Faesulae (Fiesole) e la Pietra Serena

Copertina

Copertina – Fiesole. Il campanile della Cattedrale di San Romolo in Piazza Mino da Fiesole (scultore), vista attraverso le arcate delle terme romane.
Il campanile, originario del 1234, fu rifatto nel Settecento e nel 1739 gli venne aggiunto il coronamento con merlatura sporgente.
La cattedrale dedicata a San Romolo risale  al 1028 quando quando il vescovo Jacopo il Bavaro decise di spostare la Cattedrale dall’esterno all’interno delle mura della città. Nonostante i rimaneggiamenti successivi ed i restauri Ottocenteschi dell’architetto Michelangelo Maiorfi. mantiene ancora riconoscibile l’impianto romanico. La Cattedrale conserva le reliquie del suo Santo Patrono.

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Le cinte di Faesulae

La cinta muraria principale, etrusca, di Faersule è quella che racchiude e inserisce le due alture contrapposte di S. Apollinare (Figura 1, a dx), a oriente, e di S. Francesco (Figura 2) a occidente. Al centro si trova un’insellatura morfologica occupata dal centro della città.
Il perimetro murario complessivo sfrutta e si adatta all’accogliente morfologia locale.
Il riconoscimento del tracciato principale, quello esterno (Figura 3, Figura 4, Figura 49 e Figura 5 ), si è basato sui resti di alcuni lunghi tratti ancora conservati, Non altrettanto può dirsi per il tracciato dellapresunta seconda cinta muraria, che doveva difendere il solo colle di S. Francesco, probabile acropoli (Figura 6 e Figura 7) dell’insediamento (…) Sebbene vi sia la tendenza a considerare alcuni tratti murari sull’acropoli pregiudizialmente più antichi della cinta urbica, in realtà non esiste alcun dato oggettivo che possa chiarire le fasi costruttive o la datazione dell’apparato difensivo… (MORCIANO, 1994).
Vanno ricordati, in ogni caso, diversi, sparsi lacerti murari caratterizzati da orditure in grossi conci di Arenaria Macigno (Pietra Serena) raccordati con allettamenti di evocativa classicità. Questi erano già indicati in MAGI (1929; Figura 6, indicazione “D”) come testimoni o probabili terrazzamenti. Lacerti murari analogamente di incerta attribuzione si trovano distribuiti anche in area centrale della città, sia come terrazzamenti (Figura 8) che come strutture architettoniche (Figura 9, Figura 10, Figura 11, Figura 12 e Figura 13).

Fra la seconda metà del IV secolo e l’inizio del III BC la Faersule etrusca, sorta su un abitato villanoviano dell’Età del Ferro, si colloca lungo una via di penetrazione nord-sud arroccata, in posizione strategica, sulle valli dell’Arno e del Mungone. Una condizione che la pone fra l’ancora viva necessità di arginare il pericolo gallico (Figura 14) e la contrapposta pressione espansionistica di Roma (Figura 15). Inoltre, l’intera Etruria appare interessata da una ripresa economica affidata all’agricoltura ed all’allevamento che la rendono ancora più adatta a sostenere l’onere della costruzione delle cinta urbiche. Non dimentichiamo, per Fiesole, la disponibilità di materiale lapideo acconcio (la Pietra Serena), unita alle già acquisite conoscenze estrattive e manifatturiere, confermate anche qui archeologicamente, con il piccone del Museo Archeologico di Fiesole (Figura 16).
Così l’opera si dimostrerà efficace anche in futuro, resistendo fino al 90 BC ai romani, ritardando la conquista bizantina del 539 o quando …nel 1125 i Fiorentini ottennero la vittoria solo dopo un lungo assedio, cui fece seguito la distruzione delle fortificazioni… (MORCIANO, 1999). Nella miniatura per la Cronica del VILLANI, che ricorda l’avvenimento (Figura 17), compare una torre sull’altura prospiciente la sella su cui sorgeva il borgo, qui distrutto. L’immagine riporta alla mente una frase di MORCIANO (1994): …la disposizione, poi, delle potenti opere murarie situate sul punto più alto della collina, e oggi inglobate nel convento di S. Francesco, potrebbe far pensare a resti di un’imponente costruzione, forse una torre… (Figura 6, indicazione “D”).

