Il vischio di Natale

particolare di una pagina tratta da MATTHIOLI M. P., 1549, pp. 245-246)

Copertina: particolare della pagina di MATTHIOLI (1549, pp. 245-246) con l’immagine del vischio.

Il vischio: storia e leggende che vengono da lontano

Dicembre, ultimo mese dell’anno. È il mese del più importante periodo festivo dell’anno: il Natale.
Questo periodo invernale è fortemente caratterizzato da tre piante: l’abete, il vischio e l’agrifoglio.
In questa storia che viene da lontano parliamo del vischio.
Il vischio è timidamente presente sul nostro Appennino. In particolare, è una pianta parassita poco comune. Si trova soprattutto in Val d’Aveto. Molti anni fa i suoi ciuffi adornavano la grande quercia accanto alla chiesa di Pievetta.

La storia del vischio ha attraversato i secoli mantenendo un alone di mistero e particolari significati augurali connessi proprio alla fine dell’anno.
La sacralità del vischio era nota sin dall’antichità. Plinio …medesimo (…) ed i più gravi uomini del suo secolo teneano per fermo che non in Asia, ma nell’isola di Brettagna si fossero trovate le discipline de’ Druidi, appo i quali nulla v’era di sì sacro quanto il vischio e quanto l’albero (fosse o no la quercia) che il generava. Sceglieano per lor dimora il bosco più fitto di querce, nè senza la fronda di esse celebravano alcun sacrificio… (TROYA, 1839, p. 342).
Il ramoscello di vischio è portatore di salute, fertilità e fortuna. La tradizione più antica lo vuole appeso sulla porta di casa. Ma altrettanto antica pare l’usanza di scambiarsi con la persona cara il primo bacio dell’anno sotto il vischio.
E gli venivano attribuiti poteri soprannaturali. Anche questa è una storia che viene da lontano. Nasce dall’invidia di Loki per il fratello Balder, figli della dea Frigg ed alla conseguente morte violenta di Balder. È un’articolata leggenda dei paesi scandinavi, ma per molti versi simile a tante storie di rivalità fraterne, note e presenti a diverse latitudini. Questa leggenda avrebbe dato vita al bacio augurale sotto il vischio.
Infatti è stato il vischio bagnato dalle lacrime di Frigg a riportare in vita Balder. E Frigg, per gratitudine, ha cominciato la tradizione dando un bacio a chiunque passasse sotto quel vischio che aveva raccolto la sua disperazione per la morte del figlio.

Altre storie e leggende sul vischio

I sacerdoti celtici, i druidi, ritenevano il vischio espressione della presenza della divinità all’interno della pianta sulla quale cresceva. Era generalmente una quercia. E questa diventava sacra.
La stessa raccolta dei ramoscelli carichi di bacche perlacee e gelatinose avveniva nella notte della sesta luna dopo il solstizio d’inverno. La cerimonia è stata enfatizzaza e teatralizzata nei racconti Ottocenteschi di FERRARIO (1829, pag. 263), di TROYA (1839, pag. 343) e di AA.VV. (1851, pag. 244).

