Il marmo Rosso di Levanto

copertina

Copertina – La vecchia cava di Rosso Levanto che si trova al di sotto del castello genovese e delle mura orientali della città, poco lontano dalla chiesa di Sant’Andrea. Foto MDS, 1982. 

Il marmo Rosso Levanto ed il magico splendore del Borgo

Fra il XII° ed il XIII° la Liguria Orientale ha registrato un diffuso fenomeno migratorio dagli insediamenti collinari verso le fasce costiere. Questo fenomeno è storicamente accertato a Levanto.
Nel 1051 il mare aveva coperto la pianura fino all’altezza dell’attuale Via Garibaldi e, pare, che i terreni più a monte fossero bonificati.
Il XII° secolo ha visto il Borgo di Levanto già in parte edificato: contava, oltre alle abitazioni popolari, la villa dei signori Da Passano (Figura 1) ed il primo castello eretto dai Malaspina prima del 1165 (BELGRANO, s.d., p. 186).
Il Duecento (Figura 2) è stato un secolo di fioritura e splendore per Levanto. Per questo fu fondamentale l’adesione spontanea alla Serenissima Repubblica ed i privilegi che ne derivarono. Ma anche i rapporti ed i legami che i signori Da Passano seppero intrecciare con Genova. Un documento del 1132 ricorda che Rolando Da Passano consegnava ogni anno al Duomo di S. Lorenzo, per fedeltà a Genova, un barile di olio di Levanto.
L’attività commerciale beneficiò della massiccia diffusione dell’edificazione in pietra e muratura che andava a sostituire le precedenti costruzioni in legno (Figura 3). E questo, unito all’acquisita pratica estrattiva dei levantesi, favorì ed incrementò il commercio del Rosso Levanto già assurto al ruolo di materiale pregiato.
Si assiste ad una espansione edilizia (Figura 2) che vide come nuovo nucleo la zona compresa fra la Piazzetta della Compera e l’attuale Piazza del Popolo. Qui in particolare sorsero le abitazioni di magistrati, signori ed artigiani. Un dedalo di vicoli ancora  conservati (Figura 4) insieme alle originali denominazioni. Sono carrugio di Pré Giustin, via S. Croce, via S. Antonio, via dei Gelsomini e carrugio del Diavolo. Ed il Borgo proseguiva al di là del torrente Cantarana, lungo via dei Forni, nei pressi della loggia medievale (Figura 5, Figura 6 e Figura 7).
Fra gli edifici più importanti dell’epoca sono Casa Restani (Figura 8) in via Grillo, Casa Zoppi in Piazzetta della Compera, Casa Ricchini in via dei Forni e Casa Massola. A questi si aggiunsero, in posizione leggermente dominante, le chiese della Costa e di S. Andrea (Figura 9), quest’ultima terminata nel 1226.

Il Borgo di Levanto

Il centro politico-amministrativo della comunità era la loggia (Figura 5, Figura 10 e Figura 11) sita nella piazzetta prospiciente la darsena (Figura 12 e Figura 13). La presenza di una darsena (Figura 2) fu suggerita dal ritrovamento di colonnine da ormeggio avvenuto durante uno scavo fra via Grillo e via Guani. Non meno indicative erano la morfologia locale e la tipologia edilizia circostante che, con le arcate di via Molinelli e via Finollo, indichavano la presenza di magazzini (Figura 1 e Figura 8).
La darsena doveva servire soprattutto come approdo commerciale (Figura 14) per le imbarcazioni di piccolo cabotaggio, mentre le funzioni di riparo e ricovero dei navigli erano assolte dal porto naturale a ridosso dello scoglio “la Pietra”. Qui trovò rifugio anche la flotta Pisana nel 1242.
I collegamenti col centro avvenivano via mare o mediante un sentiero. Questo, a partire dalla darsena (protetta, pare, ma da una grata), risaliva al castello per poi correre lungo la cortina muraria (realizzata fra il 1265 ed il 1271, Figura 15) e proseguire, lungo il percorso ancora esistente, fino al Cantarana dov’era la Porta dell’Acqua. Da qui risaliva alla torre (oggi dell’orologio, Figura 16) e quindi nuovamente giù fino a chiudere via dei Forni dove erano presenti la Porta di S. Cristoforo ed un’altra torre.
Alcuni AA. ritengono che le mura si proseguissero ancora fino a ricongiungersi con la darsena. Al contrario è plausibile che la protezione della città, nella zona prospiciente l’area acquitrinosa e la spiaggia (l’odierna Piazza Staglieno) fosse affidata alle due file di case a schiera ancora esistenti. Tale ipotesi è suggerita dalla tipologia edilizia che lungo il fronte-mare è appoggiata su grosse lastre di arenaria conficcate a mo’ di pali. Ed inoltre dall’analogia con altri borghi costieri della riviera fra Genova e Portovenere, come ad esempio il primo insediamento di Chiavari.
A settenrione, la pianura alluvionale era ancora lagunare e/o acquitrinosa, come conferma il ritrovamento di torbe durante lo scavo di pozzi a scopo irriguo, Ma anche la presenza di un livello resistivo interpretato come deposito torboso e/o argilloso. Infine, la foce del torrente Ghiararo si trovava in posizione più centrale nella pianura dov’è presente un paleoalveo individuato dai dati geofisici.

