Copertina – I debris flow del Pfybärg-Gorwatschgrat (Vallese) fra la Forète de Fenges e la Val d’Hérens.
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Prologo
Tanti anni fa, ancora studente di Geologia, imbevuto di nozioni profondamente teoriche ed un po’ datate, attraversai in treno il Vallese per recarmi a Losanna. Rimasi colpito da un versante sfregiato da numerosi solchi di flusso prodotti da materiali di scorrimento, colate di detrito.
Passate alcune decine di anni ebbi la fortuna di tornare, ripetutamente, in Vallese, con un certo bagaglio professionale e riscoprire molti geositi: le Piramidi di Euseigne, le Piramidi di gesso del Col de la Croix, il lago di sbarramento di Derborence ed ancora il Musée de la Nature di Sion con i suoi tronchi fossili. Ma soprattutto ho ritrovato il versante del Pfybárg-Gorwatschgrat con i suoi debris flow.
I debris flow, una tipologia particolare di frane. …
Il debris flow
Le rocce che costituiscono i versanti del Pfybárg-Gorwatschgrat (Copertina) presentano un grado di alterazione e degradazione molto intenso. È una situazione indotta sia dalla tettonica, ancora attiva, che dalle condizioni climatiche locali (gelo-disgelo, piogge, vento, …). Di conseguenza questi versanti, e soprattutto i crinali, sono facilmente suscettibili alle frane di micro-crollo e crollo che si combinano in accumuli. E questi, per lo più, evolvono in colate detritiche (i debris flow, appunto).
Iniziano col rotolamento a valle di blocchi o massi che tracciano un debole solco lungo un pendio inerbito (Figura 1) o boscato (Figura 2), oppure scorrono fra due strati di roccia, uno dei quali limitato da una lunga frattura (Figura 3), oppure ancora seguono il letto articolato e inciso di una piccola asta idrica (Figura 4).
I materiali di micro-crollo e crollo costituiscono uno stillicidio continuo che si raccoglie lungo pendii ripidi o molto ripidi. In occasione degli eventi meteo estremi o più duraturi (elevata intensità di precipitazioni) divengono miscele di materiali solidi e liquidi che possono trasformarsi in debris flow.
Quindi, il materiale detritico accumulatosi lungo un versante fortemente acclive si libera in presenza una grande quantità d’acqua e ne diviene il mezzo di scorrimento. Questo è il fronte del debris flow. Segue una specie di fango, più fluido e turbolento, ma con elevate concentrazioni di sedimenti sospesi.
In generale i debris flow si impostano su flussi superficiali preesistenti, fino a incidere le superfici dei conoidi formati da vecchie colate detritiche (Figura 5).
Infine, i debris flow possono movimentare blocchi anche di rilevante massa e lungo grandi distanze. La loro mobilità dipende direttamente della frazione argillosa (perfino se limitata a 1% – 2%). Questa, riduce la permeabilità, ma aumenta la pressione interstiziale influendo sulla movimentazione delle pezzature maggiori (blocchi e macigni)
Morfologia del debris flow
… Secondo STINY (1910), il debris flow inizia con l’inondazione di ripidi pendii montuosi e trasporta grandi quantità di materiale sospeso e di fondo. Quando la quantità di sedimento trasportata dalla colata aumenta in una certa misura, la colata si trasforma in una massa viscosa di acqua, terreno, sabbia, ghiaia, pietre (aria) e tronchi mescolati tra loro attraverso il canale vallivo… (SANIDUS, DINATA e HUTASOIT, 2023).
Da un punto di vista morfologico, all’interno della colata detritica si distinguono tre zone (Figura 6 e Figura 7).
- L’area di corona o area sorgente: è l’accumulo di materiale di crollo indotto dai pendii superiori e che darà origine alle colate detritiche (A di Figura 6 e di Figura 7).
- Il percorso di flusso: è il luogo di scorrimento della colata detritica verso valle e può verificarsi in versante (a di Figura 9) o lungo un’asta fluviale più o meno ampia e impostata (B in Figura 6 e di Figura 7 e b di Figura 9). I debris flow sono caratterizzati da percorsi di flusso canalizzati.
