La pseudodolina di Prato d’Oneto

pseudodolina

Copertina: la pianura di Prato d’Oneto (Piana del Biscia, Monte Chiappozzo) con il promontorio di Portofino sullo sfondo

La pseudodolina di Prato d’Oneto: considerazioni morfometriche e morfologiche

Il Prato d’Oneto costituisce l’elemento morfologico baricentrico di una regione caratterizzata da due aspetti fra loro contrastanti. Da una parte spicca la monotonia dell’ampia piana, residuale di una depressione ricolmata. E, contrapposta, l’asimmetria dei versanti incipienti, imputabile alle diverse litologie che li costituiscono (Figura 1). A tutto ciò si aggiunge la presenza di un contatto tettonico per faglia.
La depressione di Prato d’Oneto presenta una forma irregolarmente triangolare che si allunga in direzione circa NE/SW.
La morfologia locale è il risultato di un’origine da fenomeni pseudocarsici. Nonostante ciò COZZANI (1968) la considera ancora una dolina o, meglio, una macrodolina del tipo a piatto. I parametri per cui rientra in tale definizione sono il diametro massimo (> di 100 m) ed il rapporto diametro medio/profondità media (> 5).
I versanti che delimitano la pseudodolina sono condizionati dalle differenze litologiche e, di conseguenza, geotecniche. Quelli settentrionali sono regolati dalla stratificazione in giacitura sub-orizzontale dei banchi calcarei (campiture gialle di Figura 1, e lato destro di Figura 2) o dalla maggior plasticità della sequenza più scistosa (campiture azzurre di Figura 1). Nel punto di chiusura della pseudodolina (verso ovest) i rapporti giacitura/fratturazione descrivono tre ampi gradoni (lato destro di Figura 2).
Il versante meridionale ofiolitico (lato sinistro di Figura 2), al contrario, è molto ripido e regolare. Il limite è descritto dal piano di faglia che si immerge in direzione N-NE.

La morfologia ipogea della pseudodolina

La morfologia ipogea della pseudodolina è stata descritta da MAIFREDI e PASTORINO (1972) sulla base delle risultanze di un’indagine geoelettrica. I sedimenti recenti hanno riempito una struttura molto irregolare. In particolare, in corrispondenza dei due inghiottitoi (i due vuoti imbutiformi presenti presso la chiusura della pseudodolina, Figura 3) il substrato è presente a circa 12 metri dalla superficie. Mentre verso il centro la depressione si approfondisce fino a 48 metri dalla superficie.
La forma finale (Figura 4) è un imbuto molto ripido e decentrato, delimitato e condizionato verso sud dal piano di faglia.
La struttura viene visualizzata dalla carta delle isoresistive, cioè le linee ad eguale grado di resistività elettrica, ricostruita da MAIFREDI e PASTORINO (1972). L’immagine (Figura 4) consente di visualizzare, indirettamente, anche la morfologia sepolta (la forma) della pseudodolina, al netto dei sedimenti che l’hanno riempita. La chiave di lettura della carta risiede nel fatto che i valori di resistività più elevati corrispondono al bed rock. Gli altri valori dipendono dalla granulometria del livello, dalla sua eterogeneità e dall’eventuale imbibizione/saturazione dei sedimenti.

Il sistema paracarsico del Prato d’Oneto

Il sistema paracarsico di Prato d’Oneto è impostato all’estremità orientale della pseudodolina, ove sono presenti due inghiottitoi. Di questi solo uno è ancora attivo. Si presenta come una grande e profonda buca imbutiforme. In superficie assume un diametro di circa 7 metri ed una profondità apprezzabile di circa 4. Quella reale, come indicato da MAIFREDI e PASTORINO (1972) ascende a 12 metri dalla superficie.
In realtà è costituito da una coppia di inghiottitoi separati che raccolgono sia le acque naturali, che quelle provenienti da canalizzazioni antropiche. Sono documentate, nel tempo, ricorrenti interventi più o meno incisivi finalizzati alla raccolta e captazione delle acque, sia per uso pubblico che privato.
Al contorno degli inghiottitoi è presente una vasta area sartumosa che interessa, in certi periodi dell’anno, fino ad una buona metà della depressione. L’alimentazione è fornita da alcune sorgenti e da un paio di rivi provenienti dai Piani di Chiappozzo e dal Passo del Biscia. I bacini imbriferi sono irrisori, ma l’alimentazione delle sorgenti era, ancora negli anni Ottanta-Novanta del secolo scorso, perenne.
È evidente come la struttura sia solo parzialmente riconducibile ad origine carsica.

