Copertina – Giorgio VASARI, Vulcano forgia le armi per gli Dei, in una delle sue fucine delle isole Eolie, 1565 (da MeisterDrucke.it)
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Stromboli, non solo vulcanologia
Stromboli è, probabilmente, l’isola più nota e conosciuta delle Isole Eolie (Figura 1), dell’arcipelago siciliano.
Questa notorietà le deriva innanzitutto dall’omonimo vulcano, che nel lessico dialettale diventa, rispettosamente, Iddu (Lui), nonché dalla sua storia vulcanologica.
Ma l’isola di Stromboli non è solo questo, e già sarebbe molto. Stromboli ha una sua storia che viene da lontano, una storia di miti e cultura mediterranea, una storia di testimonianze archeologiche che raccontano di antichi insediamenti umani.
Ad esempio San Vincenzo, località defilata fra la radice del monte e la piana costiera, sulla punta nordorientale dell’isola (Figura 2, Copertina 2 e Figura 46), è stata la sede più antica, e adatta, ad un insediamento umano in sicurezza. Sicurezza intesa alla luce delle attuali conoscenze da rischi vulcanico e da tsunami.
Le prime tracce di vita domestica sono state semplici capanne, ma anche utensili litici, riferiti alla Civiltà di Capo Graziano (Bronzo Antico, da fine III a inizio II millennio BC).
Ma Stromboli è anche un luogo ricco di mistero, fascino, miti e leggende, patrimonio delle frequentazioni greche, romane e medievali, ma anche alla sua natura selvaggia e al sua continua vitalità vulcanica, primaria fonte ispiratrice.
Stromboli nei miti greci e romani
Nel mito greco-romano, il vulcano di Stromboli era considerato una delle tante fucine di Efesto (Vulcano), il dio del fuoco, dell’ingegneria e della metallurgia.
Nelle viscere dell’Isola il dio batteva i metalli e forgiava armi (Figura 3). Ed il risultato dei suoi colpi di martello sull’incudine erano proprio le eruzioni.
Ma questa leggenda si inserisce in una mitologia più ampia. Le Isole Eolie erano sacre a Efesto, pertanto era legata a lui anche l’isola di Vulcano, un’altra delle fucine (Figura 4), forse quella più evocativa. Quindi si deve intendere che il mito ricordasse più officine, una delle quali era anche nelle viscere di Stromboli.
Un’altra tradizione mitologica, probabilmente più tardo-romana, identificava Stromboli come una delle bocche dell’Oltretomba. L’attività vulcanica era interpretata come segno delle anime dannate che scendevano all’inferno (Figura 5). In questa visione, Stromboli era temuta e rispettata.
Un ultimo mito faceva riferimento a tradizioni mediterranee più arcaiche. Prevedeva che Stromboli vagasse lentamente sul mare, muovendosi ogni secolo di pochi metri. Un mito che potrebbe derivare dalla sua instabilità geologica (le eruzioni, le frane, gli tzunami, …) o dalla suggestione indotta dal suo profilo che cambia con la luce e nella nebbia (Figura 6).
Luogo ricco di mistero e leggende: il Gigante di Stromboli
Una delle leggende più famose e variegate della cultura materiale di Stromboli tramanda che nel vulcano dimori un Gigante di Fuoco, il Gigante di Stromboli Figura 7).
In un tempo molto lontano, prima che le rotte mercantili solcassero il Tirreno e che le barche dei pescatori vagassero lungo le coste delle Eolie, quelle Isole erano governate da spiriti mitologici. Ogniuna aveva il suo guardiano: Lipari aveva il vento, Salina l’acqua dolce, Filicudi le stelle e Stromboli, la più inquieta, era governata da Iddu, il gigante di fuoco (Figura 8).
In siciliano Iddu significa Lui, ma è detto con rispetto e reverenza. E Iddu era un essere colossale, fatto di roccia, lava e fiamme. Dormiva sotto la montagna, nel cuore dell’isola, e il suo respiro infuocato dava vita al vulcano. Come avveniva per, e sull’Etna…
Ogni volta che Iddu si agitava nel sonno, la terra tremava e dalla bocca del cratere si levava un fumo nero come la pece (Figura 9).
Secondo la leggenda, il Gigante non era nato malvagio. Un tempo era stato un guardiano della Terra, ma venne tradito dagli uomini che gli rubarono il fuoco sacro. Furioso, si ritirò nel ventre del pianeta, giurando di non servire mai più l’umanità. Gli dèi, temendo la sua ira, lo imprigionarono sotto Stromboli, legandolo con catene di basalto e lava indurita (Figura 10). Da allora, il gigante lotta per liberarsi. Ogni eruzione è un colpo delle sue catene. Ogni brontolio sordo è un suo grido soffocato. Quando il cielo è rosso al tramonto (Figura 11), si dice che sia il suo sguardo infuocato che filtra attraverso la roccia.