- Il lobo di run-out/area o deposizionale: è la conoide di deposizione dei materiali della colata detritica (C in Figura 6 e Figura 7). Un esempio eclatante di conoide di deposizione da debris flow (più probabilmente di fasi successive di deposizione) è la Foréte de Finges, in Vallese (Copertina e Figura 8)

Figura 9 – Debris flow (a) da scivolamento di versante e (b) canalizzato (da SANIDUS et alii, 2023).
I debris flow del Mont Illhorn
Le litologie che costituiscono i versanti saranno descritte sulla base della Carta Geologica della Svizzera.
La corona del versante, fino al crinale del Mont Illhorn (2016 Figura 10, Figura 11 e 2025 Figura 12) è costituita da una struttura embriciata di alternanze ripetute di quarziti bianche, della Formation du Bruneggjoch, Membre de Sous le Rocher (Lopingiano – Trias Inf.) e quarziti sericitiche verdi con ciottoli di quarzo rosa della medesima Formation du Bruneggjoch, ma limitata al Lopingiano (260,4 ± 0,7 a 251,0 ± 0,4 milioni di anni fa).
Occasionalmente simulano una sequenza indifferenziata di conglomerati e brecce, psefite a granulometria di ghiaia, pietre e blocchi, in quarzite e arenaria quarzosa.
La sequenza alimenta coni di deiezione ed accumuli da frana e da crollo, olocenici, assimilabili a ghiaioni. Questi raggiungono il vallone morenico della Tsayetta, colmato da un indifferenziato testimone dell’ultima glaciazione tardo pleistocenica (Figura 10 alla base).
I debris flow del Pfybärg-Gorwatschgrat
La porzione superiore del versante del Gorwatschgrat è dominio dei calcari dolomitici, marmoroidi, del Trias indifferenziato. Questi sono in continuità con le coeve dolomie del medesimo Trias indifferenziato. A metà versante, localmente, si palesano in una cerniera di piega.
La porzione inferiore del versante è ricoperta da coni di deiezione e lobi di run-out nella granulometria prevalente di un ghiaione. La copertura è attraversata da colate detritiche (debris flow) in continua attività. La mobilità, l’attività e l’ampliamento, anche come numero (oggi sono una quindicina), delle colate detritiche si apprezza dal raffronto delle immagini riferite all’agosto 2011 (Figura 13, Figura 14 e Figura 15), al luglio 2016 (Figura 16 e Figura 17), all’estate 2018 (Figura 18), al settembre 2019 (Figura 19 e Figura 20), al 2022 (Figura 21, Figura 22 e Figura 23) ed al 2025 (Figura 24 e Figura 25). Ad oggi, l’estremizzazione dell’esposizione erosiva pare iniziata fra il 2019 e il 2021.
Dalla coltre sciolta emergono, casualmente ed occasionalmente, grandi blocchi delle precedenti litologie.
Più ad occidente affiorano anche paragneiss quarzosi e micascisti (Cisuriano – Lopingiano).
La Foréte de Finges
La Foréte di Finges si estende, in parte, su un ampio conoide di deiezione quaternario alimentato, in origine, dalla Valle di Illgraben, ma anche dal versante di Waschinen. La parte orientale della Foréte de Finge, successivamente, è stata alimentata anche dai debris flow del Pfybärg (Gorwatschgrat).
In realtà oggi, sia l’ampia conoide di deiezione principale (Valle di Illgraben nel 2010 Figura 26, nel 2016 Figura 27, nel 2019 Figura 28, Figura 29 e nel 2025 Figura 30 e Figura 31) che le aree di deposizione dei debris flow del Pfybärg (Gorwatschgrat) sono completamente forestate e apparentemente fossili. Tuttavia, durante i periodi di copertura nivea, viene evidenziato comei percorsi di flusso risultino ancora attivi (Figura 32, 2010, e Figura 33, 2019). E non appare solo in questo caso. Ad esempio è molto rappresentativo il lobo di run-out del deblis flow La Pala, che si stacca dal Malm della Combe de Greveneuse (VD), visibile chiaramente da Ollon (Figura 34, 2017).
