Le falesie della Liguria Orientale

Copertina

Copertina – Lungo il sentiero che scende ripido a Vernazza, un po’ di anni fa… Sullo sfondo la costa alta a falesia fino a Punta Mesco. Foto storica, da web.

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Falesia, costa alta in roccia: dinamica geomorfologica

La Liguria marittima si sviluppa per circa 350 Km fra la Punta Bianca (di Ameglia) ed i Balzi Rossi (di Ventimiglia). Di questi, ben oltre la metà (circa 190 Km) sono di costa alta, rocciosa.
A levante di Genova, fino allo scoglio del Tinetto, la costa è del tipo che la morfologia definisce a falesia. Fanno eccezione il ristretto Golfo della Spezia e le pianure maggiori di Levanto e dell’Entella, La tipologia geomorfologica della falesia è …rappresentata da un profilo sub-verticale che subisce una marcata variazione di pendenza nella parte sommersa… ( (FACCINI e TERRANOVA, 2009, p. 480; Figura 1 da DEL SOLDATO M., 2010; Figura 53).
Questo assetto morfologico è di tipo attivo, con variegate e frequenti situazioni di instabilità e pericolosità, palesate da fenomeni gravitativi e di degradazione dei versanti.
Lungo la Liguria Orientale, i fenomeni di instabilità che hanno interessato ed interessano le falesie sono stati frequenti (BONATI L., 2004; BONATI L., 2006a; BONATI L.; 2006b; BONATI L., 2006c; COGGIO, 2009; COGGIO, 2015; DONATI, 2015; G.B.C., 2006; GALEOTTI, 2013a; GALEOTTI, 2013b; REDAZIONALE, 2004; REDAZIONALE, 2005a; REDAZIONALE, 2005b; REDAZIONALE, 2006a; REDAZIONALE, 2006b; REDAZIONALE, 2011; REDAZIONALE, 2013; REDAZIONALE, 2015; RICCI, 2007; SASSARINI, 2011). Questi, hanno imposto ed impongono conseguenze dirette sul territorio e sulla sicurezza. Così, ad esempio, avviene per i circa 4300 residenti distribuiti nei 3,8 Kmq del Parco Nazionale delle Cinque Terre e nelle sue 361 imprese agricole dedicate al DOC Sciacchetrà che interessano circa 92 ettari. Ma anche nei confronti del turismo da diporto o dei 2,5 milioni di visitatori l’anno che ne percorrono i sentieri affacciati sul mare, solo per le Cinque Terre (dati 2010) o sulle infrastrutture (ultima delle quali il cimitero di Camogli (Figura 50) che ha coinvolto 461 defunti, dei quali 238 mai ritrovati (REDAZIONALE, 2024).
La nota positiva, di questo sistema evolutivo è l’alimentazione, seppure incostante o occasionale, delle piccole spiagge sottese.

Falesie, dissesti, insediamenti…

Le immagini da satellite, anche quelle storiche ed a grande scala degli anni Settanta del secolo scorso (Figura 2), manifestano quanto sia preponderante la costa alta nel territorio compreso fra Genova e la Spezia.
Se poi osserviamo, seppure solo visivamente, la distribuzione delle fragilità di versante se ne riscontra una discreta concentrazione proprio lungo le fasce costiere. Ciò appare evidente dalla Figura 3, dove le aree a colorazione arancio, gialla, marrone e rossa definiscono i corpi detritici, di frana ed i versanti a diverso grado di instabilità. La loro concentrazione è massima in corrispondenza delle coste alte del Pormontorio Orientale, del Muzzerone-Cinque Terre, del Mesco (Figura 28), di Bonassola (Figura 45 e Figura 46) e di Punta Apicchi (Framura; Figura 47). Seguono le falesie arenacee di Moneglia-Riva Trigoso (Figura 48), Sant’Anna (Figura 49) e quelle calcaree di Camogli e Nervi.
Infine, possiamo prendere in considerazione la distribuzione degli abitati in relazione alla fascia costiera ligure orientale (Figura 4) e, di conseguenza, alla diffusa morfologia a falesia.

