizione.
In Liguria Orientale era nota la diffusa presenza di giacimenti minerari, in particolare cupriferi (Figura 1), coltivati almeno dal Cinquecento.
Fu Giuseppe ISETTI (1964) ad osservare, per primo, la prossimità di Chiavari al bacino minerario incentrato sulla miniera di Libiola (Sestri Levante). Era il 1963.
A supporto della sua ipotesi, erano alcuni sporadici indizi:

  • le notizie riportate da ISSEL (1892, 1908) circa il ritrovamento di un manico di piccone in quercia (Figura 2) e di una paletta lignea, simili a strumenti di Halstatt. Il loro recupero avvenne in angusti cunicoli, con tracce di antica coltivazione, della miniera di Libiola;
  • il ritrovamento del cosiddetto  ripostiglio di Loto, località prossima ad un percorso di crinale che dalla zona mineraria di Libiola giungeva alle spalle di Chiavari. In particolare, il ripostiglio conteneva uno spillone, una punta di lancia, un’armilla a nastro calibrato ed un lingotto di rame grezzo. La datazione dell’armilla (TIZZONI, 1977) poteva anticipare al X secolo a.C. anche la coltivazione mineraria;
  • il ritrovamento di tre manufatti metallici di inizio dell’Età del Bronzo nella grotticella sepolcrale della Tana da Prima Ciappa, posta in prossimità alla zona mineraria (MAGGI-FORMICOLA 1978). La presenza di zinco in tali manufatti suggeriva l’ipotesi che il rame fosse di provenienza locale (per la presenza di blenda). Studi e confronti eseguiti di recente sui manufatti hanno suggerito un’ipotesi affascinante: nella grotticella potevano essere stati sepolti antichi minatori di Libiola o Monte Loreto, originari però dall’Italia insulare o meridionale (MAGGI, 2021);
  • infine l’abbondanza e la varietà dei manufatti in bronzo presenti nei corredi della vasta necropoli dell’VIII-VII sec. a.C. di Chiavari, che non trovavano riscontro in altri coevi ed analoghi monumenti funebri.

ISETTI, già nel 1964, si chiese se fra i motivi che favorirono il nascere dell’abitato del primo ferro di Chiavari non vi fosse da considerare la produzione ed il commercio del rame locale, proveniente allo sfruttamento del contermine bacino minerario.

Le basi dell’archeometallurgia in Liguria Orientale

In seguito furono eseguite analisi chimiche su alcuni frammenti provenienti dai bronzi di Chiavari.
Ne risultò che lo stagno non superava mai il valore del 7%, rimanendone spesso largamente al di sotto. Valori bassi di stagno caratterizzano le leghe del Bronzo Antico, ma a partire dal Bronzo Medio, con il progredire della tecnologia, le leghe hanno presentato sempre più frequentemente tenori di stagno del 10-12%. Questo dato è caratteristico dei bronzi dell’Italia Settentrionale e Centrale, ma non di quelli di Chiavari, nei quali il tenore di stagno si è mantenuto costantemente basso, sia nel Bronzo Antico, che Tardo e Finale, o dell’Età del Ferro (MAGGI, in MAGGI, DEL SOLDATO e PINTUS, 1986).
Altra anomalia è stata riscontrata per lo zinco, che nei manufatti della Liguria Orientale è presenti in tutti gli esemplari esaminati. La differenza con le produzioni di altre regioni è apparsa evidente. Così, ad esempio, lo zinco si trova più o meno occasionalmente nei bronzi dell’Emilia Occidentale (13%) e del Piemonte (18%) e più frequentemente in quelli della Toscana Settentrionale (67%), ma comunque con tenori nettamente inferiori a quelli di Chiavari. Unica analogia con i dati liguri proviene dal Grossetano.
Lavorando su base statistica appare però improbabile che le forti discrepanze riscontrate derivino da fattori tecnologici di arricchimento o impoverimento. E’ più verosimile l’ipotesi che nella Liguria Orientale e nel Grossetano si sia fatto un uso più frequente del minerale cuprifero contenente blenda. Il 100% di frequenza in Liguria non implica necessariamente che qui sia stato sempre ed esclusivamente impiegato tale tipo di minerale: la diffusione capillare può essere infatti in parte addebitata anche alla pratica di rifondere i bronzi consunti (…) Un quadro di questo genere potrebbe essere realistico nell’ambito di una cerchia metallurgica ristretta, avente pochi scambi con l’esterno (aspetto quest’ultimo che il basso tenore di stagno  sembra avvalorare)... (MAGGI, in MAGGI, DEL SOLDATO e PINTUS, 1986).

