Ardesia nell’ambiente, l’ambiente d’ardesia. Gli usi dell’ardesia del Tigullio.

immagine di copertina

Copertina: l’ardesia è ovunque nel Tigullio, nell’ambiente naturale e nell’ambiente costruito (DEL SOLDATO M., 1984). Gli straordinari usi dell’ardesia della Liguria di Levante. Legenda: 1 – Lastre da copertura; 2 – Coppo per displuvio; 3 – Facciata ventilata; 4 – Lastrine per pavimenti; 5 – Pavimentazioni; 6 – Sovrapporta scolpito; 7 – Portale lavorato e scolpito; 8 – Stipiti e sovrapporta ordinari; 9 – Gradini; 10 – Corrimano; 11 – Davanzale; 12 – Camino; 13 – Tinello per olio e acqua; 14 – Acquaio o lavabo; 15 – Sgocciolatoio; 16 – Piattiera a mensole; 17 – Panca 18 – Mensole portaoggetti; 19 – Coperchi per la conservazione del cibo; 20 – Lastre per copertura giare; 21 – Prie Böse per la vigna; 22 – Scarto usato in muratura; 23 – Copertura fumaiolo; 24 – Lastricatura mulattiera; 25 – Delimitazione della proprietà; 26 – Bassorilievo su lastrine.

L’ardesia del Tigullio ha coperto un ruolo fondamentale fin dalla notte dei tempi (ad esempio nella necropoli preromana di Chiavari), grazie alle sue svariate proprietà che ne hanno permesso un grande ventaglio di impieghi.
La proprietà più rilevante dell’ardesia è la sfaldabilità. Questa caratteristica ne ha fortemente influenzato i metodi estrattivi e gli utilizzi. La sfaldabilità trae origine dalle genesi della roccia e si forma nella posizione del banco entro la sequenza incassante. Anche le caratteristiche chimico-fisiche sono dipendenti dalla posizione del campione analizzato all’interno del “filone”, e ne fanno un materiale molto versatile, a tal punto da aver ricoperto in architettura funzioni che spaziano dagli elementi portanti e funzionali, a quelli di arredo ed artistici.

Alcune qualità dell’ardesia

Le ardesie sono resistenti alle variazioni di temperatura (gelo e calore), all’azione degli agenti atmosferici oltre che essere impermeabili. Hanno una bassissima conducibilità elettrica, risultando un materiale pressoché isolante. Alcune varietà di questa roccia hanno una resistenza meccanica paragonabile a quella dei migliori graniti. Ancora, sono termicamente isolanti, incombustibili, praticamente non porose oltre ad essere antivegetative e resistenti a vapori acidi in virtù della percentuale di silice. L’ardesia offre altresì un’ottima resistenza all’azione dell’aria salmastra e per alcuni usi particolari può essere anche incerata e/o verniciata.
Tutte queste proprietà sono state attestate attraverso specifiche prove di laboratorio.
La diffusione sulle alture del Tigullio, e successivamente nella
Val Lavagna, e le caratteristiche geotecniche/proprietà dell’ardesia ligure ne hanno condizionato il sempre maggiore impiego e diffusione nelle più svariate applicazioni in diversi ambiti: da quello architettonico a quello artistico. E’ divenuta l’elemento più caratterizzante del paesaggio e della cultura locale. Secondo Pandolfi (1972) l’ardesia ligure è risultata di gran lunga più adatta per gli impieghi descritti rispetto alle ardesie estere.
Si può fare una classificazione generale tra la lavorazione a grezzo, ovvero in lastre a spacco non piallate o levigate, ed i prodotti sottoposti a diverse fasi di lavorazione.

Alcune caratteristiche dell’ardesia

Nell’ambito dell’ardesia grezza è fondamentale la distinzione tra le grandi lastre destinate a lavorazioni particolari (e spesso ad ulteriore intervento dell’acquirente) e le lastre finite, da rivestimento o, spesso, da copertura. Meritano un posto di rilievo, all’interno delle grandi lastre quelle rifinite nei locali stabilimenti. Parliamo delle tavole da biliardo, delle lavagne e delle lavagnette,  alle quali si aggiungono poi articoli particolari e diversi come quelli composti in più lastre o quelli scavati da un blocco massiccio. Accanto all’abbadino (Figura 1), la tipicissima lastra da copertura in ardesia, si possono trovare prodotti molto diversi tra cui anche i bassorilievi (Figura 2).
Da ricordare è anche l’impiego dell’ardesia nell’arte locale. Ricordiamo i caratteristici portali e sovrapporta diffusi nei centri storici di Sestri Levante, Chiavari, Rapallo, ma anche reperibili occasionalmente a Lavagna (Figura 3), Camogli, Santa Margherita Ligure, etc. A questi si aggiungono i bassorilievi, generalmente ad argomento sacro, onnipresenti negli abitati (Figura 4), nelle campagne e lungo creüse e sentieri.