I rapporti e la connessione fra insediamenti, terrazzamenti agricoli e costa alta a falesia, con le relative criticità, sono evidenti ed esemplificative nella Figura 5. È il tratto di costa compreso fra Corniglia (a sinistra), l’ex Villaggio Europa e Manarola (a destra), ma si potrebbe estendere a tutta l’area compresa fra Portvenere e Punta Mesco.
Nonostante l’acclività dei versanti (Figura 5), la diffusione delle fasce a terrazze destinate alla viticultura si interrompono solo alla quota del battente marino di burrasca (Figura 51) o lungo i debris flow lineari (di VARNES, 1958 e VARNES, 1978). Sono, cioè, i frequenti canaloni di scarico di materiali di detrizione dai versanti: il debris flow lineare del Fosso del Checco (Figura 6), il debris flow lineare del Fosso della Lama della Bansuola (Figura 7) ed il debris flow lineare del Seno del Canneto (Figura 8). Storicamente le terrazze sono state estese anche ai corpi detritici di frana, allo scopo di recuperarli e stabilizzarli. Una forma di consolidamento dei versanti critici che ha avuto ragione ed ha funzionato fintanto che i terrazzi sono stati manutentati dalla presenza e dal presidio sul territorio.

Particolari ed ingegnose attenzioni per la convivenza con le criticità del territorio

In ottica di attenzione al territorio e convivenza con le sue criticità c’è un intervento particolarmente interessante e significativo.
Premessa necessaria è che l’elemento più importante, seppure indispensabile, e che ha innescato un primo forte impatto sulla falesia è stata la linea ferroviaria Genova-Pisa. Un’opera che per la sua funzionalità e, soprattutto, localizzazione ha necessitato di ingenti opere di difesa (Figura 9). A distanza di 150 anni, l’incidente evoluzione della falesia e le difficoltà della manutenzione agli impianti ne hanno diffusamente limitato, fino ad invalidarne localmente, l’efficacia (BONATI L. , 2004; REDAZIONALE, 2004) ed a decretarne la necessità di deviazione a monte e, soprattutto, in galleria.
Ma fra le opere di difesa passiva realizzate in concomitanza della prima linea ferroviaria (1868-1874), se ne riscontra almeno una per la sua originalità, efficacia e particolare funzionalità, progettata dagli ingegneri delle ferrovie fra il 1872 e il 1874 (tratta Sestri Levante- La Spezia).  È la, cosiddetta, tramoggia (Figura 10 e Figura 11) predisposta per by-passare, fino al mare (Figura 12) il viadotto ferroviario e la vecchia stazione di Corniglia. Contemporaneamente, l’opera ha consentito la continuativa, seppure parziale, alimentazione dalla spiaggia prospiciente. E questo spiaggione ha costituito un ulteriore elemento di protezione al viadotto ferroviario, almeno fino al suo parziale smantellamento indotto dall’erosione marina e dalla presenza, proprio, della barriera ferroviaria che ne ha inibito il ripascimento per alimentazione dai versanti.

Falesia, insediamenti, dissesti: Camogli

Due casi dolorosi e recenti, hanno inciso sul medesimo territorio.
La imponente falesia di Camogli si scopre seguendo il percorso lungo costa, a cominciare dal margine orientale dell’abitato, sulla rotta per San Fruttuoso. La costa palesa una bella e rappresentativa esposizione della falesia che coincide col versante occidentale del promontorio di Portofino. Qui affiora il Flysch di Monte Antola che appare intensamente ripiegato. Si possono riconoscere differenti, rappresentative e didattiche tipologie di pieghe. In particolare si riconoscono una grande piega a ventaglio (“a” di Figura 34), una grande piega a gomito (“b” di Figura 34), un’ampia piega anticlinalica (“c” di Figura 34) oltre a pieghe numerose minori.
In particolare è interessante la grande piega che si estende dal mare fino alle case di località San Rocco, al di sotto l’insediamento preistorico del Castellaro di Camogli (Figura 52Figura 35).
Il castellaro è uno dei tipici insediamenti liguri dell’Età del Bronzo, come quello di Uscio. Ma quello di Camogli presenza l’atipicità di essere l’unico a ridosso del mare.
Il sito è stato oggetto di scavo archeologico nel 1976 1777.  Ne è emerso un abitato costituito da alcune capanne impostate su riempimenti contenuti da muri a secco (Figura 35). Gli scavi hanno riportato alla luce recipienti ceramici, macine da grano, fusaiole, pesi da telaio e reperti osteologici di cervo e pecora. Tali evidenze hanno consentito di ipotizzare che nell’insediamento fossero svolte attività artigianali quali la tessitura, l’allevamento, l’agricoltura e la caccia. La frequentazione del sito è iniziata a partire dal XIV sec. a.C. (Bronzo Finale).
Un insediamento ardito, posto a margine della falesia, che il tempo ne ha palesato la pericolosità.

