La seta di Genova (seconda parte)

Copertina

Copertina – C.M. MARTINI, il telaio, Arch. Storico Lucca (da AA.VV., 1967)

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Dalla lana alla seta

Si è già scritto a proposito di questa nobile arte e delle parecchie relazioni predisposte dalle Autorità della Repubblica incaricate di vigilare su questa manifattura.  
Si ritiene, attraverso l’inventario della chiesa di San Paolo di Londra (Figura 1), che ancora alla fine del Duecento, a Genova, si trattasse unicamente di commercio riferito alla lana o ai panni di lana.
Sicuramente erano panni di lusso, magari decorati. …Pan unum de panno rubeo de Genua cum stragulis et stellis aureis… . Quindi, probabilmente, si parlava di lana finemente lavorata, con motivi inseriti nella tessitura, oppure ricamati a strisce o a stelle, ma non ancora di seta.
Da un trattato stilato da tessitori fiorentini e lucchesi, si può tuttavia notare che dalla metà del Duecento (1255), stava sviluppandosi, con grande interesse, un intenso lavorìo attorno alla seta.
Bellissimi drappi, lamettati in oro e argento, fiorivano dai telai (Copertina, note di aggiornamento) in modo superbo. Ed anche l’arte cambiava. Non solo si vendevano i panni, ma anche li si creavano, tessendoli (Figura 2).
Fioriva una grande commercializzazione con gli stati dell’entroterra. Gli intermediari lucravano anche sui pedaggi e sulle tasse pagate ai signori confinanti della Liguria (i Marchesi di Voltaggio, di Capraia e di Ponzone). E ciò ne aumentava i guadagni.

Lo zendando

Ma gli scambi avvenivano molto vivacemente su tessuti stranieri trasportati a Genova dalle galee che giungevano in porto.
La galea genovese (Figura 3 e Figura 19) era la cosiddetta galea sottile, caratteristica per la velocità, la manovrabilità in combattimento e la capacità di navigare anche in controvento o in assenza di vento, grazie ai 25 banchi di rematori. Era ideale in combattimento, ma anche per il trasporto di mercanzie preziose.
In questo periodo intermedio non esisteva ancora una vera differenziazione fra prodotto importato e commercializzato o di produzione locale.
Ma dalla prima metà del Duecento si comincia a tingere la seta (Figura 4 e Figura 5) e a venderla con panni quasi lavorati.
Alla fine del secolo, con la tessitura dello zendado (Figura 18), si aprono orizzonti infiniti. Era un tipo particolare di tessuto di seta, finissimo, velato, delicatissimo, di grande effetto, col quale le signore si coprivano da capo a piedi.
L’attività della lavorazione dei tessuti di seta cresce per tutto il Trecento. Ma nel secolo successivo, avanzano iniziative nuove, gestite da privati e favorite da circostanze politico-economiche.
I PEIROLERIO, i GOANO, gli ADORNO, i CENTURIONE, avvicendandosi nella politica genovese, si trasformano da commercianti a industriali e capitalisti.

Immagine citata nel testo

Figura 9 – FIlatrici di seta del Medioevo (da luigi-bevilacqua.com)

La crisi del Trecento

Venezia è chiusa in sé stessa (Figura 6). Lucca è devastata da tormenti politici (Figura 7). Situazioni che creano per Genova (Figura 8) la condizione ottimale, resistendo, pur essa stessa funestata da urti politici.
I grandi capitali avevano raggruppato sotto la loro supervisione tutti i produttori ed una cintura di sicurezza li controllava completamente.

Nel Quattrocento, qualche turbolenza si manifesta in seno agli artigiani, tra loro collegati, i filatori (Figura 9, Figura 10, Figura 11 e Figura 12), i tessitori (Figura 2), i tintori (Figura 4, Figura 5 e Figura 13), ecc. (Figura 14 e Figura 15) con discussioni sull’importanza ed i doveri reciproci.
Norme e precisazioni si possono leggere ancora nel 1533.
Per metter su bottega, occorreva un grande impegno burocratico da rispettare. Compresa la denuncia della seta acquistata per la tessitura, per apparecchiare e vendere quella finita. Il tutto con dettagli precisi. Non era consentito vendere al minuto o, comunque, in pezze di misura inferiori ai 20 palmi (5 metri circa).
Tessuti meravigliosi, dalla perfezione assoluta, ne parlava il mondo intero.
Purtroppo, non esistono dati statistici precisi, ma restano importanti testimonianze di scrittori e storici di altre città (Modena, Bologna, Venezia e Milano), con campioni di tessuti conservati nei musei di Como, Modena e Reggio Emilia. Da questi si possono intuire i livelli di assoluta perfezione raggiunti.