Ovunque si trovi un’attività legata all’ardesia, essa fu adoperata fin dai suoi albori, come sottolineato più volte, per la fabbricazione di lastre da copertura e questo è ancora oggi il suo impiego principale localmente e di esportazione a livello mondiale.
Secondo un percorso idealmente cronologico si può dunque cominciare l’analisi degli svariati utilizzi della pietra partendo proprio dal prodotto ardesiaco poco lavorato in ambito casalingo, per arrivare all’estrema specializzazione costituita dai moderni piani da biliardo, alla cui realizzazione solamente l’ardesia ligure si è dimostrata ottimamente adatta, oppure a particolari elementi d’arredo preparati anche su misura.
Solamente in Liguria, e nel Tigullio in particolare, si riscontra un uso tanto diffuso, differenziato di questa pietra, secondo la migliore tradizione artigianale, industriale ed artistica. Spesso la diffusione è stata in analogia ed accordo con la più nota e fiorente attività del marmo apuano (Figura 5).

Gli impieghi dell’ardesia

I principali usi dell’ardesia che si conoscono o che ci sono stati tramandati si possono radunare in quattro grandi gruppi (Copertina):

  • le applicazioni legate all’ambiente casa, intesa non solo nel senso di abitazione, ma più in generale come costruzione;
  • gli usi legati all’ambiente lavoro;
  • gli utilizzi connessi alla civiltà contadina;
  • tutti gli altri impieghi, alcuni dei quali indiretti ed assai particolari, dei quali spesso si è perso il ricordo.

Risulta chiaro come l’impiego dell’ardesia fosse il più diffuso possibile. Dal blocco estratto e destinato allo spacco, fino agli scarti di cava riciclati, o riconvertiti, per realizzare la muratura di capanni ed abitazioni (Figura 6). Tra alcuni degli usi più suggestivi ed importanti si può ricordare quello per l’architettura monumentale di palazzi ed edifici di culto. 

Ardesia in architettura

L’esempio sicuramente più alto del Tigullio (e non solo) è la duecentesca Basilica romanico-gotica dei Fieschi (Figura 7 e Figura 8) ed il prospiciente Palazzo Comitale (Figura 9) di San Salvatore di Cogorno.
L’edificio è stato dichiarato monumento nazionale nel 1860 ed è da considerarsi tra le emergenze medievali più significative della Liguria. Da notare che il termine basilica in epoca paleocristiana ed altomedievale indicava la chiesa reale. Solo in seguito acquisì il significato di chiesa con particolare sinuosità di forme, supremazia rispetto alle altre o con godimento di particolari privilegi (MORONI, 1840). Sopra al portale è riportata una iscrizione in latino recante i nomi dei due fondatori e la data dell’avvenimento, 1252.
Sia all’interno che all’esterno la Basilica dei Fieschi di San Salvatore di Cogorno è stilisticamente molto semplice, ma caratterizzata da un larghissimo impiego, per infinite necessità, dell’ardesia.
Le pareti sono in blocchi riquadrati e regolari di pietra ardesiaca (Figura 6), forse la cosiddetta colombina (a pria cumbna in diletto) dei cavatori. Nelle volte a crocera l’ardesia è stata alternata con fasce di marmo bianco, apuano (Figura 10 sx) e per gli elementi strutturali, decorati con lavorazioni in bassorielievo (Figura 10 dx). Il pavimento (restaurato) è costituito da grosse lastre di ardesia lavorate a spacco e l’altare maggiore è anch’esso in doppia lastra di ardesia su colonnine in marmo. Uno degli usi più particolari si può trovare lungo la parete sinistra, dov’è posta un’edicola in ardesia all’interno della quale è stata dipinta l’immagine del Salvator Mundi sullo sfondo in ardesia (Figura 11). Anche l’acquasantiera all’entrata della Basilica è caratterizzata dall’uso dell’ardesia per la vasca, poggiata su una pila basale piramidale in marmo.
L’uso più famoso e consueto dell’ardesia è sempre stato quello per la copertura dei tetti.  È l’impiego anche più diffuso, soprattutto lungo la fascia costiera della Liguria Orientale nell’intorno dei principali centri di produzione (Figura 12). La conoscenza e disponibilità del materiale, e quindi la sua facilità di reperimento locale, hanno giocato un ruolo fondamentale nell’affermazione storica di questo impiego rispetto al laterizio. Di conseguenza la scelta locale è stata per lungo tempo anche un fattore di vantaggio economico. Il costo dell’ardesia poteva anche essere maggiore rispetto a quello dei laterizi, ma questi dovevano comunque essere importati e se ne necessitava di una quantità maggiore. Si ricordi che l’unico opificio per la produzione di laterizi locale era a Sestri Levante, e comunque era di epoca molto recente (XIX-XX sec.).