…Festa del vischio.
Il taglio del vischio dell’anno nuovo era la più solenne festa della religione dei Galli. Le particolarità di questa festa somministrarono abbondante materia al signor Duclos di comporre una Memoria che trovasi inserita in quelle dell’Accademia. Celebravasi tale festa nelle vicinanze di Chartres il 6 della luna di Dicembre alla presenza della maggior parte della nazione. Il vischio è una certa escrescenza che viene sopra alcuni alberi ed in ispecie sulle vecchie quercie: i Druidi additavano la quercia, in quale non avesse meno di trent’anni, sulla quale doveva cogliersi il vischio; s’innalzava un altare ai piedi dell’albero e si faceva una processione, alla testa della quale camminavano due tori bianchi condotti dagli Eubagi e seguiti dai Bardi che cantavano degli inni. Venivano in seguito i discepoli dei Druidi e dopo di essi l’araldo vestito di bianco portando un berretto alato ed un ramo di verbena attorcigliata da due serpenti in forma di caduceo. Il gran sacerdote con un rocchetto di finissimo lino sulla bianca sua veste andava a piedi circondato dai Vacerri vestiti quasi come lui, e seguiti dalla nobiltà: era preceduto dai tre più vecchi Druidi; il primo portava il pane destinato al sacrifizio, il secondo il vino in un vaso, ed il terzo teneva una verga sulla cui estremità era una mano di giustizia d’avorio. Giunto il corteggio al piede della quercia, il gran sacerdote, dopo di aver fatte le sue preci agli Dei, offriva in sacrificio il pane abbruciandone un pezzo, e spargendo alcune gocce di detto vino sull’altare; poscia ne distribuiva il rimanente agli astanti: finalmente ascendeva sull’albero con una falce d’oro in mano, tagliava il vischio che gettava in una bianca tovaglia o nel rocchetto di un Druido, e terminava la cerimonia col sacrifizio dei due tori. Si mandavan particelle di quel vischio ai Grandi, se ne distribuivano al popolo, che conservandolo qual cosa sacra, qual preservativo e rimedio universale lo portava da per tutto sospeso al collo, ne collocava sulla porta delle case: i sacerdoti poi avevan tutta la sempre porzione nei loro templi… (FERRARIO, 1829, p. 263)
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Le tradizioni legate al vischio

Tradizioni e riti legati al vischio ed alla quercia sulla quale cresceva, sono tramandati lungamente nei popoli di origine celtica. Pare addirittura che nel XV e XVI secolo molti sinodi affrontassero ancora i problemi legati all’esistenza di cerimonie e rituali pagani legati alle piante sacre.
In molte popolazioni europee sono mantenuti significati sacri e religiosi o semplicemente superstiziosi legati al vischio. Da talismano a protettore contro gli incendi, da simbolo di invulnerabilità in battaglia a portatore di fertilità per i campi, il bestiame e le donne.
Un’antica leggenda vuole che il vischio sia nato dalla caduta di un fulmine su un ramo di quercia.
Molto dell’alone misterioso che ruota attorno al vischio è frutto della sua anomala riproduzione di pianta parassita.  

A buona ragione tiene il vischio il primo rango tra i vegetabili veramente parassiti (BONET, 1797, p. 240).

La pianta del vischio

Una delle prime meticolose trattazioni del vischio ci perviene dal XVI secolo. È una lunga ed articolata descrizione del medico senese Pietro Andrea MATTHIOLI (Figura 1). Siamo nella prima metà del Cinquecento. L’Autore ne tratta la natura, dove trovarlo, le qualità medicinali ed alcuni usi. Il testo è sostanzialmente la traduzione dal greco dell’Erbario medico di Discoride, completato da commenti ed esperienze proprie del MATTHIOLI.
La prima edizione veneziana (1549) fu seguita da altre ristampate in diverse città, aggiornate, con illustrazioni ed alcune addirittura stampate senza la sua autorizzazione o dopo la sua morte.
Si può assolutamente dire che tutti gli Autori di una paio di secoli successivi abbiano attinto a piene mani dalla lunga analisi del MATTHIOLI (1549, pagg. 245 e 246).

Il vischio …è una escrescenza d’Albero, overo una pianta che nasce sul tronco, ò su i rami grossi di molte spezie d’Alberi come sulla Quercia, sul Melo, sul Pero, sul Salcio, sul Pioppo, sul Nespolo, sul Cotogno, sul Castagno, sul Pruno salvatico, sul Sorbo, sul Nocciuolo, sul Rovo, sull’Ossiacanto; ma il più stimato nella Medicina è quello, che nasce sulla Quercia.
Chiamasi Viscum Quercinum, seu lignum Sanctae Crucis. È una spezie d’Arboscello, che cresce all’altezza di circa due piedi. I suoi fusti sono per l’ordinario grossi come un dito, duri, legnosi, saldi, pesanti, di color bruno rossiccio di fuori, bianco gialliccio di dentro. Getta molti rami, legnosi, che si piegano, e s’intralciano spesso gli uni negli altri, ricoperti d’una buccia verde. Le sue foglie sono opposte a due a due, bislunghe, grosse, dure, assai simili a quelle del gran Bosso, ma un poco più lunghe, venose per lungo, rotonde nell’estremità, di color verde gialliccio, e smorto. I suoi fiori nascono ne’ nodi de rami, piccoli, giallicci. Ciascheduno è formato in bacino con quattro merlature (LEMERY, 1721, p. 379).