Il modello geologico e l’andamento delle mura urbiche

La morfologia della regione di Fiesole è fortemente condizionata dalla giacitura degli strati e dei banchi di Arenaria Macigno, nonché dai loro rapporti con la direzione dei versanti.
Dalla Carta Geologica del PSePO della Città di Fiesole si evince un assetto giaciturale sostanzialmente omogeneo. Gli strati presentano immersione diretta da N-NW a N-NE, con inclinazione compresa fra 15 e 30 gradi. I rapporti giacitura degli strati/immersione dei versanti evidenziano condizioni di debole franapoggio (Figura 18) lungo la fascia settentrionale, mentre lungo quella meridionale si manifestano rapporti di reggipoggio.
In quest’ultimo caso, la fratturazione tipica dell’arenaria ha condizionato il formarsi di versanti subverticali (tipo falesia) che hanno fornito una locale, naturale protezione, in senso strategico. …Il pendio meno accessibile si è avvantaggiato di mura solo nei suoi punti più esposti, alternando ad esse pareti scoscese tagliate nella viva roccia… (MORCIANO, 1994). Altrove sono stati necessari modesti interventi di terrazzamento o regolarizzazione dell’andamento naturale dei versanti, anche finalizzati all’inserimento delle strutture monumentali, quali l’anfiteatro (Figura 19, Figura 20, Figura 21 e Figura 3), il tempio (Figura 22 e Figura 23), le piscine (Figura 24 e Figura 25), le terme (Figura 26, Figura 27 e Figura 28), etc..
In conclusione, l’assetto strutturale dei versanti ha necessitato di …una maggior cura dell’apparato difensivo sul versante settentrionale, meno difeso naturalmente e che ancora oggi mostra mura ben conservate; al contrario, sul versante meridionale, il pendio meno accessibile si è avvantaggiato di mura solo nei suoi punti più esposti, alternando ad esse pareti scoscese tagliate nella viva roccia… (MORCIANO, 1994).
Tuttavia, un’idea molto approssimativa di come avrebbe potuto apparire il versante settentrionale prima dell’inserimento delle opere etrusche e romane ce la può fornire Alessandro PERTIROSSI con la sua immagine di Fiesole nel 1688 (Figura 29). Ben inteso, sono passati diversi secoli fra l’assetto pre etrusco e l’immagine del PERTIROSSI. Appare, comunque, evidente che la natura aveva ripristinato condizioni simili a quelle del versante precedente alla presenza villanoviana, etrusca, romana ed agli avvenimenti storici successivi. Quindi i conseguenti abbandono, interramento dei monumenti, anche per possibili instabilità superficiali, e ridestinazione agricola delle aree. E bisognerà aspettare fino al 1873 per l’avvio degli scavi presso il Teatro romano (Figura 30) ed il 1878 per la creazione dell’Area Archeologica che accoglie le memorie di Fiesole. 

I muri di Faesulae: la posa in opera

Naturalmente, iniziamo dalle fondazioni.
Innanzitutto veniva eseguito un profondo scasso di alloggiamento. Era uno scavo nel terreno, ove possibile spinto fino al substrato. Si rivelava necessario per regolarizzarne l’inclinazione ove si presentava in condizioni di franapoggio (seppure debole). …Altre volte è stata stesa una base di schegge di piccole dimensioni per rendere più elastico l’mpatto tra il piano di posa e i blocchi... (MORCIANO, 1994). Tale accorgimento ricorda i sottofondi in cocciopesto, talvolta anche dimensionalmente consistenti, che hanno tanto fatto discutere gli archeologi sul loro significato.

La base della fondazione delle mura etrusche si distingue nettamente dall’elevato. …I primi due filari si presentano aggettanti rispetto all’alzato o con una risega di fondazione lavorata sommariamente a scalpello, direttamente sul posto… MORCIANO, 1994; Figura 11). Accorgimento diffuso in altre strutture etrusche, come ad esempio nelle mura che contenevano il terrapieno e sorreggeva i due templi dell’acropoli di VI secolo BC di Perugia, qui con funzionalità anche antisismica. Ma che ritroviamo, in seguito, ancora nel medioevo.
A tergo delle mura etrusche di Fiesole è presente un riempimento, a scopo di rimodellazione morfologica. 
In particolare, il riempimento era …
costituto da un ammasso di pietrame e terra (ed il paramento murario fornito di) numerose bocchette di scarico… (MORCIANO, 1994). Questo accorgimento, di grande abilità ingegneristica e soprattutto idraulica, aveva due scopi evidenti. Innanzitutto creare un setto drenante, mediante lo sfatticcio di pietrame, a tergo del paramento verticale, e secondo, ma fondamentale, drenarne le acque di infiltrazione. Possibili crolli localizzati possono essere imputabili all’intasamento del drenaggio prodottosi nel tempo, più che al solo sottodimensionato delle bocchette.