immagine richiamata nel testo

Figura 17 – Rappresentazione schematica delle operazioni manuali per l’estrazione del Rosso Levanto in epoca storica (da DEL SOLDATO e PINTUS, 1984).

L’oficalcite ed il marmo Rosso Levanto

Dal punto di vista merceologico, il Rosso Levanto è definito marmo. È uno dei due marmi più caratteristici della Liguria Orientale, insieme al portoro.
In realtà è un’oficalcite, una roccia del gruppo delle ofioliti (serpentini, gabbri, basalti e brecce associate). Dunque l’oficalcite è una breccia ad elementi serpentinitici di dimensioni variabili, angolari, arrossati da ematite e rinsaldati da una rete di venture prevalentemente bianche (Figura 18). Queste sono costituite da prevalente calcite cristallina di neoformazione e, più raramente, da cemento carbonatico. Il riempimento secondario conferisce saldezza e, quindi compattezza e lucidabilità alla breccia. Ma quando diventa prevalente origina le varietà commercialmente meno pregiate. 
Genericamente si distinguono due facies di oficalciti, differenti per meccanismo e ambiente di formazione. Il loro nome deriva dalle aree di affioramento più tipiche.
Immaginiamo l’originario fondo oceanico pre-Titoniano, di oltre 150 milioni BP.  Era molto articolato e costituito da alti e bassi strutturali (horst e graben) formati da peridotiti e gabbri. I rilievi e le depressioni erano delimitate da faglie attive il cui movimento generava fasce laterali di laminazione (Figura 19sn) le quali tendevano ad anastomizzarsi in profondità. Le fratture esposte lungo i pendii erano soggette a crolli e collassi di materiale che andavano a ricoprire le superfici depresse (Figura 19centrale).
Contestualmente ai rimaneggiamenti gravitativi avveniva la sedimentazione e deposizione di fanghi carbonatici, nonché l’effusione sottomarina di magmi basaltici (pillow lavas). Queste ultime ricoprivano, seppure in maniera discontinua, il fondo oceanico (Figura 19dx) e ne rimangono rarissimi testimoni nei riempimenti detritici del marmo (Figura 20).
Le fratture beanti degli affioramenti di peridotite ed i vuoti fra i materiali di crollo venivano riempiti dai fanghi carbonatici. Inoltre la copertura basaltica favoriva la creazione di microambienti compatibili con l’ossidazione e la ricristallizzazione di alcuni elementi.
La breccia formatasi in posto, sui versanti (tettonica), si caratterizza per una  fatturazione molto regolare ed intensa, a prevalente cemento carbonatico bianco (Figura 21). È la cosiddetta breccia di Levanto. Invece, quella originatasi dall’accumulo del materiale di crollo (frammenti e blocchi serpentinitici) rinsaldati da matrice fine, prevalentemente carbonatica, ma detritica (Figura 22 e Figura 23) è una breccia sedimentaria. È la cosiddetta breccia di Framura anche detta, soprattutto in passato, breccia di Bonassola
Quando viene a mancare la pigmentazione rossa, il marmo costituisce la qualità Verde Levanto, commerciata anche come Verde macchia.
Come detto, il bacino di estrazione più classico del Rosso Levanto è limitato alla fascia costiera compresa tra Levanto e Deiva Marina ed al suo immediato retroterra. Nel recente passato sono state aperte cave anche in Val di Vara, nella zona di Carro (Pavareto), Rocchetta Vara (Novegina) e Sesta Godano (Parisalla) ed in Val Graveglia (Molinello e Nascio). 