La riproduzione del vischio

La riproduzione naturale del vischio è stata minuziosamente descritta dal BONET (1797). L’Autore fa una lunga e dettagliatissima spiegazione. Dall’apertura delle bacche e conseguente colatura del liquido interno viscoso, alla caduta del seme, fino alla formazione e crescita delle piccole radici che penetrano nella corteccia del ramo ospite.  

Le radicette del vischio hanno una struttura particolare e ben osservabile: sono esse una specie di trombe terminate dapprima in una pallottoletta, che la pianticella nascente giugne a conficcare nella scorza dell’albero nutritore () Dappoichè le trombe del vischio, allungandosi a poco a poco, hanno guadagnata la superficie della corteccia, in cui deggion pernetrare, la pallottoletta veste la forma d’un imbuto, i cui labbri si applicano esattamente alla corteccia. Parte indi dal centro dell’imbuto un picciol corpo spugnoso, lunghetto, che s’insinua nella grossezza della corteccia, e diviene una vera radice… (BONET, 1797, p. 241).

Chissà se questa descrizione fu ispirata dalla relazione fatta dal DUHAMEL alla Reale Accdemia delle Scienze di Parigi nel 1740 (AA.VV., 1797, p. 240).

La riproduzione del vischio è possibile anche artificialmente, in maniera molto facile. Un metodo è suggerito da RONCONI (1783): …Volendo moltiplicare questa pianta basta prender verso Natale le coccole quando sono ben mature, e applicarle alla corteccia liscia di qualche albero, ove i sughi viscosi da cui sono circondate faranno che s’attacchino, e senz’altra cura, tolto d’osservare che non siano mangiate dagli uccelli, che ne sono ghiotti, l’anno dopo produrranno una pianticella. E da osservarsi però che l’umor del vischio è dannoso agli alberi (soprattutto da frutta n.d.A.) sopra di cui cresce, rendendoli deboli, e facendoli produrre il frutto d’un sapore ingrato, onde debbonsi tener netti gli alberi di questa pianta… (RONCONI, 1783, p. 236).

Tale aspetto è confermato anche da AA.VV. (1797, p. 243).

il vischio di Discoride

Il vischio di DISCORIDE, da MATTHIOLI (1604).

Il vischio e la caccia

Fra le storie del vischio che vengono da lontano ci sono soprattutto quelle legate alla caccia. In questo campo, il metodo più comune è stato, lungamente, l’uccellagione forse per la sua economicità. Era l’azione conosciuta come l’…invescare pigliar co’l vischio… (BESOZZI, 1592, p. 58). Numerosissime sono le descrizioni che si trovano in letteratura: CRESCENTIO (1534, 1538 e 1542), MATTHIOLI (1549, 1621), ALUNNI (1550, pag. 512), DE’ CRESCENZI (1605, pp. 479, 503, 513, 576), PERGAMINO (1617, pag. 61), OLINA (1622), GRANDI (1666), TANARA (1713, p. 514), BARGEO (1735), AA.VV. (1741 e 1774 pag. 581), PASSERONI (1775, pag. 117, poetico), ‘NFERIGNO (1805, pag. 217 e segg.), BRIGANTI (1828, pp. 245-290) che riesamina tutti gli Autori precedenti a cominciare dai classici, LENORMAND et ALII (1834, pag. 369) che sono  gli unici a ricordare che bisogna …conoscere i tempi nei quali l’uccellare è vietato per essere il momento in cui gli uccelli fanno i loro nidi, sicchè l’ucciderli allora sarebbe troppo crudele e dannoso… ed infine CLÈRE (1838).
Già nel 1538 il bolognese Pietro CRESCENTIO descriveva l’uso del vischio per catturare dai rapaci agli uccelletti.