I tetti in ardesia

La posa in opera del tetto in ardesia avveniva in vari modi in ragione del risultato estetico desiderato (Figura 13). inoltre era possibile sia su un listellato di legno, sia su una gettata di cemento. La messa in opera degli abbadini oggi avviene mediante il fissaggio degli elementi alla sottostante caldana con chiodi zincati a fuoco. In passato avveniva diffusamente l’uso di calce, cioè incollando la prima fila di abbadini alla gettata di cemento e su questa le parti di ricoprimento delle file superiori.
Non era raro il caso, specialmente nelle campagne, che gli abbadini fossero sistemati sul tetto senza nessun fissaggio particolare, ma solamente con dei grossi ciottoli disposti sui bordi del tetto (i ciàpùn) che contribuivano ad aumentarne la stabilità generale.
Esistevano, ed esistono tutt’ora, vari tipi di copertura che necessitano di differenti forme degli abbadini realizzati dalle diverse ditte della Val Fontanabuona, entroterra di Chiavari.

immagine nel testo

Figura 13 – Schema costruttivo delle diverse tipologie di tetti e (foto) realizzazione del coppo di copertura.

Copertura alla francese

È costituita dalla messa in opera di lastre di ardesia di forma quadrata con due, o tutti e quattro, gli spigoli smussati (in base alla ditta produttrice). Le dimensioni delle lastre variano in funzione della pendenza delle falde del tetto. Le caratteristiche che contraddistinguono questo tipo di copertura sono essenzialmente due: la prima è la leggerezza; la seconda è il particolare aspetto estetico acquisito dalla combinazione dei singoli elementi.

Copertura tripla, tripla +3 e tripla scantonata

La copertura tripla è detta anche tipo montagna. È realizzata mediante lastre disposte sui corsi paralleli sfalsati di mezza lastra in senso orizzontale e sovrapposte di due terzi di lastra in senso verticale. In tal modo ciascuna lastra viene ricoperta per due terzi della sua superficie da altre due lastre per un terzo ciascuna, mentre un terzo della superficie è contemporaneamente ricoperto da due lastre. La messa in opera è possibile anche su falde incurvate. Questo tipo di copertura viene detto tripla (Figura 1Figura 13) in quanto le lastre vengono poste in modo che la copertura risulti essere di spessore triplo rispetto a quella della lastra. È senza dubbio una delle forme di copertura più diffuse e maggiormente rispetta le tipologie tradizionali e di epoca storica.
La copertura tripla +3 è forse la più robusta e duratura. Copertura classica dell’architettura genovese, indicata per i luoghi in cui la temperatura subisce forti sbalzi. Il “+3” indica il numero di centimetri di sovrapposizione del quarto corso. Ne consegue che il manto avrà spessore localmente di 3 o 4 volte lo spessore dell’abbadino.
La tripla scantonata è molto simile alla precedente con la differenza che le lastre vengono smussate lungo gli spigoli inferiori secondo una certa angolatura (Figura 14), in modo che gli angoli acuti formati dall’accostamento delle lastre risultino allineati e formino delle originali macchie di ombre. L’effetto che ne deriva è quello che caratterizza il tipo di copertura.