Le prime coltivazioni di marmo Rosso Levanto

La storia dell’estrazione di Rosso Levanto è molto antica. Se ne trova traccia in contratti di vendita risalenti al XII° secolo.
Nel 1191, tale Stefano di ZARTEX si impegnava a consegnare a Lanfranco RICERIO, entro la metà di dicembre, differenti mercanzie fra le quali …petre vermiglie de Paxano…
Una decina d’anni dopo, alcuni levantesi affittarono cave di Rosso Levanto in località Scernio, presso Bonassola, dove esistono ancora tracce di estrazione.
Le notizie si fanno più frequenti col passare del tempo. Nel Seicento viene ricordata una cava sotto al castello di Levanto. Negli anni Settanta (Figura 24 e Figura 25) e Ottanta (Figura 15 e Figura 26) del secolo scorso questa cava era ancora chiaramente visibile. Sul suo fronte potevano distinguersi chiaramente le tracce di coltivazione relativamente recente a filo elicoidale (Figura 27), ma anche un pozzetto (anima) scavato a mano in un momento sicuramente precedente (Figura 17).
Se consideriamo che la vicina chiesa di Sant’Andrea e gli edifici contigui sono fondati nel Rosso Levanto è facile ipotizzare la dimensione di questo giacimento. Per tale motivo non è coltivabile, ma rappresenta comunque una riserva del materiale pregiato che era sicuramente estratto per realizzare i portali e gli ornati architettonici di epoca storica a Levanto (e forse non solo). E non a caso si è parlato di ornati e portali poiché la pietra impiegata in maniera più diffusa nell’edilizia della Levanto medievale è stata la serpentinite basilica del monte Rossola. 
Per completezza bisogna segnalare che nella tradizione la conoscenza e l’uso del Rosso Levanto viene retrodatata addirittura agli Etruschi (ROVERETO, 1939). Questi lo avrebbero estratto in una Cava delle Colonne, probabilmente presso la Punta dei Marmi, fra Framura e Bonassola (Figura 28). Ma di tale tradizione non c’è riscontro archeologico, ne storico. Al contrario, la stessa cava potrebbe essere una di quelle richieste in concessione nel 1610 sotto Mortaretto, dalla quale proverrebbero le colonne impiegate in alcune chiese liguri (DEL SOLDATO e PINTUS, 1985).

L’estrazione del marmo Rosso Levanto

La metodologia più antica di coltivazione dell’oficalcite Rosso Levanto è stata ricostruita sulla base della cultura materiale nonché delle tracce ancora presenti nelle cave, almeno fino agli anni Ottanta del secolo scorso.
Per l’estrazione del Rosso Levanto non è stato possibile impiegare l’esplosivo, se non limitatamente alla sola scoperta del giacimento, per non pregiudicare la compattezza del marmo. Ciò ha complicato la metodica che, per altro, si è mantenuta nel tempo, almeno fino all’introduzione del filo elicoidale, dell’energia elettrica e, poi, delle catene al widia e diamantate.
L’estrazione tradizionale avveniva scavando a picco e mazzetta (1. di Figura 17) due pozzetti verticali (anime) distanti quanto la dimensione del blocco e profondi poco meno dell’altezza di un uomo. 
Nei pozzetti prendevano posto gli operai che, mediante grosse seghe metalliche eseguivano i tagli verticali. Prima i due laterali e poi quello posteriore (2. di Figura 17). Le seghe erano lisce, senza denti ed il taglio avveniva per l’attrito generato dal movimento addizionato con abbondante sabbia silicea ed acqua. Un abbozzo di taglio era eseguito anche alla base del blocco in modo da facilitare l’introduzione di cunei metallici o di legno. Questi ultimi arano poi bagnati affinché gonfiandosi producessero il distacco del blocco (3. di Figura 17).
Il blocco staccato veniva poi movimentato mediante leve e palaferri. Quindi spostato facendolo scivolare su tronchi di legno cosparsi di sego o grasso.
In maniera analoga e mediante gli stessi utensili avveniva la segagione del blocco in lastre (per rivestimenti o pavimenti) o nei masselli per i portali (stipiti ed architravi).
La metodica aveva anche un riscontro economico, oltre che ambientale, limitando al massimo gli scarti. Un riscontro si trova, ad esempio, analizzando le murature del centro storico di Levanto. Troviamo un largo uso di serpentinite basilica negli elementi monumentali o per quelli a maggiore sollecitazione, e di arenaria. Nell’architettura povera si trova anche impiego di grossi ciottoli alluvionali a riquadratura solo abbozzata, ma sono estremamente rari gli scampoli e blocchetti di Rosso Levanto. 

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