I graffiti della Grotta di Diana (località Canossa di Mulazzo, Massa)

Copertina

Copertina – La parete “B” della Grotta di Diana (Figura 2c) con graffiti un idoliforme ed un “pugnale”.

Il presente testo riprende i lavori in coedizione fra l’Autrice e Francesco MP CARRERA. In particolare: CARRERA e TOSATTI, 2014, 2015 e 2021.

Prologo e premesse

La Grotta è nota anche come Ca’ d’Diana o Grotta delle Forcine.
È un piccolo anfratto sito in territorio di Canossa (Figura 1). È formato da diversi monoliti in pietra arenaria (Figura 2) che si intersecano a quote diverse, formando una “Y” con due corridoi lunghi circa tre metri  (Figura 3) e larghi 70 cm.
L’ingresso si raggiunge, oggi, mediante una passerella di tronchi inseriti lungo la parete a strapiombo che volge verso la valle della Magra. Ma anticamente l’accesso avveniva dall’alto, tramite un passaggio posto a metà della copertura di monte (Figura 4).
Le pareti della grotta sono coperte da numerosissimi segni graffiti singoli o, più spesso, sovrapposti.
Il sito è stato scoperto nel 1977 (RUSCHI PAVESI, 1978), ma i primi rilievi delle incisioni, senza studio delle stratigrafie relative, furono realizzati negli anni ’90 da Ausilio PRIULI e Italo PUCCI (1994). In seguito furono argomento per una tesina di dottorato, su mio suggerimento. Nel 2011 il dott. Francesco CARRERA rifece il rilievo delle cinque pareti verticali. L’angustia del luogo ha condizionato la scelta della tecnica dell’ortofotomosaico, eseguito con varie fotocamere digitali, senza flash e senza cavalletto. L’analisi dei segni fu effettuata mediante macrofoto a causa della presenza di muschi e licheni che avevano danneggiato fortemente il tenero supporto roccioso. Avevano compromesso l’osservazione, mediante microscopio, delle microscheggiature utili a definire la sequenza cronologica delle incisioni (CARRERA, 2011).
Oltre a queste, sono state individuate una serie di linee tracciate su superfici orizzontali in prossimità delle aperture che, affacciandosi sul dirupo, lungo la parete “B” (Figura 2), hanno un’ampia visibilità sul panorama (Figura 1 e Figura 15) della media valle della Magra.

I graffiti e le incisioni della parete A

Dallo studio delle incisioni e delle sovrapposizioni, è stato possibile ricavare, sulla parete “A” (Figura 2), uno schema come descritto nella Figura 5 e nella Figura 6.

1° fase – coppelle di dimensioni da 4 a 25 mm (Figura 18), spesso rilavorate, a cui si aggiungono:
2° fase – canaletti a filetto discendente;
3° fase – segmenti verticali a bastoncello con terminazioni a due, tre, quattro dita, talvolta a raggera; in alcuni casi la disposizione di questi porta a confrontarli con forme vegetali (mani arboriformi) e, almeno in un caso, con il palco cervino ramificato. In tutti i casi assumono la posizione di oranti (Figura 7).
4° fase – si rilevano antropomorfi a bastoncello con arti a forbice; alle mani della fase precedente vengono aggiunti alcuni elementi come armi o strumenti (Figura 8);
5° fase – antropomorfi con arti corti a forbice e la figura vista di tre quarti (Figura 10, P3);
6° fase – un arciere (di tipo campaniforme) a corpo triangolare, arti inferiori a forbice aperta e braccia diagonali con arco in una mano e alabarda (?) nell’altra (Figura 9 e Figura 10, N2-3), una freccia (?) punta alla testa; il tipo appare, forse, rimaneggiato nella prima età del Ferro per assumere forma a clessidra. A questa fase si ascrive anche un elemento composito, da noi letto come la rappresentazione di una probabile capanna a tetto spiovente. Da essa, in alto, esce un torso umano a bastoncello, con la consueta, per questa grotta, testa a coppelletta;
7° fase – è caratterizzata da una tecnica a picchiettamento che probabilmente prevedeva una copertura dipinta dei punti, che, uniti, danno una esegesi di forme tipo carri, ruote, vomeri e aratri (Figura 6, D).

Immagine citata nel testo

Figura 7 – Rilievo della parete A, fasi I-III, forse coeve (elab. CARRERA).