L’idrogeologia del Prato d’Oneto

Il bacino idrologico che sottende ed alimenta il Prato d’Oneto ha un’estensione molto modesta. Sono circa 33.000 mq, 33 ettari. Localizzandosi in area di crinale, anche il dislivello è modesto: circa 100 metri.
Ben diversa è l’estensione del bacino idrogeologico, data la quantità di acque che arricchisce, da sempre, l’area.
Nelle immediate vicinanze sono note diverse sorgenti. La principale è anche la più orientale. Si localizza in prossimità del Passo del Biscia. Le sue acque confluiscono in una vallecola che raccoglie anche poche altre acque di scorrimento superficiale e, attraversata tutta la depressione morfologica, raggiunge l’inghiottitoio.
Una seconda sorgente emerge all’estremità settentrionale della depressione. Anche in questo caso le acque alimentano un piccolo alveo che attraversa la depressione. Tali piccole aste idriche presentano tratti naturali e tratti adeguati alla vocazione zootecnica dell’area.
Infine un altro paio di piccole risorgive si trovano a ridosso della faglia.
Tutte le acque confluiscono nell’inghiottitoio che acquisisce funzione di emissario sotterraneo del Prato d’Oneto. E dove finiscono queste acque? …La parte più complessa del lavoro è stata quella di colorare le acque immesse nell’inghiottitoio di Prato d’Oneto, e di tenere sotto controllo le diverse sorgenti… (MAIFREDI e PASTORINO, 1972) presenti lungo il Rivo Orti. Il controllo  …effettuato visivamente, con osservazioni molto frequenti durante i primi tre giorni (…) sia mediante fluorocaptatori a carbone attivo… (MAIFREDI e PASTORINO, 1972) non ha dato esito. L’ipotesi più accreditata fu, all’epoca, che le acque dell’inghiottitoio venissero recapitate, lungo gli strati calcarei, nella contermine Val di Vara.
La cultura materiale ricorda come, almeno fino agli anni Sessanta del secolo scorso, la pseudodolina si allagasse in conseguenza di piogge particolarmente intense. Ma la cosa interessante è che in tali occasioni l’allagamento raggiungeva fino i 2 m. di battente. Il deflusso avveniva in un paio di giorni, attraverso l’inghiottitoio. Si generava quindi un piccolo lago effimero, o un fenomeno che ricorda quello dei polje (vedi ad esempio il Polje di Caresana). Pare che il fenomeno si sia interrotto bruscamente a seguito di alcuni scavi eseguiti con l’intento di realizzare un acquedotto irriguo di servizio alla frazione di Arzeno.

Bacino idrologico e bacino idrogeologico

La difformità fra le dimensioni dei bacini idrologico e idrogeologico di Prato d’Oneto sono conseguenze delle caratteristiche geo-tettoniche, morfologiche ed idriche locali.
Il bacino idrologico è delimitato geometricamente dallo spartiacque.
Quello idrogeologico è più ampio in considerazione di alcuni elementi.
Innanzitutto le portate in gioco.
Poi la presenza, in diversi punti dell’area, di acque in condizioni di pressione. Questo aspetto fu attestato durante l’indagine eseguita verso la metà degli anni Ottanta del secolo scorso.
Quindi la giacitura (e la fratturazione) degli strati delle formazioni sedimentarie (Calcari a Calpionelle ed Argille a Palombini) che sono debolmente convergenti verso la depressione.
La presenza della faglia che delimita l’area a sud.
L’azione erosiva-corrosiva indotta dal differente chimismo delle acque percolanti dalle diverse litologie al contorno (basalti e formazioni calcaree – Figura 1).

Di conseguenza il bacino idrogeologico si deve ragionevolmente estendere verso nord, almeno fino alle pendici del monte Chiappozzo.

immagine nel testo

I certificati delle analisi chimiche eseguite sui campioni di terreno prelevati durante l’esecuzione del profilo pedologico al Prato d’Oneto nel 1984.

Analisi pedologica

I suoli che caratterizzano i versanti incipienti il Prato d’Oneto sono estremamente poco sviluppati. E questo si osserva indipendentemente dalla natura del bed rock. Diversamente si riscontra nell’ambito della depressione. Nella pseudodolina è diffuso un suolo tipo rendzina che si sviluppa in alternanze ritmiche, ripetute e di vario spessore, di suoli troncati tipo AC-C.
La stazione è stata eseguita ad una quota di circa 830 m s.l.m., in ambiente di prato-pascolo, irriguo e suborizzontale. Dalla Figura 1 e da precedenti indagini si identifica il bed rock come essenzialmente calcareo con prevalenza di calcari micritici interstratificati a sottili livelli argilloscistosi. L’area è un altipiano in lenta trasformazione per azione solvente delle acque. L’erosione idrica è diffusa con possibilità di evoluzione in debole erosione incanalata. La vegetazione è costituita unicamente da strato erbaceo a graminacee da foraggio. In passato è stata condotta a marcita. Oggi sono presenti anche essenze arbustive ed arboree limitatamente all’area circostante l’inghiottitoio (Figura 3).
La chiave di lettura del profilo pedologico di Figura 5 è data da:

  • orizzonte L – centimetrico; limite inferiore abrupto ondulato; costituito da residui erbacei debolmente alterati; attività biologica assente; bagnato;
  • orizzonte A – decimetro; limite inferiore abrupto ondulato; bruno/grigio scuro, tessitura limoso-argillosa, scheletro <2 mm; struttura granulare fine, massiva; addensamento medio, poco poroso; scarsa attività biologica, molte radici fini;
  • orizzonte AC – ultradecimetrico; limite inferiore abrupto lineare; umido, bruno scuro; tessitura limoso-argillosa, scheletro <2 mm; struttura poliedrica sub-angolare, media, massiva; addensamento medio, poco poroso (struttura poliedrica grossolana da ritiro delle argille, quando asciutto); scarsa attività biologica, radici fini comuni;
  • orizzonte C – pluridecimetrico; limite inferiore abrupto lineare; umido, bruno/grigio scuro; tessitura con frazione prevalente (oltre 70%) grossolana, classe 2÷6 mm, in elementi piatti, subarrotondati di provenienza dalle Argille a Palombini (Figura 6); struttura poliedrica subangolare, fine; aggregazione debolmente sviluppata, basso grado di addensamento, molto poroso; attività biologica assente, poche radici fini.

Gli orizzonti AC e C si ripetono ritmicamente. Con la profondità il valore di pH tende ad approssimarsi a quello delle acque di infiltrazione, mentre si riduce la presenza di frammenti di radici (Figura 7).

Alcune considerazioni

Riassumendo, emerge che Prato d’Oneto non può considerarsi una dolina s.s.. Infatti, seppure sia impostata su un bed rock essenzialmente calcareo (e argilloscistoso) è a diretto contatto, per faglia, con i basalti del rilievo denominato q. 922. Ciò ha condizionato e condiziona la qualità delle acque e quindi la loro azione dissolutrice sui calcari e la qualità dei suoli (Figura 5).
La sezione pedologica conferma che il riempimento della depressione è avvenuto in fasi successive e caratterizzate da differente regime erosivo e deposizionale. L’evoluzione dei suoli è avvenuta in ambiente idromorfo, con battenti prevalentemente molto bassi. Questa circostanza, connessa alla fascia altimetrica dell’area ha inibito la formazione di suoli tipici.
I livelli torbosi riscontrati in profondità da MAIFREDI e PASTORINO (1972) sono compatibili con un’epoca in cui il riempimento della cavità era incompleto, e con una maggiore persistenza di acque più profonde e tranquille (piccolo lago).
La comparazione delle granulometrie (Figura 8) e delle analisi chimiche (Figura 7) esperite nel maggio del 1984 fornisce ulteriori indicazioni. Le frazioni granulometriche più fini sono di origine alluvionale. Esse tendono ad accumularsi negli orizzonti AC influendo sul grado di porosità. E questo favorisce le emergenze idriche e la circolazione sotterranea in modeste falde sospese, che avviene nei livelli C.
Analogo meccanismo interviene sulla migrazione della sostanza organica. Si accumula negli orizzonti A e poi migra nei sottostanti AC dove si accumula.
Andamento contrario subiscono le concentrazioni di Ca e Mg. Sarebbero condizionate dalla presenza dei ciottoli marnosi e calcareo marnosi (Figura 6) dell’orizzonte C e dal il chimismo delle acque superficiali provenienti dai calcari.

Non solo pseudocarsismo

La pseudodolina del Prato d’Oneto è e rimane comunque un geotopo molto particolare. Una pseudodolina impostata su un bed rock sostanzialmente carbonatico. Ma con un’origine fortemente condizionata dal contatto tettonico (faglia) con un massiccio basaltico e da percolazioni idriche abbondanti e chimicamente variegate.
Un ambiente ancora attivo, anche se meno appariscente di quando, meno ricolmo, era un laghetto o una palude. 
Oggi appare molto più tranquillo, una vasto altipiano incastonato nella poetica asprezza (Figura 9) del territorio ligure. Un pascolo di riferimento per le mandrie di bovini ed una pianura per il galoppo del branco di cavalli selvaggi (VIDEO) o per far sgambare i cani da caccia.
Un paesaggio di grande fascino e tranquillità (Figura 10). Una risorsa da sempre.
Questo ci riporta il ricordo di storie che vengono da lontano.
La prima risale ad almeno 4-5000 anni fa. Allora, gruppi di cacciatori si appostavano sulle rive del piccolo lago ad attendere il passaggio della selvaggina. E durante l’appostamento, nell’attesa delle prede, scheggiavano qualche nucleo di diaspro estratto nella vicina cava di Valle Lagorara. Lo attesterebbero gli studi fatti ed alcune raccolte di superficie. Poi la presenza di selce quale probabile alternativa al diaspro, ricercata in ben precisi banchi di calcare (Figura 12). O il minerale di rame, speranza di fortuna nella seconda metà dell’Ottocento (Figura 13). E poi le salite degli abitanti di Disconesi al monte Chiappozzo a estrarre le ciappe per i tetti delle loro case (Figura 11). E l’acqua del Prato d’Oneto da sempre una risorsa sia per gli animali che per gli abitanti di Arzeno.
Infine un’emergenza classica per il carsismo: una grotta, la Diaclasi del Chiappozzo, classificata nel catasto speleologico ed oggetto di ricerche e rilievi in periodi differenti (Figura 14  e Figura 15). 

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