Immagine nel testo

Figura 1 – I giacimenti cupriferi della Liguria Orientale. Legenda: ellisse = le miniere più importanti; cerchio = le coltivazioni minori e secondarie; quadrato = assaggi e ricerche.
Mineralizzazioni: 1- Le Cascine-Mezzanego (Figura 3); 2- Monte Bianco (Figura 4); 3- Monte Bocco; 4- Bargone (Figura 5); 5- Val di Spine; 6- Burrone-Vallegrande; 7- Gallinaria (Figura 6); 8- Monte Loreto-Acquafredda (Copertina); 9- Libiola (Figura 7); 10- Tavarone-Molin Cornaio; 11- Casali; 12- Piazza; 13- Frassoneda;14- Monte Bardeneto (Figura 8, Figura 9 e Figura 10); 15- Pian delle Cannelle; 16- Monte Copello; 17- Rossola; 18- La Francesca-Punta Gone; 19- Mesco; 20- Bagari; 21- Monte Nero-Selva di Monte Nero; 22- Camporosone-Carro; 23- Costa Riassola; 24- Monte Scogliera-Lagorara; 25- Beverone-Rio Prado; 26- Ripa della Fugaja; 27- Rocche Marse-Sopralacroce; 28- Monte Bossea-Gambatesa; 29- Monte Tregin e Rovere; 30- Campegli; 31- Fosso Fiumicello; 32- Cassagna; 33- Scrava; 34- Molinello; 35- Monte Chiappozzo-Case Chiapponi (Figura 11 e Figura 12); 36- Rio Travo (Carro); 37- Gambanella; 38- Torrente Borza; 39- Salterana; 40- Ossegna; 41- Cesana; 42- Cembrano; 43- Rocche di Valletti; 44- Monte Pu; 45- Reppia (Arzeno, le Cascine, Case Soprane, Case Arbaro Figura 13 e, Botasi Figura 14); 46- Teise-Monte Vaggi; 47- Rosecca; 48- segnalazione da ISSEL; 49- Monte Roccagrande; 50- Monte Rossini; 51- Deiva Marina (Rocca Pria, Rocca del Lago). Sono da ricordare, ma non indicata in figura, Colle Torraccio (Sarzana), Monte Cucco Marcioso (Ortonovo) e Cavezzana D’Antema (Da MAGGI, DEL SOLDATO e PINTUS, 1986).
L’obbiettivo dello studio fu quello di trovare una possibile correlazione fra i giacimenti cupriferi del bacino minerario della Liguria Orientale e la grande presenza di bronzi nei corredi della necropoli di Chiavari. Quindi fu affrontata la raccolta sistematica di tutte le indicazioni bibliografiche e soprattutto archivistiche. Successivamente furono eseguite ricognizioni nei principali siti estrattivi, finalizzate alla localizzazione, tipicizzazione e campionatura delle mineralizzazioni.

Giacimenti minerari e ofioliti in Liguria Orientale

Concentrazioni di Cr, Ni, Pt e associati (magnetite-titanifera) con Cu e FeSsi formano dai processi di differenziazione magmatica. Il rame e l’FeS, cui si aggiungono poco Zn e tracce di Au, si concentrano prevalentemente nelle deposizioni post-magmatiche sia di tipo vulcano-sedimentario che idrotermale. Il risultato sono vene o piccoli ammassi minerali (lenti e arnioni).
In posizione prossimale a questi ed inseriti nelle rocce sialiche di copertura (scisti silicei, radiolariti, selci a radiolari, selci), si trovano poi concentrazioni di ossidi di Mn e Fe, i cui legami con le precedenti mineralizzazioni cuprifere non pare siano diretti.
L’intradipendenza genetica non è confermata neppure dalla presenza di minerali cupriferi all’interno dei diaspri (miniere di Cerchiara, Rocchetta Vara, Monte Zenone, Gambatesa, etc.) né dalla forte, occasionale, vicinanza fra le concentrazioni di Cu e di Mn: fino a 1 metro o poche decine di metri.
Le manifestazioni pneumatolitico-idrotermali, quando sono associate a rocce mafiche/ultra mafiche, restano confinate entro o a ridosso della massa litoide. Questo viene evidenziato dalle vene e dalle concentrazioni di Cu e FeS2, talora con Zn e tracce di FeS, che si trovano nei livelli superiori delle colate basaltiche della Liguria Orientale e della Corsica. Raramente sono presenti altri minerali metallici apparentemente legati a fenomeni idrotermali, quali  Co, Ni, Au, Ag e più difficilmente Sb, Pb, Hg e As. Infine, sempre legati all’idrotermalismo, sono possibili fenomeni di auto-idratazione con genesi di Serpentino, Magnetite, Amianto, Talco, Sepiolite, Magnesite e possibili rimobilizzazioni e riconcentrazioni di vene di minerali metallici. La specializzazione di questi giacimenti è evidenziata dalla netta predominanza di elementi siderofili: Fe, Ti, Cr, Ni, Co con Cu, mentre altri, quali Zn, Au, Pb, U e C sono assai meno comuni. Sono completamente assenti nelle ofioliti non metamorfiche Sn, W, Mo e Bi.
Il manganese è associato alla sola copertura sedimentaria, mentre può essere presente il P, come si riscontra nella sola mineralizzazione cuprifera di Rocca di Lagorara (ZUFFARDI, 1976).

