Piana Damisa. Un sito produttivo dell’Età del Bronzo

copertina

Copertina – La porzione della Piana Damisa a monte del lungo muro a secco che le indagini archeologiche hanno identificato come una unità produttiva dell’Età del Bronzo costruita col fuoco.

Introduzione a Piana Damisa come sito produttivo dell’Età del Bronzo

Piana Damisa, in comune di Zignago (SP) ha attirato l’attenzione di appassionati di archeoastronomia per la presenza di numerosi massi che sono stati interpretati come capisaldi astronomici preistorici.
Le indagini preliminari (rilievo e schedatura delle serie di massi, calcolo dell’immagine del cielo a equinozi e solstizi attuale ed antichi, indagine geomagnetica) non pare abbiano confermato questa ipotesi.
Al contrario, risultati differenti ed importanti sono stati ottenuti dalle indagini archeologica, geoarcheologica e geologica eseguite mediante rilevamenti e saggi di scavo.
I risultati sono descritti in questa storia che viene da lontano, almeno dall’Età del Bronzo Medio.

Geologia e geomorfologia di Piana Damisa

L’ampio terrazzo morfologico di Piana Damisa (Copertina e Figura 1) si pone alla base dell’imponente parete orientale del Monte Dragnone (quota 1006 m. s.l.m.). Questa, a sua volta, appare in bell’evidenza ed impostata lungo una linea tettonica a vergenza appenninica (Copertina e Figura 2).
Lungo tutta la parete serpentinitica (Figura 1 e Figura 2) sono presenti situazioni che testimoniano l’avvicendarsi di crolli, frane e distacchi di blocchi (Figura 3) più o meno antichi (quaternari, recenti ed attuali). Si distinguono: cigli di distacco e di arretramento morfologico sia attivi che quiescenti (punto 8 di Figura 1) e direzioni o canali di flusso preferenziale dei crolli (punto 9 di Figura 1). E’ una situazione che si ripete in maniera più macroscopica, anche lungo la più ampia parete settentrionale.
I distacchi di blocchi isolati provenienti dal Monte Dragnone e, soprattutto, le frane di crollo raggiungono cubature anche notevoli e sono costituiti da materiali essenzialmente serpentinitici. A questi fenomeni si sono alternate colluviazioni di materiali fini, argilloso-sabbiosi con scheletro prevalentemente ghiaioso e carbonatico di evidente provenienza dalle aree di pertinenza flischyoide. Questo assetto è confermato dalle osservazioni possibili lungo le sezioni dei saggi di scavo archeologico (Figura 4), nonché dall’interpretazione delle anomalie geomagnetiche registrate durante l’indagine geofisica eseguita dal Consorzio Universitario della Spezia.
L’andamento e la profondità delle anomalie geomagnetiche, infatti, sono riconducibili alla descrizione di uno o più antichi corpi di frana per crollo di blocchi serpentinitici che avrebbero interessato e forse parzialmente occluso un’originaria valle tributaria di destra del Torrente Casserola. Ciò avrebbe anche originato una naturale trappola per il materiale più fine, colluviale, proveniente dal disfacimento dei terreni arenacei (Arenarie di P.te Bratica, punto 3 di Figura 1) ed argilloso carbonatici (Argille e Calcari Superiori ed Argille e Calcari Inferiori, punto 4 di Figura 1) dell’Unità di Canetolo. Tali litologie sono molto rappresentate lungo i versanti settentronale ed oriente del Monte Dragone ed alimentano imponenti corpi detritici.
Il colmamento definitivo della valletta sarebbe avvenuto per fasi successive di crollo e colluviazione, alluvionamento ed erosione fluviale già in epoca geologica recente.
Su tale ambiente si sono poi impostati fenomeni di neomodellamento morfologico (sostanzialmente di tipo erosivo) ed antropico dei quali rimangono testimonianza nel contrafforte sud-orientale e nella porzione centrale della Piana.

I saggi archeologici eseguiti a Piana Damisa

Piana Damisa è suddivisa in due settori morfologicamente differenti, separati dal lungo muro a secco (Figura 5). Il settore settentrionale corrisponde ad una piana vera e propria, mentre quello orientale, lievemente convesso, contiene la distribuzione dei massi. L’aspetto è marcatamente artificiale nel primo e prevalentemente naturale nel secondo.
La localizzazione dei saggi ha avuto motivazioni differenti. Un paio sono stati eseguiti a mano in prossimità di altrettanti massi emergenti, altri hanno assunto scopo di verifica di alcune anomalie geomagnetiche e altri, ancora hanno avuto scopo puramente archeologico. 

immagine nel testo

Figura 5 – Il rilievo topografico esteso a tutta la Piana Damisa, con il posizionamento e l’ampiezza dei saggi archeologici.