Col vischio si pigliono sparvieri falconi & uccelli rapaci: impoche in terra due o tre se ne ficono de le verghe invischiate un poco di lunghi & intra loro piegate nel mezzo de le quali si lega uccello si como e colombo o pollo o carne a la quale quando gli uccelli vengono presi. … Anche si pigliono col vischio le passere & tutti uccelli piccoli o vero grandi se le verghe invischiate si pongano dove gli uccelli si pascono o dove a stare si ragunono (…) si pigliano con funi inviscate e rigogoli quando a fichi vengono o a luve & tutti altri uccelli involano e frutti: ma le predette funicelle dinanzi saccocino a luoghi dove venir sogliono(CRESCENTIO, 1538, pp. Libro X, Cap. XXVI e XXVII).

In letteratura si trovano differenti descrizioni e ricette per trasformare le bacche di vischio in esca. Erano una decina di ricette locali, con ingredienti a chilometro zero.
Le coccole venivano variamente cotte, schiacciate, lasciate invecchiare ed addizionate con sostanze differenti (VALLI, 1601, pag. 48, OLINA, 1622, etc. ) al fine di accentuarne la collosità e quindi la presa sulle prede.
Evidentemente l’uccellagione col vischio era molto diffusa nelle campagne, tanto che alla fine del XVIII secolo si trovavano alla vendita, nelle drogherie, almeno quattro tipi di vischio già preparato. Erano il vischio Damaschino o di Alessandria proveniente dalla Turchia, il vischio Soriano proveniente da Smirne e Scio, la Pania Spagnola ed il vischio d’Inghilterra (AA.VV., 1797, p. 243 e segg.).

L’uccellagione col vischio

Fra le diverse tipologie di caccia eseguite col vischio, alcune sono particolarmente originali.

Ancora con funicelle lunghe invescate si pigliono stornelli che molti insieme ragunati volano. Quando sia alcuno stornello al cui piedi si leghi una corda inviscata & in mano si tiene & lascisi quando la schiera giunge presso allhora colla corda lasciato se ne va & a loro strettamente vola & molti toccanti la corda sinvescano & insieme co lui a terra rovinono (CRESCENTIO, 1538, pp. Libro X, Cap. XXVII). Altrettanto descrive il VALLI (1601, pag. 20) (Figura 2).

…Anche col visco si pigliono anitre & simiglianti uccelli acquatici quando co esso sinvolge una fune di giunchi donde le stuoie si fanno & poni la sera nel lago o in altro luogo dove i detti uccelli dimorare sogliono: invero che gli uccelli per lacuqa notanti la notte perquotono ne la fune sopra lacqua tesa & prendonsi: & ne la seguente mattina presi si pigliono: ma conviensi che quello vischio siasi temperato che da lacqua si difenda…(CRESCENTIO, 1538, pp. Libro X, Cap. XXVII).

Molto particolare, e forse poco praticata, era la caccia al corvo.  

Si fa mettendo pezzi di carne dentro a taschetti, o berrettini di carta, la di cui apertura si unge con vischio. Il corvo volendo beccare la carne introduce la testa nel berrettino, e intanto s’invesca le penne, e volendo quinci volare porta con sé il cappuccio di carta, che leva a lui la vista. S’innalza allora per l’aria a perpendicolo a vista d’occhio, e alla fine cade dritto quasi all’istesso sito, da cui ha preso il volo. La sola cosa buona di questi uccelli sono le penne, che si adoprano pei cembali… (AA.VV., 1792, p. 20).

Allo stesso modo venivano catturate le cornacchie (PALMIERJ, 1836, p. 53).

Altri usi del vischio

Fra gli utilizzi meno noti ed originali del vischio erano il collante per le frecce, o per impedire ai bruchi di rovinare le vigne o come surrogato della vernice elastica.