Copertura doppia +11 e piemontese

Nella copertura doppia +11, il numero rappresenta i centimetri di sovrapposizione del terzo corso. È la forma intermedia fra la copertura alla francese e quella tripla vera e propria. Anch’essa risulta essere molto robusta e resistente.
La copertura tipo piemontese è molto simile, almeno da un punto di vista estetico, alla tripla scantonata. Le differenze sono essenzialmente di tipo costruttivo e dimensionale.

Copertura tipo svizzera, a squame e tipo Val d’Aosta

La copertura tipo alla svizzera deriva e ricorda la copertura tripla seppure esteticamente somigli al tipo a squame o a scudo a causa delle lastre arrotondate nella parte che emerge. Per questo tipo di copertura sono utilizzati i cosiddetti scaglioni, lastre più spesse degli abbadini, di forma rettangolare e con uno dei lati minori standard. Questo tipo è molto adatto a rivestire le cupole a struttura semisferica e le lanterne liguri che però devono avere un raggio di curvatura abbastanza limitato.
La copertura a squame o a scudo è usata da secoli in Liguria per le cupole (Figura 15 e Figura 16); in epoca recente è stata ripresa dal tipo alla svizzera, applicata su mansarde, ville e simili con pendenze per lo più molto forti. La messa in opera richiede una particolare ed accurata lavorazione, con conseguente aumento del costo.

La copertura tipo Val d’Aosta è costituita da lastre di forma e dimensioni irregolari; si può posare su qualunque tetto le cui falde non inclinazione non inferiore al 35%.

Le pareti o facciate ventilate

Altra punto di merito dei tetti in ardesia è la loro durabilità nel tempo a condizione, però, che venga fatta un’adeguata periodica manutenzione (imbocchi). Questa consiste nel ripascere con calcina gli spigoli ed i lembi dei singoli abbadini dove risultino mancanti, in modo da impedire al vento di penetrare nelle fessure formatesi causando rotture maggiori. La manutenzione necessaria è ogni 8 – 10 anni.
Il vantaggio principale si pensa che fosse l’apporto di un peso limitato del manufatto finito gravante sulla struttura dell’edificio di una copertura in ardesia ligure.
Con il rivestimento in abadini si poteva ottenere una superficie liscia e, volendo, notevolmente inclinata con il vantaggio di impedire l’accumulo consistente di neve oltre ad un suo veloce smaltimento.
Si è accennato alle pareti ventilate. Sono rivestimenti sulle pareti eseguiti con la stessa tecnica delle coperture triple o le coperture doppie dei prospetti esposti a nord degli edifici. Le pareti ventilate prendevano origine da alcune peculiarità dell’ardesia: la possibilità di installazione su pareti ad elevatissime pendenze, l’elevata durabilità, la resistenza alla gelività e l’impermeabilità (Figura 1 e Figura 17).
Questi rivestimenti erano diffusi non solo in Liguria, ma alcuni casi ed usi analoghi sono stati riscontrati altrove, ad esempio sul Lago d’Orta, dove sono usate per il rivestimento lastre di forma irregolare ottenute dallo spacco della “beola” cioè lo gnaeiss grigio, grossolanamente sfaldabile in lastre. In Liguria l’uso delle pareti rivestite, o ventilate, è senz’altro lungamente più diffuso e meglio realizzato, grazie anche alla fine sfaldabilità dell’ardesia.