I giacimenti cupriferi nelle ofioliti non metamorfiche della Liguria Orientale

I giacimenti cupriferi dell’area compresa fra Borzonasca e Pignone (Liguria Orientale) sono tutti riconducibili al tipo mineralizzazioni massicce, disseminate o a stock-work a Fe-Cu-Zn-Au associate a vulcaniti non metamorfiche della zona Ligure interna. Si inseriscono nei livelli superiori delle effusioni sottomarine e/o, soprattutto, al limite fra queste e la serie ligure di co­pertura costituita da diaspri, Calcari a Calpionelle e Argille a Palombini (BRIGO , DAL PIAZ E FERRARIO, 1976). In realtà questi complessi non presentano tracce di metamorfismo orogenico, ma sono caratterizzati da fenomeni di spilitizzazione con sviluppo di associazioni mineralogiche in facies zeolitica, a carattere parziale e discontinuo. Comunque non modificano le strutture primarie con l’insorgere di scistosità regionale (trasformazioni di tipo oceanico).
Le vulcaniti (ofioliti) rappresentano frammenti più o meno grossi dell’originaria crosta del bacino ligure mesozoico, ridotta in sottili scheets (potenti al massimo un chilometro) che sono state obdotte verso oriente sulla falda toscana.
Le mineralizzazioni piritoso-cuprifere sono ospitate nei basalti, nei filoni di alimentazione delle pillow-lavas spilitiche e soprattutto nella zona di contatto con la serie sedimentaria di copertura. I termini basali di questa sono in genere ar­ricchiti in manganese.
La sequenza più classica è rappresentata nelle miniere di Bardeneto e Gambatesa. È costituita da pillow-lava’s e pillow-breccias – mineralizzazioni massicce – diaspri manganesiferi. Tuttavia il termine sedimen­tario può essere un altro qualunque della serie di copertura. A Reppia i corpi mineralizzati si trovano fra i pillow-lavas e le Argille a Palombini. A Libiola e Ripa della Fugaja il passaggio fra basalti e corpo mineralizzato può essere di tipo interdigitato.
Le paragenesi primarie sono uniformemente definite da Pirite (FeS2), Calcopirite (CuFeS2), Marcasite (FeS2), Blenda (ZnS), Pirrotina (FeS), Magnetite (Fe3O4), Mackinavite ([Fe,Ni] S), oro (Au) e quarzo (SiO2). Processi di trasformazione secondaria e/o rimobilizzazione hanno prodotto associazioni di Goethite FeO(OH), Ematite (Fe2O3), Bornite (Cu5FeS4), Calcocite (Cu2S), Covellite (CuS) e quarzo (SiO2). Nella miniera di Reppia, ad esempio, i prodotti secondari sono relegati al contatto tettonico fra pillow-lava’s e serpentiniti.
I giacimenti più importanti sembrano essere quelli di Ripa della Fugaja, le Cascine, Reppia, M. Bardeneto, Libiola, Gallinaria, M. Loreto, Rossola e Casali, ai quali se ne aggiungono un’altra quarantina che in varie epoche hanno costituito oggetto di coltivazione o ricerca.