Quel vischio chiamato Ixia, che dice ritrovasi Discoride in alcuni luoghi appresso alle radici del bianco Chameleone, si ritrova parimenti anchora nel nero, secondo che si vede nell’isola di Candia (Creta, n.d.A.)done dall’uno, & dall’altro Chameleone si raccoglie per incollare le penne in su le frizze de gli archi… (MATTHIOLI M. P., 1549, p. 245).
…In Thoscana è veramente il Vischio (…) molto necessario per le vigne: imperoche i bruchi nello spuntare degli occhi loro tutti se li mangerebbero, se no circodassero i nostri lavoratori tutti i piedi delle vigne col vischio, a cui nel salire per la pianta su di terra questi pestiferi animali nimichi d’un tanto eccellente liquore, meritamente rimangono cui lappati: & imperò no è di meravigliarsi, che la natura habbia fatto il paese nostro abbondantissimo di Vischio, sapendo bene ella quanto per tal peste ne fusse necessario… (MATTHIOLI M. P., 1549, p. 246).

Alla stessa maniera i contadini difendevano le loro vigne anche dalle “ruche” (TANARA, 1713, p. 216), (AA.VV., 1797, pp. 95-96) e (PALMIERJ, 1836, p. 289).
Infine, un altro uso particolare del vischio era la preparazione di una …Vernice analoga alla gomma elastica. M. Faujas de Saint-Fond… aveva approntato una ricetta per preparala (AA.VV., 1792, p. 275). Una volta pronta e riposata …fatela riscaldare, e datela al taffetà ben teso con un pennello piatto. Una mano basta, e se volete darne due, stendetele bene, e applicatele pei due versi del taffetà, che lascierete poi così teso asciugare all’aria… (AA.VV., 1792, p. 275). Il taffetà era un tessuto estremamente ricco (Figura 3) e molto in voga nel XVIII secolo.  Il termine deriva dal persiano taftah, che significa torto, intrecciato, tessuto. La particolarità di questo tessuto è che presenta il medesimo aspetto sia al diritto sia la rovescio. Appare come una superficie lucida, setosa, piuttosto fredda, leggera, rigida, frusciante, e soprattutto molto apprettata. E quest’ultima caratteristica forse era in qualche maniera accentuata dalla vernice analoga alla gomma elastica.
Un utilizzo molto discutibile fece del vischio lo SPALLANZANI (e dopo di lui altri “sperimentatori”). Usò il vischio per chiudere gli occhi, le orecchie e le narici di diversi pipistrelli al fine di sperimentarne il volo cieco (AA.VV., 1794, p. 7 e segg.).

Il vischio nella medicina

Non poteva mancare un utilizzo del vischio in medicina nonostante fosse notoriamente …mortifero veleno…(MATTHIOLI M. P., 1549, p. 245). Lo conferma il PLENCK …Visco bianco. Forza nociva. Queste bacche ripiene d’ un succo vischioso inghiottite agirebbono all’ incirca come il vischio de’ cacciatori. Antidoti. Il vomitorio. Virtù medica nessuna… (PLENCK, 1799, p. 212).
Tuttavia, in una delle tante versioni del libro di MATTHIOLI, anche un po’ modificata, si legge che …non di meno preso in certa poca quantità vale contra la sonnolentia. onde le donne di Candia per vegghiare la notte senza essere oppresse, e molestate dal sonno, mentre che s’esercitano in diversi lavori, usano di torne dopo cena una certa poca quantità senza nocumento veruno… (MATTHIOLI M. P., 1604, p. 697).

