Recensione Libro: “Il Castello di Rivarola” di F. Benente

Castello di rivarola

Un luogo comune sul Medioevo è che sia stata un’epoca scura, buia e fredda. Ma era proprio cosi?

Nell’ultimo quarto di secolo e, soprattutto, negli ultimi dieci anni si sono rincorsi scavi archeologici, indagini di archeologia preventiva e ricerche che hanno fornito e che forniscono immagini differenti e molto diverse da quelle tradizionali, e ormai obsolete, del Medioevo in Liguria.

Fra gli attori più attivi di queste ricerche c’è senza dubbio il prof. Fabrizio BENENTE con il suo team di giovani archeologi.

Fabrizio BENENTE ha scavato attivamente all’estero inseguendo e riscoprendo l’immagine della Genova mercantile ed esportatrice delle proprie tradizioni e radici in Medio Oriente. Ma ha lavorato moltissimo anche in Liguria. Ed è qui che la ricerca incisiva di Fabrizio BENENTE ha condotto a scoperte fondamentali. Non si vogliono ricordare solo le ricostruzioni dei castelli delle chiese e delle vie di comunicazione, ma soprattutto quell’immagine giornaliera del Medioevo, della vita in tutti i suoi aspetti, dal lavoro alle attività, dalle relazioni umane ai conflitti, dagli interessi alla fatica, dalle congiure alle tradizioni e superstizioni, che ne rappresentano la vera originalità e non occasionale. La ricerca scientifica rigorosa è stata applicata anche alla quotidianità e questo rende le scoperte più vicine ed accessibili a tutti, ai curiosi ed ai cultori. Non mancano certo le pubblicazioni nelle sedi scientifiche più onorevoli, ma un merito di Fabrizio BENENTE è quello di portare le sue scoperte sui media e nelle librerie: informazioni accessibili a tutti, anche ai più distratti, creando un viaggio fantastico nella Liguria Medievale non o poco conosciuta.

Sono anche queste le storie che vengono da lontano tanto care ad archeominosapiens.

Oggi, il nostro viaggio comincia, o fa tappa, nella Valle dell’Entella, a Rivarola, piccola frazione di Carasco. Qui, l’ultima avventura inizia nel 1966/1967 con le prime campagne di scavo per inseguire le tracce del Castello omonimo.

copertina del libro
La copertina del libro di Fabrizio BENENTE: il castello di Rivarola, Campagne di scavo 1996/97 e indagini archeologiche 2018

Il castello genovese di Rivarola nasce come spina nel fianco dei Fieschi: è stato costruito sopra un piccolo rilievo incipiente sulla confluenza del torrente Sturla col Graveglia, poco prima che diventino torrente Entella. Ed il primo dato singolare è che risulta fondato direttamente nel substrato lapideo mediante tagli di alloggiamento, Questa è una caratteristica tutta genovese. Nella capitale i terreni sui rilievi acquisivano maggiore valore perché scavando le fondazioni venivano ricavate anche le rocce per costruire gli elevati, o parte di essi.

La logistica del castello è molto strategica, incipiente e con ampia visuale sulla pianura alluvionale fra Chiavari e Lavagna.

Altra originalità della struttura è la presenza di un fossato che proteggeva la torre dal lato più accessibile, quello verso il castello. È interessante scoprire motivazioni inconsuete su certi aspetti della costruzione. Ad esempio la presenza del fossato è stata diagnosticata per motivi strategici, ma anche poiché consentiva un risparmio nella costruzione della stessa torre limitandone l’altezza.

Quella del castello di Rivarola è una storia di relazioni fra i vari soggetti civili e religiosi che interagiscono sul territorio, ridotto ad una pelle di leopardo di poteri e intrighi. La storia dei documenti di archivio lascia il posto ben presto a quella più accattivante degli scavi con tutto il suo bagaglio di ricerca ed analisi, ma anche di interpretazione ed emozione.