Riguardo all’orditura delle mura, sono evidenti piani di posa dei diversi filari ad andamento lievemente irregolare ed ondulato. Nel primo caso i raccordi fra due filari successivi non sono complanari (Figura 11 al centro). L’imposta di questi gradini a incastro perfetto, aveva lo scopo probabile di dare maggiore rigidezza e resistenza alla struttura.
Qualche problema comporta l’interpretazione delle talvolta ricorrenti zeppe presenti lungo la muratura che sembrano contrastare con la raffinatezza dei citati raccordi irregolari, ma perfetti, fra grossi conci e filari… 

Immagine citata nel testo
Figura 35 - Cava di Canara (latomia), Archivio Comunale di Fiesole, Fondo Ranfagni (da BORSOTTI, 2021)

Figura 35 – Cava di Canara (latomia), Archivio Comunale di Fiesole, Fondo Ranfagni (da BORSOTTI, 2021)

L’Arenaria Macigno, la Pietra Forte e la Pietra Serena

Della Pietra Forte (probabilmente quella fiorentina estratta in casa, certamente nella cava del Giardino di Boboli), il VASARI sosteneva che …“le vene di bianco sottilissimo” che affiorano nel “colore alquanto gialliccio (…) gli danno grandissima grazia… e il DEL RICCIO (…) elogia il fatto che “quando è stata assai tempo in opera, non teme acqua né venti, ma sta sempre forte”… (GIUSTI, 2004, p.13).
Invece, Pietra Serena viene quasi vicariata, dalla GIIUSTI (2004), col Macigno dicendo …ovvero il “macigno di Fiesole” di cui sempre il DEL RICCIO individua le diverse qualità, citando come migliore quella che si vede tra l’altro in opera nella Biblioteca Laurenziana di Michelangelo “ (…) fine, bella, durabile ed ha in sé gran morbidezza in toccarla”... (GIUSTI, 2004, p. 14).
In realtà, dal punto di vista geologico-formazionale, sia la Pietra Forte che la Pietra Serena appartengono alla Formazione oligocenico-miocenica del Macigno.
Tuttavia, anche in letteratura geologica sono state associate le denominazioni locali della cultura materiale, tradizionali e, soprattutto, mercantili alle definizioni litologiche e formazionali con fini di caratterizzazione territoriale. 
In ogni caso non è semplice, seppure utile, fare un po’ di chiarezza.
Dal punto di vista genetico, l’arenaria Macigno è una roccia torbidtica cioè generatasi da enormi frane sottomarine, rilasciate in zona di scarpata continentale. Lungo la serie ed in affioramenti diversi si riconoscono sequenze di strati a granulometria variabile, da media a grossolana, riconducibili ad ambiente deposizionale di lobo esterno. La presenza di minerali accessori differenti ne condiziona varietà e qualità geotecniche e merceologiche. In questo ambito, la dizione Pietra Serena indica i livelli arenacei della sequenza torbiditica meglio gradati.
La petrografia è piu indicativa. Classifica la Pietra Serena come un’arcose litica a matrice argillosa, mentre la Pietra Forte è un’arenaria litica a cemento carbonatico (BASTOGI E FRATINI (2004). Si tratta, quindi, di sequenze lito-stratigrafiche a caratteristiche differenti, ma che anche gli stessi autori assegnano alla Formazione del Macigno,
Esistono poi tutta una serie di varianti qualitative, in funzione della lavorabilità, all’interno dei due litotipi. Per la Pietra Serena si ricorda la Pietra Gentile degli storici dell’arte, la più pregiata, o la Pietra Bigia e la Pietra Dura, o quella della Falda Grossa, dalle evocative caratteristiche anche di resistenza all’esposizione. 