Era, comunque, utilizzato …interiormente per fortificare il cervello, per l’epilessia (il mal caduco di MATTHIOLI M. P., 1549, pag. 245 e GERVASONI, 1697, pag. 214, OMODEI, 1841, p. 632, n.d.A.), per la paralisia, per l’apoplessia, pel letargo, per le convulsioni, per li vermi. Se ne fa altresì entrare ne rimedj esteriori, come negli empiastri, negli unguenti, per fortificare, per far maturar le parotidi, o gli altri tumori per risolvere.
Il Vischio degli altri Alberi ha delle virtù simili a quelle del Vischio di Quercia, ma più deboli.
Le coccole del Vischio sono acre, ed amare; il loro glutine è proprio per far maturare gli abschessi, ed affrettare la loro marcia. Non debbono mai darsi tali coccole per bocca perché sono stimate una spezie di veleno. Purgano per le parti di sotto con una grandissima violenza, e mettono l’infiamazione dentro le viscere, se noi prestiamo fede agli Autori antichi. Io non le ho mai provate.
E’ stata nominata questa escrescenza Viscum, e Viscus cioè glutine, a cagione, che il suo frutto è ripieno di glutine
(LEMERY, 1721, p. 379).

Vi era poi un’azione “disinfettante” …delle ferite, o percosse… ritenuta molto incisiva (FALLOPIO, 1647, p. 321).
Alla credenza che il vischio facesse …tirare egli gli humori dal profondo, & non solamente i sottili, ma i grossi anchora, rarefacendoli, & digerendoli… (MATTHIOLI M. P., 1549, pp. 245-246) si può correlare l’uso per sanare la tosse convulsiva (OMODEI, 1841, p. 632).
Infine vanno ricordate alcune complicatissime e lunghissime ricette per preparare i cerotti indicati per la cura dell’ernia. Così la ricetta di RENALDO DI VILLANOVA (MUTONI, 1609, pp. 182-183) o quelle del CECCARELLI (1664, p. 203) e del CALESTANI (1606, p. 365) che riprende quella di certo MONTAGNANA.

Detti, proverbi e doppi sensi sul vischio

L’utilizzo molto diffuso del vischio nell’uccellagione dipendeva dalla sua caratteristica più evidente: la collostà, l’essere appiccicaticcio, più che velenoso o tossico. E questa caratteristica l’ha fatto divenire veicolo di negatività e superstizione. (MATTHIOLI M. P., 1604)
Il riferimento alla collosità delle sue bacche lo troviamo in paragoni, luoghi comuni e proverbi.

Così il demonio diventa …un vecchio cacciatore, il suo vischio è il diletto sensuale, il quale in tal modo inviluppa chi tocca, che lo fa inhabile à volare in alto: Alcuni piglia per gli occhi, Altri per l’orecchie, e tatto, e molti per il pensiero, mettendo per tutto il suo vischio, onde chi non vuole incappare, deve allontanarsi da questo vischio visione catastrofica di PINELLI (1602, p. 16).

Ed ancora Si dice del tordo, che a se medesimo è cagione di male, perché da suoi scrementi si produce il tenue vischio, col quale egli è preso; ma molto meglio mercede ‘suoi sensi può dirsi questo dell’huomo. Il Demonio continuamente va a caccia di noi per divorarci, Circuit quaerens, quem devoret, ma qual’è il vischio, col quale egli ci prende? I nostri sensi (ARESI, 1624, p. 430).

In maniera sicuramente più semplice, diretta e prosaica la medesima storiella viene spiegata da Esopo (LANDI, 1672): …un Tordo preso al Vischio si doleva assai, e si affliggeva più degli altri uccelli; dicendo; Io da me stesso m’hò fatto questo male, perch’io fà il vischio. Sentenza della favola. La favola dinota, che quel male che l’huomo si fa da lui medesimo è molto fastidioso… (LANDI, 1672, p. 307). Seppure questa situazione sia stata controversa nel tempo (AA.VV., 1713, p. 272), il tordo (Figura 4) mangia le bacche di vischio, le digerisce e dai suoi escrementi nasce la pianta che lo invischierà e lo ucciderà. In questo concordano il MARSIGLI (FANTUZZI, 1770, p. 292), DUMÉRIL (DUMÉRIL, 1825, p. 353), (BRIGANTI, 1828), (AA.VV., 1851, p. 244), (MATTHIOLI M. P., 1549, p. 246) E (TANARA, 1713, p. 450). Consegue che da tale credenza scaturisce il detto Turdus sibi malum cacavit (AA.VV., 1797, p. 242).

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