Considerazioni conclusive sull’archeometallurgia in Liguria Orientale

Già alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso i dati contribuivano a fornire indizi sulla possibilità che fossero stati utilizzati minerali locali per la produzione di bronzo.
La presenza dello Zn nelle percentuali emerse dalle analisi suggeriva una possibile provenienza locale dei minerali impiegati in antico; è intuibile che tale Zn derivasse dalla blenda riconosciuta in quantità più o meno rilevanti in sezione lucida (BERTOLANI, 1952), associata alla calcopirite dei giacimenti di Libiola, Bargone, Gallinaria e Monte Loreto. Tuttavia ciò costituisce una condizione necessaria ma non sufficiente all’individuazione esatta della miniera o della mineralizzazione di origine, data la somiglianza dei giacimenti liguri con quelli toscani e il numero enorme di cantieri, ricerche e assaggi noti e sfruttati.
Inoltre, pareva indicativo integrare le analisi eseguite sui bronzi, con i contenuti in tracce di Au, Ag, Pt-Iridio, Ni, Ti, P e magari Bi e Mn (meglio se espedite sia sui bronzi che su campioni di minerali di sicura provenienza). Infatti, i contenuti in metalli preziosi (le cui tracce si mantengono anche dopo fusione) pare siano sensibili in parecchi giacimenti del sestrese. Inoltre analisi eseguite su serpentiniti di varia provenienza (fra cui campioni liguri) hanno evidenziato presenza di Ni sotto forma di Fe-Ni nativo e Pentlandite (quest’ultima presente a Monte Loreto e riconosciuta in sezione lucida nel minerale di Libiola). A tale proposito bisogna ricordare che fra i minerali di Fe-Ni è stata segnalata la Mackinawite nei giacimenti di Reppia, Ripa della Fugaja, le Cascine, M. Bardeneto, Libiola, Gallinara, Casali e M. Bianco (ANTOFILLI et ALII, 1983).
La presenza del Ti era stata evidenziata da alcune analisi eseguite nel 1936 dal laboratorio chimico merceologico del Consiglio Provinciale della Economia Corporativa di Genova su campioni di minerale di ferro (Ematite) del tout-venant di Libiola e le Cascine, mentre il P è stato segnalato da ZUFFARDI (1976) nel minerale di Rocca di Lagorara.
Oltre a queste indicazioni era ritenuto interessante verificare su campioni di minerale se Pb e Sb provengono dall’idrotermalismo o erano, e in quale misura, costituenti aggiuntivi legati alla metallurgia.
Infine, l’errore, derivante dalle possibili alterazioni causate dalla rifusione dei bronzi, in mancanza di dati più precisi, poteva essere minimizzato solo per via statistica, eseguendo cioè un congruo numero di analisi (possibilmente diverse per ogni oggetto, campione), e mediandone i risultati. Altra condizione indispensabile da tener presente era la necessità di basare le interpretazioni esclusivamente su dati analitici omogenei, ottenuti da analisi eseguite con la medesima metodologia.

Il presente articolo è stato tratto da MAGGI, R., DEL SOLDTO, M., &e PINTUS, S. (1986). Note di archeometallurgia della Liguria Orientale. Analisi e considerazioni preliminari per un’ipotesi di produzioni locali preistoriche. In A. VARI, Scritti in ricordo di Graziell Massari Gaballo e di Umberto Tocchetti Pollini (Vol. Unico, p. 29-39). Milano, Comune di Milano, Ripartizione Cultura Raccolte Archeologiche e Numismatiche.