Infatti, dalla parete del Castellaro, subito a sud della piega a ventaglio, negli anni Cinquanta si è staccata una frana che ha lasciato in alto un vasto anfiteatro imbutiforme ed in basso una conoide che ha parzialmente invaso i fondali marini. I crolli si sono ripetuti diverse volte successive (GALEOTTI, 2013a; GALEOTTI, 2013b; REDAZIONALE, 2013; vedi filmato il calce; REDAZIONALE 2020a; REDAZIONALE, 2020b; REDAZIONALE, 2024a).
Il secondo caso ha interessato il cimitero di Camogli, costruito (Figura 50) ed ampliato nel tempo e proprio sul margine della falesia. Nel 2021 è crollato improvvisamente, coinvolgendo oltre 460 defunti, la maggior parte dei quali non sono stati più ritrovati (REDAZIONALE, 2024b).

immagine citata nel testo

Figura 34 – Schema grafico della Fallesia di Camogli, con indicazione delle pieghe didattiche (da AA.VV. 1994)

La falesia della Palmaria, il Portoro e la Grotta dei Colombi

La Palmaria è la maggiore delle tre isole allineate con il Promontorio occidentale del Golfo della Spezia. Le tre isole costituiscono altrettante placche calcaree disarticolate, rappresentanti l’estrema propaggine della serie carbonatica che, da qui, si inabissa in mare.
In direzione del Golfo i versanti dell’Isola appaiono dolci, degradanti, concordi con l’immersione degli strati e sono ricoperti da fitti boschi di lecci, pini d’Aleppo, carpini e querce. Al contrario, in direzione del mare aperto si affaccia l’imponente falesia sub-verticale e strapiombante (Figura 23) che raggiunge l’altezza di oltre 100 metri ed è battuta dai mari di libeccio e di mezzogiorno.
Sulla falesia strapiombante è leggibile l’esposizione della sequenza litologica.
A livello del mare sono evidenti le testate degli strati di Portoro (Figura 13) diffusamente coltivato sull’isola (Figura 14, Figura 15, Figura 16, Figura 17 e Figura 18) che ravvivano, con striature nere, il potente orizzonte di dolomia saccaroide chiara. Alla sequenza, paesaggisticamente molto caratterizzante, si sovrappone (in senso geometrico) la Formazione della Spezia con i Calcari di Portovenere (strati sottili di calcari neri, frequentemente alternati a dolomie a grana fine ed orizzonti guida di marne nere, nonché i Calcari e Marne di M. S. Croce, in strati calcarei alternati a marne con lumachelle di bivalvi e gasteropodi.
Lungo la falesia, si aprono diverse cavità naturali di origine carsica, la più importante delle quali è la Grotta dei Colombi (Figura 19).

La grotta si apre sulla falesia, poco sopra il livello del mare. Dopo un corridoio di una ventina di metri, si accede ad un’ampia camera, dalla quale si dipartono un paio di angusti e brevi cunicoli (BARBAGELATA, 1985; Figura 20).
L’ interesse della grotta è prevalentemente archeologico per la presenza di due livelli antropici. Un primo livello plaistocenico con presenza di industria litica scheggiata ed un secondo livello olocanico che ha restituito i resti di una decina di individui (adulti e bambini), con relativi corredi, a testimonianza della destinazione sepolcrale della grotta.
Una recente analisi radiocarbonica ha attribuito la frequentazione della grotta al IV millennio B.C., cioè alla fase iniziale dell’Età del Rame (GIAMPIETRI, 1998).