L’area a Nord-Ovest del lungo muro a secco: la piana

La successione stratigrafica completa per quest’area, è stata riscontrata in corrispondenza del saggio “G” (Figura 5 e Figura 6). La sequenza è stata confermata in maniera meno completa negli altri saggi.
Al di sotto del livello superficiale di suolo prativo attuale (unità 1) si trova una successione ciclica di ghiaie subarrotondate e sabbie laminate di origine torrentizia (unità 2). Questa si sovrappone ad una sequenza di ghiaie in matrice limo-sabbiosa in strati da massivi ad apparentemente stratificati, di colore variabile dal marrone (unità 3) al marrone-giallastro (unità 4), al marrone grigiastro scuro (unità 5) al marrone grigiastro (unità 6).
Lo strato successivo (unità 7) è francamente argilloso, nero, con carboni (Figura 7 dx) e scarsissimi frammenti di ceramica ad impasto. lo strato sfuma gradualmente in una sabbia-limosa marrone chiara con scheletro eterometrico a spigoli vivi (unità 8). Tale sequenza ha le caratteristiche di un suolo sepolto.
L’ultimo strato raggiunto (unità 9) è limoso sabbioso, giallo ocra, con scheletro scarso costituito da frammenti da minuti a decimetrici.
Un agglomerato di massi di serpentinite, quasi affioranti nella trincea E e nella estremità Est della trincea F (Figura 5 e Figura 6) (…) è quasi certamente l’origine dell’anomalia magnetica maggiore… (OTTOMANO, GIANNICHEDDA, DEL SOLDATO e MAGGI, 2006).

L’area a Est del lungo muro a secco: la zona dei massi affioranti

Nelle trincee eseguite in quest’area è diffusamente presente il materiale di frana (trincee “A” e “B”), o il bed rock (trincee “C” e “D”) costituiti sempre da serpentinite (Figura 5).
Quest’area si trova a quota maggiore della precedente ed assume un aspetto più naturale. È una porzione emergente della frana antica e soggetta solo a fenomeni erosivi.
Dal momento della sua messa in posto, e soprattutto a partire dall’Età del Bronzo, la frana e i suoli evoluti sulla sua superficie e sulla roccia in posto sono stati dilavati dai materiali più fini. I blocchi di dimensioni maggiori sono invece rimasti in situ e sono andati via via affiorando. I saggi A e Q eseguiti a ridosso di due dei massi hanno confermato che essi non sono stati manipolati da azioni antropiche, essendo annegati parzialmente nei depositi detritici della frana… (OTTOMANO, GIANNICHEDDA, DEL SOLDATO e MAGGI, 2006).

La storia geologica ed archeologica di Piana Damisa

La storia geologica di Piana Damisa comincia con uno o più eventi di frana in blocchi provenienti dal versante incipiente del monte Dragone. Si tratta di materiale serpentinitico estremamente eterodimensionale. É una situazione ancora attiva, soprattutto lungo i versanti orientali (Figura 8), come schematizza la Carta della pericolosità geomorfologica del PAI del fiume Magra. Ancora, …la trincea F  (Figura 5 e Figura 6) ha consentito di chiarire la geometria del corpo di frana: è emerso che i blocchi hanno dimensioni maggiori e sono più abbondanti negli immediati dintorni del muro a secco, in corrispondenza di una delle tante anomalie magnetiche. (…) In conclusione si può affermare che al momento della messa in posto del corpo di frana, Piana Damisa si configurava come una profonda conca che venne solo parzialmente colmata dai materiali detritici… (OTTOMANO, GIANNICHEDDA, DEL SOLDATO e MAGGI, 2006). Su tale deposito si è impostata l’attività antropica.
Il primo apporto di materiale colluviale è proseguito con limi sabbiosi mal selezionati e blocchi e ciottoli serpentinitici. Sarebbero derivati da rimaneggiamento connesso ad una fase di disboscamento antropico, come attestano la presenza di carboni, l’estensione, la continuità e le caratteristiche micromorfologiche del l’unità 7. Una datazione radiocarbonica indica un’età di formazione dello strato al1500-1300 BC (Età del Bronzo Medio).
Successivamente l’area è stata ricoperta da ciclici depositi ghiaiosi di origine colluviale e torrentizia separati da sottili livelli di suoli testimoni di sporadici episodi di ripresa vegetazionale. In seguito l’area è stata interessata dalla presenza divagante di un’asta idrica che ha lasciato depositi ghiaiosi ben selezionati. Le divagazioni avrebbero prodotto anche limitate depressioni con acque stagnanti testimoniate dall’unità 10 rilevata nella trincea F (Figura 5 e Figura 6). Anche questa fase si riferisce ancora all’Età del Bronzo, più recente, attestata da un’altra datazione radiocarbonica.

Considerazioni conclusive

Il quadro evolutivo di Piana Damisa che emerge dalle indagini archeologiche, geoarcheologiche e geologiche è quello di un ambiente prodotto da un grande fenomeno di frana che ha riempito una concavità morfologica.
In questo ambiente si è impostata, a cominciare dall’Età del Bronzo Medio, l’azione umana con successivi cicli di disboscamento a scopo agro-pastorale (Figura 9).
Le fasi di disboscamento hanno prodotto o riproposto fenomeni erosivi di versante con effetti diretti sulla Piana Damisa. L’ulteriore riempimento della conca è stato successivamente interessato da un alveo divagante e da aree sartumose o temporaneamente allagate.

L’area di Pina Damisa non era dunque usata per abitarvi. Essa venne apprestata per altre attività, che si svolgevano a distanza dall’abitato. La piana ed i versanti circostanti a monte vennero disboscati con tecniche che implicavano l’uso del fuoco e vennero destinati a pascolo o più genericamente ad un uso agro-pastorale relativamente intenso. (…) Sulla scorta dell’intenso arricchimento organico testimoniato dalle analisi, si può ipotizzare una presenza di animali relativamente intensa. (…) È comunque acquisito che la zona costituiva una componente produttiva del sistema di uso del territorio elaborato nel corso dell’Età del Bronzo… 
È la prova di presenza umana seppure non insediata, come attesta il ritrovamento di un unico frammento ceramico interpretabile. Ma è anche la testimonianza della modifica del territorio operata dall’Età del Bronzo Medio a servizio delle nascenti necessità.

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