Caratteristiche e differenze fra Pietra Forte e Pietra Serena

Nella tradizione i nomi sono stati, sovente, vicariati, se non proprio confusi fra loro. Ciò è occorso, soprattutto Per la Pietra Forte e la Pietra Serena che hanno creato una qualche confusione, per altro, riscontrata anche nella letteratura geologica meno recente
Probabilmente la discriminante, oltre alla natura litologica indicata dalla classificazione petrografica, è di tipo sostanzialmente areale (Figura 51).
Tuttavia, ...dall’uso della Pietraforte e dell’arenaria di Fiesole (Pietra Serena), nasce la forte connotazione cromatica della città (di Firenze): tonalità ocracee per i palazzi e le civili abitazioni, colori cerulei per i grandi colonnati e per le vie lastricate. Sono i colori, rispettivamente, della Pietraforte e della Pietra Serena. La prima ha costituito il principale materiale da costruzione, mentre la seconda è stata utilizzata soprattutto con finalità ornamentali e ha avuto il periodo di massima fortuna durante il Rinascimento, quando ne venivano richiesti grandi blocchi per scolpire colonne e capitelli. Sicuramente è a Fiesole (…) che si trovano le maggiori testimonianze dell’uso della Pietra Serena in antichità (…) Nel 1987 gli scavi condotti in piazza Garibaldi a Fiesole, hanno portato alla luce una cava con fronte normalizzato in epoca romana… (BASTOGI, 2004). 
Fiesole, quindi non era solo il luogo idilliaco di rifugio e riflessione, ma anche …un’immensa pietraia che incombe su Firenze, segnata dal colore piombo delle sue cave… Questa era la Fiesole del BOCCACCIO, la città ricca di testimonianze di estrazione e lavorazione della Pietra Serena dedicata soprattutto all’espansione di XIII-XV secolo di Firenze (la Biblioteca Laurenziana, il loggiato e i fregi della Sacrestia di San Lorenzo, gli Uffizi, la Loggia del Mercato Nuovo, etc.) ed all’arte di Donatello (Figura 31). Ma …anche la medievale pietra forte transita dai fortilizi di età comunale, e fra questi quello per eccellenza rappresentativo, Palazzo Vecchio (Figura 58), alle dimore signorili della grande borghesia fiorentina del Quattrocento, quali Palazzo Medici, Palazzo Strozzi, Palazzo Rucellai e via dicendo… (GIUSTI, 2004).

Non si può certo dimenticare l’impiego della qualità Falda Grossa di Fiesole adottata dal BRUNELLESCHI …per l’anello di chiusura della cupola del duomo («onchio della lanterna» nel linguaggio dell’epoca) che salda fra loro i costoloni e regge la lanterna in cima all’intero complesso, (al posto della) pietra gentile di Settignano impiegata per i tiranti interni… (BARLUCCHI, 2020).

Cave storiche e metodi di estrazione

La storia estrattiva della Pietra Serena fiesolana comincia con gli Etruschi e segue con i Romani. Poi …dopo una riduzione drastica dell’attività nell’alto medioevo, la lavorazione della pietra locale dovette essere di nuovo fiorente quando fu avviato l’imponente cantiere della Cattedrale di Fiesole (Figura 32, Figura 48 e Figura 59), a partire dall’XI secolo… BORSOTTI, 2021).
Più tardi, sappiamo dal notaio Ser Matteo di BILIOTTO (nativo di Fiesole, ma attivo a Firenze) che fra il 1294 e il 1303 furono attive 7 nuove cave localizzate …due a Monte Ceceri, due a Fornello, due a Citerna (e) una al Comunale… (BARLICCHI, 2020). Le altre nove, aperte in precedenza, si localizzavano …su toponimi ormai non più rintracciabili ma collocati nel popolo della Canonica di Fiesole, quindi vicinissime all’abitato, di una non si indica la posizione. Tutte comunque all’interno del comprensorio fiesolano, anche quelle su toponimi scomparsi, mentre non abbiamo nessuna notizia relativa alle cave di Maiano, Settignano e Vincigliata, ben note invece e sfruttate in età rinascimentale… (BARLUCCHI 2020).
Dopo la conquista fiorentina e l’apertura del nuovo mercato, dal …XIV secolo gli abitanti del capoluogo sono in maggior parte dediti al lavoro di cavatori e scalpellini nelle rinomate cave di pietra serena di Monte Ceceri(DE VIVO e VALENTINI, 2006; Figura 40, Figura 41). Il Monte Ceceri, ricordato anche per gli esperimenti di volo fatti da Leonardo DA VINCI (Figura 33 e Figura 34) si localizza a SE di Fiesole, fra il Borgunto e Maiano.
Così, …agli inizi del Quattrocento (…), accanto alla famosa cava di Pietra Serena di Trassinaia affittata dall’Opera del Duomo di Firenze, dovevano essere aperti una quindicina di impianti di estrazione situati tra Fiesole e Settignano… (BARLUCCHI, 2020).