I graffiti e le incisioni della parete B

La parete “B” (Figura 2), contrapposta alla precedente, è per ora senza fotomosaico completo.
All’entrata è caratterizzata da segni verticali accanto a ellissoidi che si potrebbero leggere come “arcieri” (Figura 11). Al centro, una serie innumerevole di segni sovrapposti uniti a lacunosità della superficie, rendono molto difficile la lettura. Si possono individuare un grande personaggio con corpo cilindrico e arti spioventi verso il basso o forse con mantello (Figura 12). A lato di questo, in basso, un elemento che abbiamo letto come un antropomorfo lineare con testa a piccola capocchia sovrapposto da un pugnale triangolare stretto, di cui si individua una serie di ribattini, in alto a semicerchio (Figura 12).
Dal punto di vista cronologico abbiamo prudenzialmente attribuito le istoriazioni ad età pre-protostorica, tra Eneolitico e prima età del Ferro. Non si sono notate cifre, sigle e scritte dell’era volgare. Non ci sono croci latine, e questa nota negativa depone per l’antichità dell’apparato iconografico. È anche possibile che le prime fasi con le coppelle siano da retrodatare al tardo Neolitico, non sapendo in quale momento si siano aggiunti i filetti discendenti a segnarne l’antropomorfizzazione. L’ultima fase, realizzata a picchiettamento, mostra aratri e altri stumenti e probabilmente era dipinta.

I graffiti e le incisioni della parete E

Agli elementi di cui sopra, vanno aggiunti due bucrani (Eneolitico) e, senza una cronologia definita, croci (o X), un serpentiforme, un pettiniforme ed elementi vari forse antropomorfi. Fra questi ultimi, uno con testa piatta e uno con il corpo quadrato, forse femminile per la raffigurazione di probabili seni (Figura 10, F2 e QR3). Forse è riferibile ad epoca eneolitica, per il confronto con le numerose statue stele della Lunigiana o alla 2° età del Ferro (?). Degli antropomorfi abbiamo numerose varietà (Figura 10) fra cui il tipo in maestà a braccia distese come l’Omino del Sillara (TOSATTI, 2021). Questo è un mitogramma inciso su masso erratico in alta quota sotto il monte Losanna, nell’Appennino tosco emiliano. Probabilmente era collegato al culto delle vette, dei confini e del passaggio, per la vicinanza con passi montani.

Le linee incise in prossimità degli affacci sul dirupo, di cui abbiamo detto sopra, sono state traguardate da CARRERA e sembrano essere elementi topografici antichi (CARRERA e TOSATTI, 2021, p. 63). Si tratta di tredici solchi che, una volta georiferiti, sono stati riportati in cartografia. Qui è stato così possibile constatare che, sorprendentemente, traguardano punti notevoli del territorio (Figura 16 e Figura 17), le cime antistanti e i passi. Talora anche zone in cui sono state rinvenute statue stele, forse zone di insediamento antico.
In fondo alla grotticella, la parete da noi denominata “E” (Figura 2) mostra altre linee, ma in questo caso con una scena. Tra due griglie compare un antropomorfo a corpo triangolare e arti inferiori a forbice con braccia flesse che sembrano tenere un elemento filiforme. Questo si collega al grigliato di destra, a linee incise che si intersecano a creare quadratini (Figura 13 e Figura 14). Sopra l’antropomorfo si può vedere un bel palco cervino ramificato.

Conclusioni

Studiare l’arte rupestre significa affrontare il complesso mondo delle idee, con il fine di poter contestualizzare il mondo culturale dell’uomo coevo ad esse.
E’ archeologia.
E il territorio di Mulazzo è ricco di ritrovamenti, dall’Eneolitico ai Liguri Apuani. Confronti iconografici più stringenti portano ai complessi rupestri liguri e della Valle delle Meraviglie sul monte Bego, in Francia. Qui la cosmogonia studiata recentemente (DE LUMLEY e ÉCHASSOUX, 2010) racchiude un senso che ci aiuta a chiarire il nesso stretto tra l’uomo primitivo, il suo modo di concepire il mondo e il suo bisogno di aiuto da chiedere al divino, visto secondo la dualità umana. Nonostante questo sentire, non si può non riconoscere la posizione dominante dell’anfratto e le sue potenzialità di controllo del territorio, che fanno pensare che chiunque abbia stazionato in questo luogo, impossibile alla dimora, abbia portato il suo mondo culturale e lo abbia lasciato sulla roccia.
I segni della fase più antica (I-III del “matrix”), ascrivibile alla prima età dei metalli, sembrano maggiormente orientati verso una forma e un significato metafisico. Da qui pare scorgere una frattura con le successive più orientate a lasciare segni che ricordano armati o vita quotidiana e che porterebbero cronologicamente verso l’età del Bronzo. Anche le linee degli allineamenti (Figura 16 e Figura 17) topografici, che potrebbero essere stati incisi tra III e V fase, sembrano confermare questo cambiamento.

Bibliografia

CARRERA FMP (2011). La Grotta di Diana (Mulazzo, MS). Tesina per l’insegnamento di Preistoria, Dottorato in Medievistica, UNIPI.
CARRERA FMP e TOSATTI A.M. (2014). La Grotta di Diana (Mulazzo, MS).In NEGRONI CATACCHIO N. (a cura di), Paesaggi cerimoniali. Ricerche e scavi, Atti XI Incontro di Studi (Valentano, VT – Pitigliano, GR, 14-16 settembre 2012), Milano, pp. 89-100.
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