È una leggenda che richiama il mito del gigante TIfeo (Figura 12) e dei Titani. Rappresenta la personificazione del vulcanismo. Rappresenta e ne giustifica l’attività sismica dovuta alle contorsioni del gigante, nonché le acque termali e le fumarole (Figura 48, Figura 53 e Figura 54) prodotte dalle lacrime e dal suo caldo respiro. Forse per tale superstiziosa realtà era creduto che solo chi possedeva il cuore puro poteva avvicinarsi al cratere senza che il Gigante si agitasse.

Figura 22 – Da La Domenica del Corriere del 1962.06.17, Una SIRENA a Punta Bianca (Lerici, SP).
…Bocca di Magra. Il Signor Colmaro ORSINI da Genova, stava pescando su una scogliera quando udì una dolce melodia proveniente dal mare. Si gurdò intorno e vide uscire dall’acqua una testa di donna coi capelli verdi che lo fissava. La visione durò pochi istanti. Lo strano essere, che aveva una coda di pesce azzurrognola, si allontanò ben presto, lasciando una sottile scia verso Punta Bianca. Questo almeno il racconto fatto dall’Orsini… Da La Domenica del Corriere del 17 giugno 1963.
Le donne nei miti di Stromboli: la Strega della Sciara del Fuoco, la Maga e la Fanciulla di fuoco
Altri personaggi dei miti, questa volta femminili.
La prima è una vecchia strega che viveva sulla Sciara del Fuoco (Figura 13, Figura 40 e Figura 52). Di notte usciva a cavallo di una scopa fatta di ginestre, come la Jannara di Napoli (Figura 14). Si diceva che avesse il potere di evocare i fumi e le esplosioni del vulcano. I bambini venivano messi in guardia, non lasciandoli avventurare troppo vicino al cratere, perché la vecchia strega li avrebbe rapiti.
Conferma della presenza della strega sarebbero i passi nella cenere uditi da alcuni isolani durante le notti senza luna (Figura 15). Altri riferivano questo sentore di passi agli spiriti degli antichi abitanti dell’isola, che non hanno mai abbandonato la loro terra.
Ma la strega non era sola. Si racconta anche di una maga che viveva sulle pendici del vulcano. Lei conosceva il linguaggio del fuoco e poteva prevedere le eruzioni. Così gli abitanti dell’isola le portavano offerte per ottenere protezione e abbondanza nei raccolti. Si dice che il suo spirito vegli ancora sull’isola (Figura 16) e che chi la rispetta sia sempre avvisato prima di ogni disastro.
Infine, è narrato di una giovane fanciulla di fuoco nata nelle profondità del vulcano. La giovane era attratta della Luna e, ogni notte, tentava di raggiungerla sprigionando fiamme e lapilli verso il cielo. E le parlava, le raccontava sogni e desideri, ma la Luna la ascoltava senza rispondere. Ed a poco a poco la fanciulla si innamorò di quella luce bianca (Figura 17). Ma la Luna, fredda e distante, non poteva ricambiare. Così la fanciulla, in eterno tormento, continua ancora oggi a eruttare lava e lapilli per la tristezza e l’amore non corrisposto.
Ritornando ai doni, oltre a quelli ricordati per la maga, erano tradizione le offerte di pane, olio e vino che lasciavano sulle pendici del vulcano pescatori e contadini. Un gesto ed una speranza per placarne la collera.
E ancora, alcune famiglie avevano l’usanza di non accendere fuochi in casa durante le notti di luna nuova, per non disturbare il gigante nel suo riposo.
Le voci di anime dannate, le luci sul mare e i canti melodiosi di Stromboli
Un’altra leggenda narra che, nelle notti di tempesta, si possono sentire le voci delle anime dei pescatori morti nel mare intorno a Stromboli. È creduto che queste anime siano ancora in cerca della via per tornare a casa. Un po’ come nelle leggende bretoni o galiziane, ma laggiù le anime vagano su navi fantasma in cerca dell’aldilà (Figura 18).
Alcune notti si vedono addirittura strane luci danzare sulle onde, come se fossero le loro lanterne. I pescatori locali le chiamano le luci dei morti (Figura 19 e Figura 20).
Sempre legata al mare è la leggenda delle sirene di Stromboli. Alcuni pescatori ricordano di averne sentito i canti dolcissimi, capaci di incantare chiunque li udisse (Figura 21). Provenivano dal mare, nelle notti di luna piena. Si dice che una di queste si fosse innamorata di un giovane isolano e, per gelosia, provocasse tempeste ogni volta che lui si avvicinava ad altre donne.
Ancora una storia comune a molte altre del Mediterraneo (Figura 22). Ed anche qui le sirene abitavano grotte marine e le profondità dell’isola.
Un’altra versione racconta di Kalèa, la sirena che si innamorò di un giovane pescatore. Ma non ci fu storia poiché fu costretta a lasciarlo e tornare nel mare profondo.
Il suo canto malinconico è talvolta portato dal vento, tra le onde e le rocce dell’isola.
Continua con: Stromboli, l’antichità archeologica (2)
Catania, città metropolitana di Catania, Italia
1972 lo scavo della necropoli greca di Ficogrande
Stromboli, città metropolitana di Messina, Italia
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