La falesia del Muzzerone

La falesia del Muzzerone comincia presso la Punta di Portovenere sui cui strati di Portoro è arroccata la chiesa romanica di San Pietro (Figura 21). Una leggenda vuole che sia stata fondata sulle rovine di un tempio romano dedicato alla dea Venere.
Di fronte si erge l’arditissima falesia del Muzzerone, le cui pareti strapiombanti sfiorano i 300 metri di altezza (Figura 22, Figura 23 e Figura 24). Un monumento paesaggistico, un geosito unico e particolare, una famosa scuola di roccia e, un tempo, rinomata area estrattiva con le ormai dismesse cave di Portoro.
Oltre il Muzzerone, tutti i versanti fino alle Cinque Terre mantengono pendenze elevatissime, mai inferiori al 100% (45°; Figura 1).
Alle spalle di San Pietro si estende il borgo medievale genovese e, in alto, il Castello nuovo che troneggia a controllo del Golfo e della non sempre amica fortezza di Lerici.
Appena doppiata la punta di San Pietro compaiono le spettacolari contorsioni degli strati di roccia strizzati in anticlinali rovesciate e coricate, rese ancora più scenografiche dalle alternanze cromatiche (Figura 25). Dal bianco della dolomia saccaroide e il grigio del Portoro (Figura 26), al rosso e verde degli Scisti Policromi toscani di Case Boccardi (Figura 27) e Le Rosse (Figura 28). Poi la famosa Grotta Arpaia (detta anche Grotta Byron; Figura 29), o quello che ne resta dopo i ripetuti crolli imputabili soprattutto alla violenza del mare. Per i geologi Grotta Arpaia (Figura 30) significa molto di più che il ricordo un po’ annebbiato della presenza del poeta, che per altro amava profondamente tutta la Liguria e quella Orientale in particolare. Grotta Byron significa soprattutto gli strati di Grotta Arpaia che rappresentano una sequenza cronostratigrafica e soprattutto fissilifera il cui studio ha permesso la datazione della serie dei terreni di questa porzione di Falda Toscana.
Inerpicandosi lungo il sentiero che risale la falesia  ad ogni curva e ad ogni passo il paesaggio si dipana fra pinnacoli di roccia e rare forme di erosione a denti di sega. Una sorta di scalinata dei giganti ricavata nelle marne a Posidonia di Punta Pittone. Un altro geosito, risultato dell’azione combinata di fratturazione, tettonica ed erosione (Figura 31).
In questo paesaggio bello e impossibiei è stata segnalata la rarissima presenza del Corvo Imperiale (Corvus corax; BARUFFETTI, 2004; Figura 32 e Figura 33) e del Falco Pellegrino, che nidificano in anfratti inaccessibili,
Ad aggiungere valore è la certezza che già nell’Età del Rame-Bronzo Antico la zona fosse frequentata dai Liguri, come attestano i ritrovamenti di una punta di freccia e numerose schegge di diaspro rosso provenienti dal vicino Monte Castellana.