Epilogo

Molte seterie si trovavano in Val Polcevera, sino a tutto il periodo d’oro. Purtroppo, anche sino alla pestilenza.
Una grande comunità, quella lucchese, ha collaborato all’eccellenza della seta genovese. E una grande fratellanza legava le due comunità.
Ritornando indietro nel tempo, possiamo ricordare la generosità dei lucchesi, che offrono ai fratelli amici di Genova 2000 marchi d’argento (BOLDORINI, 2012).
Guglielmo BOCCANEGRA (Figura 16) fatica a trovare le parole di gratitudine adatte alla nobiltà del gesto e per declinare l’offerta dei lucchesi durante un momento difficile per la città di Genova. Non poteva e non voleva offendere e deludere chi aveva fatto quel nobile gesto.
I lucchesi come già scritto in precedenza, avevano in Sarzano un luogo di culto, quella Santa Croce e Santo Stefano collegati fra loro.
Una diatriba molto lunga da raccontare sorta sulle competenze di una sull’altra, su questioni di principio, ma soprattutto conseguentemente economiche. Diatriba che fu risolta poi da Innocenzo IV (Figura 17).

Lorsica, città metropolitana di Genova, Italia Zoagli, città metropolitana di Genova, Italia Chiavari, città metropolitana di Genova, Italia

Via Dei Giustiniani, 16123 Genova città metropolitana di Genova, Italia

Via San Vincenzo, 16121 Genova città metropolitana di Genova, Italia

Porta Soprana, Via di Porta Soprana, Genova, città metropolitana di Genova 16128, Italia

Piazza Campetto, Genova, città metropolitana di Genova 16123, Italia

Piazza Sarzano, Genova, città metropolitana di Genova 16128, Italia

Genova, città metropolitana di Genova, Italia

Foto Rasiglia Archeologia industriale

Lucca, provincia di Lucca, Italia Voltaggio, provincia di Alessandria, Italia

Savignone, città metropolitana di Genova, Italia

Ponzone, provincia di Alessandria, Italia

Cattedrale di San Paolo, St Paul's Church Yard, Londra, Inghilterra EC4M 8AE, Regno Unito

Antiochia, provincia di Hatay, provincia di Hatay, Turchia

Note di aggiornamento

Archeologia dei telai

Alcune immagini di telai preistorici ricostruiti su base archeologica.
1. Selinunte – Ricostruzione Telaio verticale a pesi – dalla mostra: Abitare a Selinunte dalle origini al Medioevoʺ Baglio Florio, Parco Archeologico di Selinunte e Cave di Cusa;
2. Ricostruzione telaio preistorico del neolitico;
3. Una serie di pesi da telaio.
Le immagini sono tratte dalla pagina FB di Roberto Giacalone

Immagine citata nel testo
Antico telaio di Lungobucco (Cosenza) dove si pratica ancora l’antica arte tessile lavorando con i telai a mano

Antico telaio di Lungobucco (Cosenza). Qui si pratica ancora l’antica arte tessile lavorando con i telai a mano.

Filati di ortica

Forse non tutti sanno chel’ortica (Urtica dioica) ha servito umilmente per millenni l’uomo, che l’ha utilizzata come fonte alimentare, medicinale e di fibre tessili
Tutti la conosciamo come pianta infestante e pruriginosa… ma meno come pianta utile. Andiamo a scoprila sulla pagina FB di Giuseppe FERRADA
Le ortiche venivano utilizzate per produrre i filati, necessari per la produzione di sacchi, corde e indumenti. La raccolta veniva svolta in primavera, e successivamente si procedeva con due metodi naturali che nel corso dei secoli (almeno fino all’avvento della chimica e della produzione industriale), non devono essersi discostati molto da quelli originali
Con il primo, gli steli erano fatti macerare in acqua a temperatura ambiente per alcuni giorni, quindi decorticati. In alternativa si poteva seguire la macerazione all’aria lasciando le piante stese a terra o appese finché la cuticola esterna del fusto cominciava a degradarsi. 

Quindi si lavavano i fusti, si lasciavano asciugare, si separavano le fibre (stigliatura), si cardavano, si pettinavano e si torcevano le fibre più lunghe creando un lungo filo. 
L’archeologia ha confermato l’utilizzo dell’ortica per realizzare filati dal 2000 a.C.. Inparticolare a Pyrgos (Cipro) sono stati rinvenuti due ambienti dedicati all’industria tessile che hanno restituito diverse fibre vegetali di cotone, ma anche l’ortica (BELGIORNO M.R., LENTINI A. (2012)).

Immagine citata nel testo
Fasci di steli di ortica lasciati macerare all'aria (da FB_Giuseppe Ferrada)

Bibliografia

AA.VV. (1967). Mostra del costume e sete lucchesi. Città di Lucca. Palazzo Mansi, 11 giugno – 30 settembre 1967. Matteoni stampatore, Lucca
BELGIORNO M.R., LENTINI A. (2012). Origini e sviluppo dell’industria tessile a Pyrgos – Mavrorachi (Cipro), durante il II millenio a.C. VI Congresso Nazionale di Archeometria, Scienza e Beni Culturali, Pavia, 15-18 febbraio 2010.
BOLDORINI A. (2012). Santa Croce di Sarzano e i mercanti lucchesi a Genova (secc. XIII-XIV). Società Ligure di Storia Patria, Biblioteca digitale, 2012.
BORZANI L., PISTARINO G. e RAGAZZI F. (1994). A cura di. Storia illustrata di Genova. Il Secolo XIX, Genova

SANTAMARIA R. (2011). Palazzo Doria Spinola. Architettura e arredi di una dimora aristocratica genovese. Da un inventario del 1727. A cura di. Provincia di Genova, Microart’s Edizioni, Recco

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