La metodica estrattiva narrata in letteratura è quella classica e caratteristica anche di altre litologie, come nel coevo distretto dell’ardesia del Tigullio (Liguria Orientale). Quindi anche la Pietra Serena veniva estratta sia nelle cave in sotterraneo (le Latomie; Figura 35, Figura 36, Figura 42, Figura 43, Figura 44, Figura 45) che in quelle a cielo aperto (dette le Tagliate; Figura 37). Nella cultura materiale è ricordato che le coltivazioni avvenivano, …nell’area fiorentina (…) scavando a grotta (le cosiddette ‘latomie’) e lasciando in piedi dei pilastri  (Figura 38 e Figura 39) per reggere la volta oppure a cielo aperto, sfruttando la pendenza della montagna, facendo franare dal basso la terra di sopra per mettere allo scoperto i filari di pietra. Poi «il taglio dei blocchi da lavorare iniziava dall’alto verso il basso lasciando progressivamente in vista i filari e le loro caratteristiche… (BARLUCCHI, 2020).
L’estrazione era operata sfruttando i piani di strato dei banchi arenacei e, soprattutto, i piani di frattura fra loro ortogonali, e perpendicolari alla stratificazione (Figura 46 e Figura 47). L’attività utilizzava semplici strumenti, fra i quali dei cunei lignei che, dopo essere inseriti in predisposti tagli, venivano irrorati per provocare il distacco dei blocchi.
Numerosi e particolari. erano i prodotti commerciali, le denominazione delle cave e dei cantieri, le operazioni di delimitazione ed estrazione dei blocchi, gli strumenti e le pertinenze, ripresi dagli atti del notaio Matteo di BILIOTTO e dal TARGIONI TOZZETTI. Per approfondire l’argomento si rimanda al lavoro di BARLUCCHI (2020).

Una cava di Pietra Serena fu scelta da BRUNELLESCHI per il Cupolone

Santa Maria del Fiore, il Duomo di Firenze. La cattedrale opera dell’architetto Arnolfo di CAMBIO, ma soprattutto la cupola (Figura 53, Figura 56 e Figura 57) ideata da Filippo BRUNELLESCHI (Figura 50) rappresenta una delle imprese costruttive più significative dell’intero Rinascimento.
Un’opera particolare e singolare, la cupola, fu costruita senza impiego di centine per il sostegno di una struttura imponente. La cupola si eleva per oltre 35 metri sopra il tamburo, per un totale di circa 54 metri. Al di sopra dell’occhio della cupola è stata posta la lanterna, sovrastata dalla palla di rame rivestita in oro, realizzata dal VERROCCHIO (Figura 52). Il tutto per altri 22 metri circa.
La cupola è stata costruita utilizzando quattro milioni di mattoni posti in opera, a spina di pesce (Figura 54 e Figura 55), dalla base all’occhio, con inclinazione crescente.
Tanti accorgimenti per cercare di limitare al massimo il peso della struttura che, in ogni caso, è stato stimato in 37.000 tonnellate (alcuni autori indicano un peso inferiore).
Per realizzare quest’opera mastodontica occorreva un’organizzazione di cantiere particolare e perfetta, in grado anche di gestire alcuni eventi contrari, seppure politici. Ed in tale organizzazione rientravano le macchine appositamente progettate e realizzate, per movimentare carichi a grandi altezze. Anche tutto questo ideato e gestito dal BRUNELLESCHI, ne rimane ricordo solo in disegni e descrizioni di altri ingegneri, fra i quali lo stesso Leonardo DA VINCI. 
Infine anche la scelta dei materiali per l’opera del Duomo rivestì un’attenzione maniacale da parte del BRUNELLESCHI. …Materiali specifici furono scelti per usi specifici, e in molti casi fu specificata la cava precisa da cui le pietre dovevano provenire… (COLI, et alii, 2008). Questo emerge dai numerosi documenti conservati presso l’archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze.
In particolare il BRUNELLESCHI scelse, e volle, una Pietra Serena particolarmente resistente che all’epoca affiorava nella cava Trassinaia. Caduta nell’oblio, la cava è stata individuata grazie ad un’indagine interdisciplinare (COLI et alii, 2008).
La costruzione della cupola fu terminata nel 1471 con il posizionamento della lanterna.

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Bibliografia

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Un ringraziamento all’Arch. Patrizia GIANNINI per la rilettura critica del manoscritto

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