La falesia diventa toponimo

L’elemento geomorfologico si fa toponimo.
È il caso del porto …che è circa due miglia a ostro-libeccio… (REPETTI, 1833, p. 331) da Piombino, ma soprattutto dell’Abbazia di Falesia …nel porto vecchio di Piombino (SS. Giustiniano e Bartolommeo). Monastero da gran tempo diruto presso l’oratorio della Madonna di Falesia, nella rada a lev. di Piombino, luogo detto Porto vecchio, nella cui vicinanza era un’antica stazione della via Amelia, non lungi dalla quale approdò nell’anno 415 Rutilio Numaziano che ne descrisse la località. Fu dotata ed eretta, nel 1022 per i Benedettini nelle terre dei conti della Gherardesca da sei fratelli figli del conte Teodicio della stessa nobile prosapia, i quali la posero sotto l’immediata protezione dei pontefici, riservandosi il giuspadronato. Nello stesso secolo vi acquistò una qualche giurisdizione il famoso monastero di Bobbio per investitura acquistata della porzione spettante agli eredi del colite Teodicio, uno dei sei fratelli fondatori, e per conto della quale il march. Adalberto della Consorteria degli Estensi, fece nel 1077 una solenne rinunzia. … Nel numero delle possessioni di questo monastero era compreso il castello e rocca di Piombino col suo distretto, che l’abate ed i monaci di Falesia, nel 1115 in parte, e poi nel 1135 intieramente rinunziarono a favore dell’opera della Primaziale di Pisa per il prezzo di soldi 3500 compreso un appezzamento di terra posto a contatto della chiesa di S. Niccola fuori della città… (REPETTI, 1833). Secondo AA.VV. (2007, p. 33) i soldi furono 3400, ma il particolare non modifica gli avvenimenti.
Al di là dei primi eventi, non del tutto confermati dagli studi più recenti (AA.VV., 2007), realmente, …nel 1115, si ha la prima attestazione di questo insediamento come castello, fondato probabilmente dai monaci del monastero di S. Giustiniano di Falesia posto nelle immediate vicinanze, al di là del promontorio, in prossimità del grande stagno che si estendeva alle spalle del castello e nel quale confluiva il fiume Cornia… (AA.VV., 2007, p. 17 e Figura 36). …Eccettuarono dalla vendita una porzione di suolo presso a Piombino destinato a edificarvi una nuova chiesa e monastero, che poscia fu eretta di fatto sotto il titolo di S. Quirico, là dove se ne veggono tuttora le vestigia nel poggio a maestro di Piombino. A questo mon. situato in aria più salubre, sembra che si fossero già trasferiti i Benedettini di Falesia, nel 1144 quando Celestino II (Figura 37) diresse al suo abate una Bolla concistoriale. Nel 1249 i conti di Campiglia accordarono in benefizio a quei monaci la metà di un mulino con terre annesse, posto il tutto nel distretto Campigliese, nel luogo detto Caldana.
Abbandonato dai religiosi il locale, nel 1257, fu dal pontefice Alessandro IV (Figura 38) donato alle Clarisse di S. Maria di Massa, che lo ritennero fino al 1486, epoca nella quale per decreto di Sisto IV fu ceduto ai Francescani conventuali di Piombino… (REPETTI, 1833, pp. 10-11).

Importante sviluppo del castello e dell’abitato, a ridosso della falesia (morfologica), si ebbe nella prima metà del Cinquecento con la …fortezza fatta costruire all’inizio del XVI secolo da Cosimo I dei Medici sui resti della fortificazione di età quattrocentesca… (AA.VV., 2007) e …su quello ovest dalla nuova dimora degli Appiano, Cittadella… (AA.VV., 2007, p. 17 e Figura 39).

Per approfondire: Piombino. La Chiesa di Sant’Antimo sopra i canali. Ceramiche e architetture per la lettura archeologica di un abitato medievale e del suo porto (AA.VV., 2007).