Il grande conoide della Foréte de Finges fa parte del Système torrentiel de l’Illgraben (Loèche), uno dei Geotopi svizzeri, che ne comprende anche il bacino di alimentazione. In particolare, il Geotopo geomorfologico viene descritto come un …perfetto sistema torrentizio alpino, completo di bacino di raccolta, canale di scorrimento e l’enorme conoide alluvionale che deviava la traiettoria del Rodano… Il sistema è parzialmente attivo. In particolare, sono attive tutte le problematiche erosive lungo i versanti e quelle di alluvionamento-sovralluvionalento dell’asta idrica in pianura. Al contrario appare praticamente fossile il grande conoide, forestato ed antropizzato. Il sito è parzialmente insediato ed attraversato dal tracciato della strada cantonale, oltre che da infrastrutture idroelettriche e di estrazione della ghiaia. L’asta idrica è razionalizzata mediante un sistema di strutture protettive.
Debris flow e …ricordi della montagna
Lungo tutto l’arco alpino, e non solo in territorio italiano, sono diffuse leggende, storie, fantasie, ricordi di drammi più o meno grandi, tutte vittime della vitalità delle montagne e della loro fragilità. Sulle Dolomiti e nelle Alpi Orientali la montagna si lamenta. In Val di Fassa si ricordano le anime che piangono colpite dalle colate rapide. In Val Camonica è avvenuta la colata del Diavolo. In Piemonte si cercano o compaiono le tracce del gigante. E tante altre ancora.
Per riassumere in una breve storia gli elementi principali di questi ricordi della cultura materiale è stato chiesto aiuto alla IA. Ecco il suo racconto.
…Nella Val di Luna (Figura 35), un angolo dimenticato delle Alpi, c’era un villaggio (Figura 36) che non compariva su nessuna mappa. Era Pracorte. Una manciata di case di pietra (Figura 37), un piccolo campanile e un vecchio sentiero che saliva tortuoso tra i larici (Figura 38). Una bella valle, solitaria, e la montagna che la sovrastava (Figura 39), il Monte Nero, che incuteva rispetto.
Gli anziani dicevano che il Monte Nero non dormiva mai del tutto. Sotto le sue ghiaie, respirava e, ogni tanto, brontolava come un vecchio burbero che non voleva essere disturbato.
Poi, venne un’estate calda e strana. Quando arrivavano le piogge, cadevano in silenzio e all’improvviso, erano secchiate d’acqua lanciate dal cielo.
Una notte nonna Marta (Figura 40), la più anziana del paese, si svegliò di colpo. Diceva di aver sentito un suono sordo, profondo, come un tamburo battuto sottoterra. “Sta arrivando,” disse, con la voce rotta. “La montagna parla.”
Gli altri ridevano. “Le solite storie da vecchi,” borbottava il sindaco, mentre beveva grappa nell’osteria del paese (Figura 41).
Ma due giorni dopo… all’alba, senza pioggia e senza preavviso, un tuono secco squarciò la valle. Non veniva dal cielo. Veniva dal Monte Nero.
In pochi secondi, una colata tetra e rombante si staccò dalla parete rocciosa, scendendo come un fiume impazzito. Trascinava alberi, massi, pezzi di roccia grossi come baite (Figura 42). Nessuno fece in tempo a scappare. In meno di tre minuti Pracorte non esisteva più.
Ancora oggi, chi di rado passa in quella valle dice che si vede una croce di ferro arrugginita spuntare dai detriti.
Di notte, qualcuno giura di sentire il suono di campane lontane, anche se non c’è più nessun campanile.
E quando il vento soffia dalla parete del Monte Nero, sembra portare con sé un brontolio sommesso, come se la montagna stesse ancora parlando.
Ma nessuno vuole ascoltare…
Bibliografia
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