Chissà se le frequentazioni più antiche del colle (dall”Età del Bronzo all’Età del Ferro, alle epoche repubblicana ed imperiale) sono riferibili all’aspetto strategico del crinale su cui è poi stato costruito il castello. Certo è che questo si è dimostrato un centro militare ma anche politico importante. Almeno fra l’edificazione da parte dei Genovesi (1132) e la costruzione del castello di Chiavari, terminato nel 1167, abbinato alla nascita del Borgo Lungo. E non è un caso isolato.

Ma è dall’analisi archeologica che si coglie la storia evolutiva a tutto tondo del castello con tutte le fasi edilizie e di spogliazione succedutesi. Si perché sono state riconosciute diverse fasi di spoliazione e di utilizzo del sito come cava. È un aspetto comune a moltissimi insediamenti: una volta abbandonati o caduti in disgrazia diventano cave. Vengono asportati i materiali, i conci delle murature, per costruire altrove. Ed anche qui succede: è una morfologia impervia ed il riuso dei conci contribuisce alla realizzazione dei nuovi terrazzi per la riconversione agricola dell’area e, chissà, forse anche di altro. Ma di questo si rimanda al libro… Ad ogni modo la spoliazione del castello di Rivarola è stata un’operazione metodica, quasi chirurgica, collegata ad una completa assenza di riuso nella riedificazione successiva del medesimo castello. E questo incuriosisce. Tutto da scoprire leggendo.

Un altro aspetto molto accattivante è il quotidiano che narra di tracce antiche di importazioni dal mondo occidentale islamico, bizantino e dal Mediterraneo orientale (Egitto, Siria, Tunisia, Spagna meridionale, etc.), Un’ostentazione perché idealmente e sentimentalmente sono simboli legati all’espansione politica e commerciale di Genova.

Ma il quotidiano narra anche di contingente militare, di balestre (i balestrieri genovesi erano considerati i migliori del tempo) e di giochi.

L’archeologia è fatta anche di rifiuti nel senso che i depositi di gettito sono fonti importanti di informazione. Leggendo Il Castello di Rivarola ho rivisto una scena del Nome della Rosa, quando il frate Salvatore (Ron Perlman) vuota un secchio di rifiuti di cucina dalla finestra. Anche a Rivarola può essere successo, magari con intenzioni differenti… Questa abitudine, pero’, ha permesso di formulare alcune ipotesi di vita: sulle presenze animali, sull’alimentazione e la dieta, sulle abitudini.

La visibilità, la forza  e la funzione del castello di Rivarola si racchiude in questa frase di Fabrizio BENENTE: …l’adozione di tecniche costruttive  e di modello di struttura fortificata di tipo urbano, nonché l’attestazione di una cultura materiale privilegiata, apparentemente basata nel XII secolo sull’acquisto di ceramiche importate dal mondo occidentale ed orientale islamico … potrebbero essere letti in chiave fortemente simbolica; potrebbero cioè significare una volontà Genovese di costruire una presenza forte sul territorio, dimostrando notevoli capacità costruttive nella realizzazione di un apparato bellico posto in posizione nodale e ben visibile per abitanti e domini locali….

Questa storia che viene da lontano è un viaggio fra le labili tracce dell’Età del Bronzo-Ferro, di quelle romane e, soprattutto, nella/e vita/e del castello, controverse ed alterne, a tratti curiose, ma soprattutto non completamente scritte.

Rimangono alcuni importanti interrogativi e nodi da sciogliere. Sono elencati in conclusione del libro. Non voglio riportarli per non togliere il piacere di scoprire l’assassino. Aggiungo solo che uno di questi interrogativi intriga la mia formazione: è una questione tutta geologica e di arte mineraria. Speriamo possa essere affrontata.

Quindi quella del Castello genovese di Rivarola e una storia aperta, che introduce ad altre storie future che, speriamo, vengano scritte, ma sulla scorta di nuove indagini e nuovi scavi.

Per ora leggiamo e meditiamo i numerosi spunti e contenuti di questo libro. Grazie.

Un pensiero su “Recensione Libro: “Il Castello di Rivarola” di F. Benente

  1. Vateminor dice:

    Fabrizio Benente che apprezzo come esperto e come divulgatore (purtroppo non ho mai avuto l’opportunità di conoscerlo di persona), ha la capacità di essere leggibile e accattivante. La sua stratigrafia castellana è un must

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