Falesia diventa carcere

Alla fine del Duecento le imprese genovesi ci portano a Gibilterra, per la …memorabile spedizione di Tedisio D’Oria ed Ugolino Vivaldi (con suo fratello Vadino), che armate due galee (probabilmente la Allegranza e la Sant’Antonio; (MOORE, 2012; Figura 40) a proprie spese (nel maggio del 1292), uscirono dallo stretto di Gibilterra per cercare le terre poste all’equatore. Essi non più ritornarono in patria, ed è molto probabile, dice il Tiraboschi, che i due genovesi autori di sì ardita impresa, o altri loro concittadini, scoprissero le isole Canarie, da taluno dette Fortunate… (BANCHERO, 1846).
Contemporaneamente gli eventi ci portano in Corsica, alle giravolte del giudice di Cinarca, favorevole un po’ a Genova ed un po’ a Pisa, nonché ai conseguenti blitz navali.
Pisa millantatrice di tanta disfida esce con cento galee. Il giudice di Cinarca rompe il primo la guerra coll’assediar Bonifazio, la quale città difesasi costantemente fece risolvere l’inimico di torsi giù dall’assedio. Il giudice di Arborea favorito dai pisani s’impadronisce d’Alghero l’unico presidio che rimanesse a genovesi in Sardegna, ma poco dopo è costretto a lasciarlo. Tommaso Spinola con trentaquattro galee naviga verso Capraja e piglia una galea pisana con lettera nella quale si chiede la scorta per una carovana carica di merci preziose. Egli vi corre all’incontro nel porto di Cagliari, e quelle fuggenti persegue fin che tutte non prenda e vittorioso non entri nel porto di Genova.
Pisa ciò udendo manda Andrea Saracini con quarantacinque galee ad infestare le spiaggie di Corsica e della Sardegna. Genova fe altrettanto, cioè allesti cinquantaquattro legni comandati da Corrado D’Oria che imprigionando i nemici a Falesia predò navi e affondonne… (BANCHERO, 1846).

I pisani assoldarono Rosso Buzzaccherini del Sismondi che preannunciò il cannoneggiamento del porto di Genova mediante uso di trabocchi (sorta di catapulte; Figura 41 e Figura 42) lanciando ciottoli scarlatti (ricordati anche nei Castigatissimi Annali del Giustiniani – ROLLA, s.d.). Ma fu preceduto da Oberto D’Oria che …con settanta galee immantinente andò sopra Portopisano (Figura 43 e Figura 44), e quivi atterrò la torre della Veronica, e poscia si ritirò non inseguito dal Buzzaccherini che per questa indolenza perdette il comando, eleggendo i pisani in sua vece Natta Grimaldi esule genovese; il quale con la più sfacciata impudenza venne a dar fondo sopra il porto di Genova saettando nella città quadrella d’argento (particolari ferettoni da balestra), e poscia tornando addietro percosso da fierissimo turbine di vento sulle piaggie di Viareggio alla foce del Serchio, tanta fu la rottura de suoi i quali furono costretti a portarsi a Pisa in camicia pregandosi le sprecate quadrella… (BANCHERO, 1846).
Momenti particolari della lunga guerra fra Genova e Pisa, culminata con la battaglia della Meloria. 

Qui a fianco il video della frana partita dal Castellaro di Camogli il giorno 8 giugno 2013.
Il video, ripreso da Lorenzo FARFARELLO è disponibile su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=QKKF9syqZg4

Dallo stesso costone della falesia di Camogli si era staccata una frana il 24 maggio precedente (REDAZIONALE, 2013) e si sono replicati i distacchi  il 16 luglio 2020 (REDAZIONALE, 2020) ed il 16 febbraio 2024 (REDAZIONALE, 2024)

Via Punta Bianca, 19031 Ameglia provincia della Spezia, Italia

Via Balzi Rossi, 18039 Ventimiglia provincia di Imperia, Italia

Vernazza, provincia della Spezia, Italia

Camogli, città metropolitana di Genova, Italia

Camogli, città metropolitana di Genova, Italia

Porto Venere, provincia della Spezia, Italia

Porto Venere, provincia della Spezia, Italia

Manarola, Riomaggiore, provincia della Spezia, Italia Corniglia, Vernazza, provincia della Spezia, Italia Bonassola, provincia della Spezia, Italia

Monterosso al Mare, provincia della Spezia, Italia

Framura, provincia della Spezia, Italia

Moneglia, città metropolitana di Genova, Italia

Sestri Levante, città metropolitana di Genova, Italia

San Fruttuoso, Camogli, città metropolitana di Genova, Italia

Palmaria, provincia della Spezia, Italia

Piombino, provincia di Livorno, Italia Pisa, provincia di Pisa, Italia

Gibilterra, Gibilterra

Sari d'Orcino, Corsica del Sud, Francia

Bonifacio, Corsica del Sud, Francia Arborea, provincia di Oristano, Italia Alghero, provincia di Sassari, Italia Capraia, provincia di Livorno, Italia Cagliari, città metropolitana di Cagliari, Italia

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