Bibliografia

AA.VV. (1984). Levanto: geologia, ambiente, evoluzione storica. (M. DEL SOLDATO, e S. PINTUS, A cura di). La Spezia, Provincia della Spezia.
AMBROSI, C. A. (1972). Corpus delle Statue-Stele Lunigianensi. Bordighera: Istituto Internazionale di Studi Liguri.
ANATI, E. (1981). Le stele della Lunigiana. Milano, Jaka Books.
ARNAL, J., BOQUET, A., & VERRAES, G. (1979). La naissance de la metallurgie dans le sud-est de la France. Procedings of thefifth atlantic colloquium. Dublino, Ed. M. Rayan.
BARKER, G. (1971). The first metallurgy in Italy in the light of the metal analises from the Pigorini Museum. B.P.I., XXII – 80, 133-208.
BELLANI, G. (1957). L’abitato preistorico e protostorico del Monte Castellaro presso Pignone. Giornale Storico della Lunigiana, VIII (3-4).
BERTOLANI, M. (1952). I giacimenti cupriferi nelle ofioliti di Sestri Levante (Liguria). Periodico di Mineralogia, XXXI (2-3).
BRIGO, L., & OMENETTO, P. (1974). Metallogenesi nel quadro dell’Orogene ercinico delle Alpi (con particolare riguardo al versante italiano). Mem. Soc. Geol. It., Sipplevento al vol. XIII.
BRIGO, L., DAL PIAZ, G., & FERRARIO, A. (1976). Le mineralizzazioni cuprifere legate ai termini effusivi di alcuni complessi ofiolitici dell’area mediterranea. Boll. Assoc. Mineraria Subalpina, XIII (3).
D’AMBROSIO, B. (1988). Lo strato F della Necropoli di Chiavari. Testimonianze di un sito costiero dell’età del bronzo finale. Rivista di Studi Liguri, a. LIII, nn. 1-4, gennaio-dicembre 1987, Bordighera, 5-76.
FOSSATI, S. e MILANESE, M. (1982). Gli scavi del castellaro di Camogli. Recco.
FOSSATI, S., MESSINA, W. e MILANESE, M. (1982). Il Castellaro di Vezzola (La Spezia). I Liguri dall’Arno all’Ebro. Albenga. Rivista di Studi Liguri, XLVIII, 1-4, p. 178-192. Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri.
ISETTI, G. (1964). Il rame dei Liguri ed il problema di Chiavari. Rivista di Studi Liguri(XXX), 83-90.
ISSEL, A. (1892). Liguria geologica e preistorica (Vol. I). Genova, A. Donath.
ISSEL, A. (1892). Regione IX (Liguria) – I. Ventimiglia – Scoperte preistoriche nelle caverne dei Balzi Rossi. Atti della Accademia dei Lincei, CCLXXXIX(Serie quarta, Volume X), 37-38.

ISSEL, A. (1908). Liguria preistorica. Genova.
LAMBOGLIA, N. (1960). La necropoli ligure di Chiavari. Studio preliminare. Rivista di Studi Liguri, XXVI, 91-220.
LAMBOGLIA, N. (1964). La seconda campagna di scavi nella necropoli di Chiavari (1962-1963). Rivista di Studi Liguri, XXX, 31-82.
LAMBOGLIA, N. (1968). La terza campagna di scavo nella necropoli di Chiavari (1966). Rivista di Studi Liguri, XXXII, 251-286.
LAMBOGLIA, N. (1972). La quarta campagna di scavo nella necropoli ligure di Chiavari (1967-1968). Rivista di Studi Liguri, XXXVIII, 103-136.
MAGGI, R. e DEL LUCCHESE, A. (s.d.). Rocche di Drusco: una stazione dell’Età del Bronzo nell’Alta Valle del Ceno (Bedonia – PR). Rivista di Studi Ligurii, XLIII(1-4151-176).
MAGGI, R., e FORMICOLA, V. (1978). Una grotticella sepolcrale dell’inizio dell’Età del Bronzo in Val Frascarese (GE). Preistoria Alpina(14), 87-113.
MAGGI, R., e MELLI, P. N. (1982). Uscio (Genova). Scavi 1981-82. Rapporto preliminare. Gli insediamenti preistorici. I Liguri dall’Arno all’Ebro.Rivista di Studi Liguri, XLVIII, 1-4, p. 193-214. Bordighera, Istituto Internazionale di Studi Liguri.
MAGGI, R., DEL SOLDTO, M., &e PINTUS, S. (1986). Note di archeometallurgia della Liguria Orientale. Analisi e considerazioni preliminari per un’ipotesi di produzioni locali preistoriche. In A. VARI, Scritti in ricordo di Graziell Massari Gaballo e di Umberto Tocchetti Pollini (Vol. Unico, p. 29-39). Milano, Comune di Milano, Ripartizione Cultura Raccolte Archeologiche e Numismatiche.
MANNONI, T., & TIZZONI, M. (1980).
ROSSI, G. (1886). Storia della Città di Ventimiglia. Edizione riveduta ed ampliata (Ristampa anastatica, Forni Editore, Bologna, 1973 ed.). Oneglia, Imperia: Stabilimento tipo-litografico Eredi G. Ghilini.

ZUFFARDI, P. (1976). Considerazioni generali sulle mineralizzazioni delle Ofioliti, con speciale riguardo all’area mediterranea. Boll. Assoc. Miner. Subalpina, XIII(3, settembre).

Rispondi