Impieghi originali dell’ardesia

Altro impiego storico, e molto diffuso, dell’ardesia è quello per la realizzazione di architravi e portali. Oltre a quelli semplici, lisci, sono particolarmente interessanti quelli scolpiti a bassorilievo di cui sono noti numerosi esempi in quasi tutte le località della Liguria Orientale e del Tigullio. Fra le rappresentazioni più tipiche si trovano forme che richiamano analoghi manufatti del Ponente o di Genova, cui si aggiungono stemmi gentilizi o di congregazioni religiose (sovente incappucciati o flagellati, Figura 18Figura 19), grifi rampanti, scene mitologiche ed armati vari.
Ci sono da ricordare, infine, gli elementi accessori degli edifici. Stipiti, soglie, davanzali, camini, fondine per pozzi e destri, mastelli per lavatoi ed in breve tutte quelle rifiniture delle case del genovesato dal XVII secolo. Tutto questo nonostante che, per sua natura, l’ardesia risulti una roccia meno lucidabile e più delicata del marmo.
Fra i vari impieghi sono da ricordare i gradini per scale e scalinate, sia in masselli, che in lastrine da rivestimento.
Molto diffusa è stata, e lo è tutt’ora, l’abitudine di usare l’ardesia per pavimenti e lastricati, sia da sola che abbinata ad altri materiali, principalmente il marmo apuano bianco per il contrasto cromatico. Pavimenti d’ardesia si trovano in chiostri, cantine, magazzini e botteghe, logge e porticati, tutti posti al piano terra e raramente ai piani superiori (a causa del loro peso).
Caratteristica principe dei rivestimenti in ardesia è stata quella di mantenersi asciutta e non spolverizzare alcune anche in periodi di siccità. Tali caratteristiche sono state particolarmente indicate per quei locali in cui erano conservate mercanzie quali granaglie, farina, sale etc., oltre che, naturalmente, per le botteghe in generale.
Fra gli usi particolari il più importante è stato, senza dubbio, la preparazione dei truogoli o tinelli per la conservazione dell’olio. Gran numero di questi truogoli e/o tinelli sono stati ritrovati in varie località del Tigullio. Avevano generalmente una capacità di oltre 100 barili. Ricordiamo che le lastre, ciappe, che li costituivano dovevano essere completamente esenti da difetti per non pregiudicare la buona conservazione dell’olio. Con queste lastre erano realizzate anche le cisterne per la conservazione dell’acqua, avendo il pregio di mantenerla molto fresca.

Usi minori o meno noti dell’ardesia

L’ardesia, ed anche gli scarti di estrazione e lavorazione, hanno trovato larghissima applicazione nelle campagne. Era impiegata grezza per lastricare le mulattiere (Figura 20) o creare acciottolati inserendo gli scapoli a lama di coltello, per costruire i muretti a secco (Figura 21) o quelli di confine oppure, forate al centro , per sostenere filari di viti (prie böse Figura 22 e Figura 23).
I frantumi e lo sfrido di cava erano usati, nel corso dell’ottocento, per rassodare le strade, mentre la polvere d’ardesia veniva impiegata nei pavimenti a battume insieme ai rosticci ed altri materiali con i quali si legava molto bene. Altre ancora erano le utilizzazioni dell’ardesia legate al mondo del lavoro, alcune sono oggi scomparse. Famosissima era quella delle lavagne e lavagnette per le scuole. Molto più caratteristiche e particolari erano le friandole cioè frammenti di lastrine di ardesia utilizzati nelle botteghe della riviera di Levante per scriverci i prezzi della merce o per fare i conti della spesa dei clienti; questo fino a non molti anni addietri, almeno fino al dopoguerra. Altre lavagnette erano usate nei più disparati modi al posto dei quaderni.
Molto noti, ed in certi casi ancora usati, sono i coperchi dei vasi (arbanelle) per la conservazione delle acciughe sotto sale: dischi irregolari di ardesia posti come coperchi con la funzione di tenere pressati i pesci nel sale.
Come si è accennato in precedenza, nel Tigullio l’ardesia ha svolto un ruolo importante nell’arte, ma non solo. Alcuni artisti, ancora oggi decidono di lavorare questa preziosa pietra ligure. Sculture o bassorilievi (Figura 24), bigiotteria e gioielleria (Figura 25), oggettistica edicole e dipinti su lastre, ma anche cippi funerari, fonti battesimali e altri componenti dell’arredo ecclesiastico a partire già da medioevo. Queste forme artistiche si possono trovare nei centri costieri del Levante, Portofino, Santa Margherita Ligure, Rapallo, Chiavari, Lavagna e Sestri Levante oltre che in chiese e palazzi di Genova o dell’entroterra del Tigullio.
Fra gli impieghi originali dell’ardesia vi è l’allestimento delle trappole per catturare topi ed uccelli. Il nome stesso della trappola, in dialetto, ciapaöa o ciàpina, ricorda molto il termine ciappa, cioè la lastra. Non si può escludere che sia addirittura una sua diretta derivazione e che quindi ne sia rimasto legato anche il nome.
E, infine, i riusi e reimpieghi (Figura 26) o le forme spontanee di utilizzo ed arredamento (Figura 27) che non è assolutamente  possibile enumerare.

Bibliografia

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